Andrea Boggio, Jupiter AM: “Teniamo le orecchie tese”
Nicola Mutinelli, M&G Investments: “Se guardiamo ai dati reali non c’è da essere pessimisti”
Giovanni De Mare, AllianceBernstein: “Le asset class devono essere alternative”
Da molti (troppi?) anni i mercati finanziari pendono dalle labbra delle banche centrali. Nel Regno Unito le sedute del Parlamento sono più avvincenti di molte produzioni Netflix. A Hong Kong le rivolte bloccano gli scambi ormai da mesi. Cosa sta succedendo nel mondo e come si regolano di conseguenza gli asset manager? Dal palco bolognese di Consulentia, i protagonisti hanno provato a rispondere.
I protagonisti di Consulentia
É preoccupato Andrea Boggio, deputy head of Continental Europen Sales e head of Italy di Jupiter AM: “Ci si domanda quali siano gli indicatori da monitorare: la settimana scorsa negli Stati Uniti i tassi a brevissimo termine sono aumentati del 10%. Tecnicamente – precisa Boggio – sappiamo che la ragione è la scarsità di liquidità, ma non possiamo ignorare il fatto che nel 2008 prima della grande crisi è successa la stessa cosa. Teniamo le orecchie tese”. Nicola Mutinelli, sales director e head of advisory client di M&G Investments è più positivo: alcune notizie destano clamore ma non hanno poi un vero impatto sulla finanza. “I rumor sulla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, Brexit, Hong Kong, creano un clima di sfiducia sui mercati. Il taglio dei tassi da parte delle banche centrali cambiano la remuneratività delle asset class tradizionali e il ritorno dell’oro come bene rifugio. Ma se guardiamo ai dati reali – insiste Mutinelli – non c’è da essere pessimisti. In Europa anche se in rallentamento, c’è crescita; la disoccupazione è ai minimi degli ultimi 10 anni; l’inflazione è bassa ma i salari crescono. Il rischio più grosso arriva dai tassi troppo bassi ma dobbiamo sottolineare che la parte azionaria ha buone valutazioni e il premio al rischio è soddisfacente”.
Rimane però il problema volatilità. Secondo il director Italy sales di AllianceBernstein Giovanni De Mare, distributori e intermediari devono lavorare su due fronti. “Lato cliente, è necessario il lavoro della consulenza in fatto di finanza comportamentale. Ma serve anche impegno sul campo tecnico, di asset managers e costruttori di portafoglio”. Le strategie, prosegue De Mare, devono essere alternative, “ comunque non tradizionali. Oppure bisogna puntare sui sistemi più classici, modello Warren Buffet. Si cerca di puntare su aziende che hanno una crescita degli utili non ciclica, che siano stabili, a più bassa leva finanziaria”.