- Gross: “Trump è il più ribassista dei candidati semplicemente perché il suo programma elettorale è a favore di tagli fiscali e piani di investimento più costosi”
- Per Hentov e Chesworth un’ondata di deregolamentazione potrebbe essere vantaggiosa per il settore finanziario, in particolare per le banche
Il countdown delle elezioni a stelle e strisce continua a scorrere: il 5 novembre gli americani sceglieranno il prossimo inquilino della Casa Bianca, per il quadriennio 2025-2029. Un voto che, se restituisse un’eventuale vittoria di Donald Trump, potrebbe avere un impatto “dirompente” sul mercato obbligazionario. A dichiararlo in un’intervista al Financial Times è Bill Gross, il guru dei bond e co-fondatore di Pimco, ritiratosi all’età di 74 anni nel 2019.
“Trump è il più ribassista dei candidati semplicemente perché il suo programma elettorale è a favore di tagli fiscali e piani di investimento più costosi”, spiega Gross al quotidiano economico-finanziario britannico, a meno di sei mesi dalle elezioni. Nella maggior parte dei sondaggi nazionali e in diversi recenti sondaggi condotti tra gli elettori degli Stati chiave, lo sfidante repubblicano risulta in vantaggio su Joe Biden, che giurò come 46esimo presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio del 2021. Nell’ultimo periodo Trump ha tra l’altro raccolto il sostegno di alcuni profili di spicco, tra cui la sua ex avversaria Nikki Haley e il miliardario Stephen Schwarzman. Ma le parole di Gross vanno a toccare una delle argomentazioni chiave della sua campagna elettorale: amministrare economia e mercati finanziari statunitensi meglio di quanto possa fare Biden.
Deficit Usa all’8,8% del pil nel 2023
Trump ha infatti promesso di rendere permanenti i suoi tagli fiscali del 2017, mossa che secondo il Committee for a responsible budget (organizzazione senza fini di lucro con sede a Washington, che si occupa di bilancio federale e questioni fiscali) aumenterebbe il debito del governo di oltre 4mila miliardi di dollari nel prossimo decennio. Ad allontanare Gross dalle strategie obbligazionarie è proprio il crescente deficit statunitense, che lo scorso anno è salito all’8,8% del prodotto interno lordo, oltre il doppio rispetto al 4,1% segnato nel 2022. Il re dei bond ha dichiarato invece di aver ridirezionato le sue risorse in un fondo chiuso che investe in azioni privilegiate, coco bond (obbligazioni ibride convertibili) e fino al 20% in credito privato. Una scelta definita “sicuramente più interessante per un investitore che non ha bisogno di molta liquidità”. Tra l’altro, si dichiara relativamente pessimista sui mercati azionari statunitensi, affermando che gli investitori dovrebbero “temperare le loro aspettative” piuttosto che attendersi un replay del +24% registrato dall’S&P 500 lo scorso anno. Per Gross, i mercati incasseranno infatti un’inversione di tendenza. Il che significa “che i prezzi saliranno meno di quanto hanno fatto”.
Elezioni Usa: gli effetti sui settori azionari
Restando sull’azionario, a esaminare quali settori potrebbero risultare avvantaggiati o svantaggiati in base al risultato delle elezioni Usa sono stati recentemente Elliot Hentov, head of macro policy research di State Street Global Advisors, e Rebecca Chesworth, senior equity strategist di Spdr ETFs. Innanzitutto, una vittoria repubblicana potrebbe tradursi “in deficit fiscali più ampi, tassi più alti e un dollaro più forte, con il rischio di un rallentamento della crescita tendenziale”. In più, un ritocco dei dazi – in particolare sulle merci cinesi importate – potrebbe riportare l’inflazione al centro dell’attenzione. “L’Ira, insieme al Chips Act e all’Infrastructure investment and jobs act, ha dato un enorme impulso alle aziende statunitensi del settore dei trasporti, delle costruzioni e dell’ingegneria. Questo, a nostro avviso, rimane un settore chiave, ma dipende dall’entità della riduzione degli stimoli sotto un’amministrazione repubblicana”, osservano Hentov e Chesworth.
Le big tech saranno ancora così attraenti?
“Un’ondata di deregolamentazione potrebbe essere vantaggiosa per il settore finanziario, in particolare per le banche, ma sarebbe probabilmente più contenuta rispetto alla precedente amministrazione Trump”, spiegano. Indipendentemente da chi conquisterà la Casa Bianca, Hentov e Chesworth si attendono una maggiore stretta sulle big tech. Tuttavia, sotto una presidenza Trump si prevedono azioni più mirate, con Meta e Amazon maggiormente nel mirino. “Sebbene i principali provider di tecnologia, entertainment e comunicazione continuino a esercitare un’attrattiva di investimento a lungo termine per la loro capacità di agevolare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e di altre nuove tecnologie, i rischi normativi attenuano tale attrattiva”, avvertono gli esperti.
Trump presidente? L’impatto sulle utility
L’ultimo tema riguarda la transizione green. Secondo Hentov e Chesworth, le potenziali mosse di un’amministrazione repubblicana potrebbero includere un’estensione delle operazioni sui combustibili fossili e una riduzione della regolamentazione ambientale. “Qualsiasi espansione delle dimensioni e della portata degli appalti per la trivellazione sarebbe rilevante per le major del settore oil&gas”, dicono. “L’energia è attualmente un settore interessante per gli investitori, visti i venti di coda sia dal punto di vista geopolitico che dalla possibilità di un’inflazione più elevata per lungo tempo. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi verso la transizione energetica, ma qualsiasi prolungamento della vita dei combustibili fossili potrebbe determinare un aumento delle valutazioni”. Diversamente, concludono Hentov e Chesworth, questo scenario potrebbe spingere gli investitori a ridurre le utility in portafoglio, essendo il settore di riferimento di alcune aziende attive nell’ambito delle energie rinnovabili che potrebbero scontrarsi con un esecutivo a maggioranza repubblicana.