Meno comune è, invece, l’utilizzo – quali holding – degli altri tipi di società di persone (società in nome collettivo e società in accomandita semplice), essendo alle stesse generalmente preferite le società di capitali (principalmente società a responsabilità limitata e società per azioni).
Sotto tale ultimo aspetto, le società commerciali di persone presentano una protezione più elevata non solo rispetto a s.p.a. ed s.r.l., ma anche rispetto alla stessa società semplice: nella s.s., infatti, il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota del proprio debitore qualora gli altri beni dello stesso siano insufficienti a soddisfare i suoi crediti (art. 2270 c.c.).
Un’ulteriore caratteristica delle società commerciali di persone, potenzialmente apprezzabile sul piano della riservatezza, è data dal fatto che esse, pur obbligate alla tenuta dei libri obbligatori e delle scritture contabili previste dall’art. 2214 c.c., non sono tenute al deposito del bilancio di esercizio: i dati economico-patrimoniali della s.n.c. e della s.a.s. non saranno quindi visibili a terzi.
L’estrema flessibilità della società di persone sul piano del possibile contenuto dei patti sociali permetterà, poi, ai soci ampia libertà di scelta nella disciplina tanto degli aspetti economici, quanto di quelli amministrativi correlati alla partecipazione (es. percentuale di partecipazione agli utili e diritti alla distribuzione, disciplina del trasferimento delle quote per atto tra vivi e mortis causa, etc.).
Tale rischio dovrà essere tenuto in particolare considerazione dall’amministratore di società di persone commerciale, ma anche dal socio amministratore di società semplice che detenga partecipazioni in società di capitali (si pensi, a titolo di esempio, alla responsabilità da attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 s.s. c.c. o alla possibile responsabilità gestoria che può originarsi nei casi in cui, nelle s.r.l., al socio siano riservate statutariamente decisioni su determinate materie ex art. 2479 c.c.).
A tale regime di responsabilità sarebbe invece sottratto il socio accomandante nella s.a.s., il quale risponde solamente con la quota conferita, così rivestendo una posizione assimilabile, per molti aspetti, a quella del socio in società di capitali (seppur con i benefici derivanti dal tipo di società personale sopra descritti). Il rischio derivante dall’attività d’impresa ricadrebbe solamente sul socio accomandatario, che ben potrebbe essere anche una società di capitali (con limitazione della responsabilità, quindi, al solo patrimonio sociale).
Uno schema di tal fatta, con una partecipazione sostanzialmente “di capitale”, ben si presterebbe anche alla detenzione attraverso lo strumento di un trust “familiare”: il trustee (in forza di conferimento di partecipazioni e conseguente modifica dei patti sociali) sarebbe socio accomandante e, quindi, godrebbe dei frutti senza alcun coinvolgimento nella gestione: utili e, a determinate condizioni, capitale andrebbero a vantaggio dei beneficiari.
Ma attenzione: al socio accomandante è imposta dalla legge un’astensione pressoché totale dalla vita societaria, pena la sua responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali: così dispone l’art. 2320 c.c., norma di cui la giurisprudenza ha fornito, in taluni casi, un’interpretazione estremamente rigorosa.