Gioielli Savoia, quello scrigno nel caveau dal 1946
Undici sigilli, cinque della Real Casa e sei della Banca d’Italia: sono quelli che chiudono lo scrigno in pelle a tre piani con i gioielli dei Savoia, custodito dal 5 giugno 1946 nei caveaux della Banca d’Italia. Dietro richiesta del presidente del consiglio Alcide De Gasperi, fu l’ultimo sovrano d’Italia Umberto II, il re di maggio (appellato così per la brevità del suo regno), a consegnarli per la custodia – e non a causa di confisca – ai caveaux di via Nazionale. Non tutte le versioni della consegna sono concordi con questa, che resta la più accreditata, seppur non scevra di dubbi. Su tutti, brilla la tiara, più di ogni altro gioiello simbolo di potere ed eleganza regali. La regina Margherita e la regina Elena la indossano in tutti i ritratti ufficiali: il diadema vanta undici volute di brillanti, percorse da un filo di perle orientali; negli spazi inferiori ha perle incastonate, in quelli superiori, gocce di brillanti incastonati, come si può constatare dalla foto di apertura, per un totale di undici perle a goccia, 64 perle tonde, 1040 brillanti.
Quanto vale la collezione dei gioielli della famiglia Savoia?
Come si può leggere nel documento con bollo da 12 lire che li correda, i gioielli di dotazione della corona sono in deposito “per essere tenuti a disposizione di chi di diritto”. Si, ma di chi? La famiglia reale ne rivendica la restituzione proprio in virtù del fatto che i preziosi furono affidati da Umberto II alla banca in custodia, non confiscate – a differenza. In teoria, i beni sono “indisponibili senza un coordinamento con le Istituzioni della Repubblica”, ma questo coordinamento non c’è mai stato, la famiglia è in piena disputa legale con lo Stato italiano per la restituzione di quelli che furono i gioielli della Corona Savoia. Farebbero parte del tesoro conteso – secondo le stime – 6732 brillanti per oltre 10.000 grani, di cui 1.859 in una sola collana (in totale le collane sono quattro; vi sono poi oltre alla tiara due braccialetti, orecchini, monili minori). Il valore? Oltre 300 milioni di euro.
Un grande senso di mistero ha sempre aleggiato sullo scrigno eredità dei discendenti Savoia. Dai drammatici giorni della sua consegna a Bankitalia, in pochissimi hanno avuto la fortuna di visionarne il contenuto. Un’apertura di controllo, con la conseguente apposizione dei sigilli, fu effettuata a metà anni settanta, quando voci di stampa (“Il Borghese”) raccontavano che una spilla dei Savoia era stata avvisata addosso a una dama romana. L’indiscrezione si rivelò falsa: nessun pezzo mancava dalla collezione, visionata dal sostituto procuratore Scopelliti.
Il ruolo di Mario Draghi, la richiesta degli eredi Savoia
L’ultimo ad averli visti, in tempi relativamente recenti, è stato Mario Draghi. In occasione delle Olimpiadi invernali d Torino (2006) infatti la Regione Piemonte avrebbe voluto esporli e chiese il permesso di farlo all’allora governatore della Banca d’Italia, il quale non negò il permesso, ma aggiunse che «in considerazione della delicatezza della materia e della complessità del relativo quadro giuridico», sarebbe stato meglio arrivare a un accordo con il Ministero per i Beni culturali prima di procedere a ogni spostamento di sorta. L’accordo non arrivò.
Si giunge così al novembre 2021, quando dei gioielli della Real Casa viene richiesta la restituzione. La lettera di istanza è indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’Economia e delle Finanze dagli eredi di Umberto II, ovvero il principe Vittorio Emanuele III e le principesse Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice. La però non ha esito positivo, e ha inizio la disputa legale fra la famiglia Savoia e lo Stato italiano, il cui prossimo appuntamento è previsto per l’ottobre 2024, salvo cambiamenti.
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