Benché l’inflazione porta a crescere i rendimenti delle obbligazioni, quindi la spesa per interessi, nel breve periodo essa può generare un effetto positivo sulle casse dello Stato
All’impulso inflazionistico derivante dal comparto energetico si è aggiunto l’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari causato dalla guerra in Ucraina
Come noto, anche a causa delle conseguenze negative della
guerra in corso, le maggiori economie del mondo, tra cui l’Italia, stanno
attraversando turbolenze economiche particolarmente rilevanti che, non hanno, stando
a quanto ritenuto da commentatori, ancora mostrato i loro effetti negativi.
La Bce, le istituzioni europee, l’Ocse e le banche nazionali
mettono in guardia gli attori politici ed economici dei rischi avversi
dell’inflazione che, in questo momento storico, sta caratterizzando l’andamento
economico e finanziario dell’Europa e non solo.
Tuttavia, come segnalato in un recente report
dell’Osservatorio sui Conti Pubblici, dell’Università Cattolica di Milano, tra
le tante conseguenze negative correlate all’inflazione occorre evidenziare che,
almeno in un primissimo momento, questo fenomeno, che si contraddistingue per l’aumento
medio dei prezzi a salari invariati, potrebbe generare risvolti positivi per le
casse dello Stato.
Nel succitato report, dal titolo “L’impatto dell’inflazione
sui conti pubblici: lo stato ci guadagna (per ora)”, è specificato che l’aumento
improvviso dell’inflazione potrebbe, entro l’arco di un periodo di tempo
ristretto, influire positivamente sulle entrate dello Stato rispetto alle spese
primarie, con un miglioramento del saldo primario.
A certe condizioni, spiegano gli autori del report, l’inflazione
erode il valore reale dei titoli di debito pubblico (quindi, il peso del debito
pubblico) non indicizzati in circolazione. In buona sostanza, benché
l’inflazione porta a crescere i rendimenti delle obbligazioni, quindi la spesa
per interessi, nel breve periodo essa può generare un effetto positivo sulle
casse dello Stato e in particolare sul rapporto debito/Pil che potrebbe nel
2022 ridursi a 35 miliardi di euro.
Ad avviso del Mef, a dispetto di un contesto
economico e geopolitico estremamente sfidante, l’economia italiana ha ripreso
slancio dopo una partenza lenta a gennaio. Il robusto incremento del Pil
previsto per il secondo trimestre dovrebbe portare la crescita acquisita al
secondo trimestre in linea, se non al disopra della previsione media annua del Def (3,1%). La seconda metà dell’anno si presenta più sfidante, anche per via
della salita dei tassi di interesse e dello spread, ma la crescita trimestrale
del Pil dovrebbe rimanere lievemente positiva.