Il mercato azionario ma anche quello obbligazionario sono diventati molto inefficienti in questi ultimi anni
La vicenda dell’Etf Uso ha dell’incredibile
Bisognerebbe riequilibrare il posizionamento degli investitori tra prodotti passivi e attivi
Parlando di rischi per i mercati, ci puoi spiegare cosa è accaduto agli ETF sul petrolio?
La vicenda dell’Etf Uso ha dell’incredibile. Il prodotto infatti aveva raccolto quasi 4 miliardi di dollari nei primi mesi del 2020 sulle attese di un rimbalzo del prezzo del petrolio che a seguito del covid era tornato ai minimi storici. Bisogna comprendere che 4 miliardi sono una cifra enorme sul mercato del petrolio: ai prezzi di 10-15 dollari a cui era arrivato il Wti corrispondevano a 300 milioni di barili, quasi quanto la riserva strategica americana. Con una piccola differenza: mentre il governo americano compra petrolio per stoccarlo, questo Etf compra derivati sul petrolio ed in particolare acquista il contratto future sul WTI. Poiché tale contratto prevede la consegna fisica del petrolio, e la società di gestione dello stesso non può ricevere la merce sottostante l’Etf è costretto a vendere il contratto prima della scadenza per acquistare la scadenza successiva. La vendita di 300 milioni di barili a mercato in un momento come questo in cui vi è un forte eccesso di offerta sul mercato spot ed in cui la capacità di stoccaggio è quasi esaurita, ha provocato un terremoto sul mercato dei futures.
Abbiamo quindi assistito alla situazione del tutto assurda di un prezzo del petrolio che sul contratto in scadenza è arrivato ad un valore negativo di 40 dollari al barile.
Abbiamo sfiorato il disastro: fortunatamente l’Etf in questione è riuscito a terminare il roll over senza andare incontro ai prezzi negativi che avrebbero rischiato di mandare in default lo stesso Etf e forse addirittura la borsa di Chicago! È solo un caso, ma credo sia emblematico di quello che può accadere quando un prodotto fondamentalmente stupido assume una dimensione troppo rilevante sul mercato. Per dare un’idea questo Etf aveva il 30% del mercato dei futures di petrolio.
Dovrebbe far riflettere sulla dimensione assunta dagli Etf azionari che complessivamente controllano ora oltre il 50% del flottante dell’SP500.
Cosa credi che dovrebbe avvenire al mercato degli Etf?
Credo che o l’industria si autoregola, ad esempio fissando dei limiti di capacity ai prodotti come fanno i gestori attivi, o più probabilmente vi è bisogno di una regolamentazione del settore che forse potrebbe passare anche attraverso una differente tassazione dei prodotti passivi. Mi spiego meglio, se riconosciamo che i prodotti passivi creano delle esternalità negative, in termini di minore liquidità del mercato e maggiori inefficienze, avrebbe senso pensare ad un imposta patrimoniale sui tali fondi che vada in qualche modo a compensare il minor costo gestionale. Questo potrebbe andare a riequilibrare anche il posizionamento degli investitori tra prodotti passivi ed attivi. Questi ultimi, anzi, nella regolamentazione attuale sono addirittura penalizzati dal punto di vista fiscale, perché avendo più turnover di portafoglio finiscono per pagare molte imposte sulle transazioni finanziarie. Siamo alla situazione assurda che vengono penalizzati fiscalmente i prodotti che invece con la loro movimentazione contribuiscono a creare efficienza e liquidità sul mercato.
In generale cosa credi dovrebbe essere rivisto nel mondo della finanza?
Credo che il mercato azionario ma anche quello obbligazionario siano diventati molto inefficienti in questi ultimi anni a causa della diffusione dei prodotti passivi ma anche per via di una concentrazione sempre maggiore del settore nelle mani di pochi players. Anche questo fenomeno credo sia da contrastare: il mercato per funzionare ha bisogno di operatori che si incrociano con view differenti. Ed è falsa la convinzione di molti che i prodotti più grandi siano meno rischiosi. È vero esattamente il contrario, i fondi grandi hanno posizioni grandi e spesso illiquide e possono andare incontro a gravi problemi di liquidità in caso di riscatti.
Che tipo di scenario vedi per i mercati azionari?
Ritengo che vi sia una situazione di euforia irrazionale sui mercati azionari, soprattutto sui segmenti cosiddetti “growth” del mercato. Il bull market durato più di dieci anni sul mercato azionario americano ha fatto dimenticare a molti investitori che esistono i bear market e che le azioni possono andare incontro a periodi anche molto lunghi di perdite. Ricordo sempre ai miei clienti che chi investì sul Nasdaq nel 2000 impiegò oltre 15 anni a recuperare le perdite. Chi ha acquistato i Bric nel 2007 è ancora sotto del 30-40%. Ritengo che qualcosa di molto simile accadrà a chi ora sta investendo sui Faang e cose simili. Viceversa sui titoli value vi sono opportunità che non si vedevano da oltre 10 anni. Ma gli investitori non sembrano ancora accorgersi di tutto questo.