Marina Abramovi?, una delle artiste più amate di sempre
La Royal Academy di Londra per la prima volta nella sua centenaria storia dedica una retrospettiva a una donna e lo fa per festeggiare Marina Abramovi? (Belgrado, 1946) l’artista della performance che in questi cinquant’anni ha portato sé stessa all’estremo, non ponendosi mai limiti, anzi cercando di arrivare sempre più in là, dove nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di arrivare, facendo della paura, del dolore e della morte i perni della sua espressione artistica. Marina Abramovi? oggi non è “solo” una delle artiste performer -se non l’artista- più importante del nostro tempo, ma certamente una delle più amate; anche se questo amore ha fatto faticato a guadagnarselo, ricordiamoci sempre che all’inizio della sua carriera era considerata da molti, se non dai più, come una pazza esaltata per le sue performance radicali, in cui ha spinto all’estremo il proprio corpo, ma soprattutto la sua mente e la sua psicologia. La mostra intitolata “Marina Abramovi?” è curata da Andrea Tarsia – direttore delle mostre alla Royal Academy – non si sviluppa in senso cronologico, ma tematico, ripercorrendo la storia di Marina con oltre cinque decadi di carriera, ricostruite e raccontate attraverso fotografie, video, installazioni, sculture, oggetti e re-performace.
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Marina Abramovi? a Londra: rivivere le performance che hanno fatto la storia dell’arte
Ri-esecuzione di performance passate, per ricordare alcune delle sue azioni più straordinarie ed emblematiche risalenti agli anni Settanta. In questo modo la performance diventa performance e teatro di sé stessa, permettendo a spettatori di generazioni differenti di sperimentare fenomelogicamente eventi già trascorsi. Tra queste verranno rieseguite: The House with the Ocean View (2002), realizzata alla galleria Sean Kelly di New York, che ha visto Abramovi? vivere per dodici giorni all’interno di tre unità bianche costruite ad hoc.
Verrà riproposta anche Imponderabilia, tra le più celebri performance di Abramovi? realizzate insieme all’ex compagno di vita e d’arte Ulay. Nel 1977, i due artisti invitati a Bologna in occasione della Settimana internazionale della performance, presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna, svilupparono la performance nata dalla riflessione: “se non ci fossero artisti, non ci sarebbero musei”. Abramovi? e Ulay si trasformarono nella porta del museo, nudi uno di fronte all’altra all’ingresso dell’edificio. I visitatori, per entrare, data la strettezza del varco, avrebbero dovuto muoversi di sbieco e quindi “strusciarsi” sui loro corpi, decidendo se fronteggiare l’uomo nudo o la donna nuda. La performance, che doveva durare sei ore, ne durò soltanto tre perché interrotta dall’arrivo della polizia.
The artist is present e Rhythm 0: alle origini del mito
Saranno riproposte anche Rhythm 0 (1974), in cui il pubblico era invitato a interagire liberamente con il corpo dell’artista immobile e inerme; e The Artist Is Present (2010), al Museum of Modern Art di New York, in cui la performer ha retto, in assoluto silenzio, lo sguardo di tantissime persone (compreso Ulay) che di volta in volta si sedevano di fronte a lei. Non è casuale la scelta di riproporre questi due lavori, essi infatti incarnano perfettamente lo sviluppo del linguaggio di Abramovi?, caratterizzato dall’uso del corpo vivo e dalla costante sfida contro i limiti della tolleranza fisica e mentale. Ma le performance verranno rimesse in scena da giovani artisti emergenti della Royal Academy. A seguito di un problema di salute, inoltre, l’artista ha alcune difficoltà che lei stessa definisce come “nuove restrizioni” a seguito di un’embolia, che non le permette di viaggiare facilmente, creando una restrizione incredibile e non pianificata.
A fine mostra però, l’artista desidera organizzare un evento: Women’s Tea Party al RA, per solo donne, per sottolineare che in 255 anni non ci sia stata nessuna donna ad esibirsi da sola alla Royal Academy di Londra. All’interno dell’esposizione viene dato grande spazio al lungo e tormentato sodalizio con Ulay (Frank Uwe Laysiepen, 1943-2020), suo partner tra gli anni Settanta e Ottanta; legame che ha unito amore, arte, vita diventando per entrambi fusione simbiotica, che ancora oggi rimane un caso isolato. Tra le opere realizzate dal duo restano certamente immemorabili The Lovers, The Great Wall Walk del 1988: una separazione ritualizzata, in cui gli artisti hanno camminato per novanta giorni attraverso la Grande Muraglia cinese da estremità opposte, incontrandosi brevemente prima di intraprendere strade diverse.
La “nonna” della performance art
Marina è attiva fin dagli anni Sessanta è definita la «nonna della performance art»: il suo lavoro esplora le relazioni tra l’artista e il pubblico, e il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente. Le sue opere sono passate in asta 263 volte, principalmente nella categoria Fotografia. Uno dei primi lotti registrati nelle aste è Positive Zero, passato all’asta nel 1998 da Declerck-Beghin e il più recente è Portrait with Maracas passato in asta nel 2023. All’interno della classifica mondiale degli artisti più venduti all’asta si aggiudica il 3658° posto.
Marina Abramovi?, Balkan Baroque, 1997, Performance; XLVII Venice Biennale, June 1997; 4 days. Courtesy of the Marina Abramovi? Archives © Marina Abramovi?
Marina Abramovi?, The Artist is Present, 2010, Performance; 3 months. The Museum of Modern Art, New York. Courtesy of the Marina Abramovi? Archives. © Marina Abramovi?. Photo: Marco Anelli
Marina Abramovi?, Luminosity, 1997/2023, Live performance by Agnieszka Szczotka, 30 minutes. Courtesy of the Marina Abramovi? Archives, and Sean Kelly Gallery, New York/Los Angeles. © Marina Abramovi?. Photo © Royal Academy of Arts, London / David Parry