La fondazione può avere natura operativa (perseguendo lo scopo attraverso la propria organizzazione) o di erogazione (perseguendo lo scopo in via indiretta, finanziando altri soggetti che lo perseguono). A differenza degli strumenti societari, essa è priva di un’assemblea dei soci; analogamente agli stessi, è gestita da un organo amministrativo.
Proprio sulla natura della finalità perseguibile è utile soffermarsi, per capire se ed a quali condizioni la fondazione di diritto italiano possa prestarsi alla gestione e trasmissione dei patrimoni familiari.
Il codice civile, in effetti, tace in merito allo scopo perseguibile dalle fondazioni (e lo stesso vale per le associazioni), mentre il decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000 (con cui si è, fra l’altro, semplificato il procedimento di riconoscimento delle persone giuridiche) si limita a prevedere che lo scopo debba essere lecito e possibile; si ritiene tuttavia comunemente che esso (oltre a non poter, ovviamente, avere natura lucrativa: è infatti possibile svolgere attività economica solo in quanto strumentale al perseguimento della finalità istituzionale) debba essere caratterizzato dalla cosiddetta “pubblica utilità”.
Si tende tuttavia comunemente ad escludere l’ammissibilità di una fondazione destinata alla conservazione e gestione della ricchezza familiare, a beneficio dei familiari medesimi: ciò, sulla base della possibile violazione del divieto normativo di sostituzione fedecommissaria (art. 692, ultimo comma, codice civile) e di usufrutto successivo (art. 698 codice civile).
Potrà quindi costituirsi una fondazione al fine di erogare, ad esempio, prestazioni assistenziali, anche in favore dei membri di una famiglia, ma dovrà comunque sussistere uno scopo di “pubblica utilità”, non essendo permessa la tutela di interessi unicamente privatistici: i familiari ne potranno beneficiare non in quanto tali, ma in quanto si trovino nelle condizioni soggettive (ad esempio, indigenza o necessità di cure mediche) previste dall’atto costitutivo.
La fondazione “privata”, ovverosia quella costituita a vantaggio diretto di determinati soggetti, è invece prevista da alcuni ordinamenti esteri, anche europei (tra i quali l’Austria, il Liechtenstein e Malta).
La Familienstiftung austriaca, ad esempio, consente di perseguire finalità di pianificazione e gestione del patrimonio, con beneficio diretto ed esclusivo dei componenti della famiglia.
Si tratta di un istituto in qualche modo simile al trust (il cui utilizzo “interno” in Austria è precluso, non avendo tale Stato sottoscritto la Convenzione dell’Aja del 1985 sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento), rispetto al quale presenta tuttavia alcune differenze: la Stiftung, a differenza del trust, ha personalità giuridica (mentre lo svolgimento, in via diretta, di attività commerciale è sempre precluso); al pari del trust, offre, invece, un’elevata privacy, consentendo di tenere riservato il nome del costituente e dei beneficiari.
Il tratto maggiormente distintivo rispetto al trust consiste nella minore flessibilità e nell’ancor più netto “distacco” dal costituente, a cui si accompagna un controllo (ed, in taluni casi, un possibile intervento) statale di non poca rilevanza.
La Stiftung deve, infatti, redigere un rendiconto annuale, che viene revisionato da un auditor nominato dall’autorità giudiziaria; al suo organo amministrativo non possono partecipare il fondatore e i membri della sua famiglia (se intendono essere beneficiari della fondazione medesima).
Inoltre, mentre nel trust “familiare” è possibile (ed, anzi, frequente) costituire – solitamente nella forma del collegio di guardiani – un “consiglio di famiglia” che vigili (ed, in taluni casi, contribuisca alle decisioni) sul patrimonio familiare, nella fondazione privata la presenza di vincoli alla nomina dell’organo amministrativo, in assenza di organi consultivi o di controllo, rischia in concreto di “allontanare” la gestione del fondo dal controllo della famiglia.
Maggiori affinità rispetto al trust vi sono invece con riferimento alla fondazione privata maltese che permette, fra l’altro, al fondatore di riservarsi, attraverso apposita previsione dell’atto costitutivo, una serie di poteri (fra cui sorvegliare l’attività degli amministratori, nominare un Protettore o un Comitato di controllo, cambiare lo statuto, gli scopi e i beneficiari, far cessare anticipatamente la fondazione).