In Italia il mercato dei certificates ha segnato un nuovo record nel 2019: secondo i dati degli emittenti, lo scorso anno si sono superati i 17 miliardi di euro (11 miliardi nel 2018)
“I certificati possono rappresentare un’interessante soluzione di investimento per la fascia retail, se questi investitori possono avere accesso allo stesso grado di trasparenza, sicurezza e standardizzazione altrimenti riservati agli investitori professionali” (Maan)
“Ogni certificato è diverso dall‘altro quindi può nascondere aspetti poco decifrabili per i professionisti, figuriamoci per la clientela retail. Prezzare una probabilità è molto difficile” (Zanella)
Cosa è accaduto nell’ambito dei certificati durante i recenti periodi di alta volatilità?
Prosegue Maan: “La diversificazione è una collaudata strategia di bilanciamento del portafoglio. Tuttavia, si è realizzato che periodi di forte volatilità accendono la necessità di avere delle alternative. Quando i classici porti sicuri hanno scarse performance e le singole azioni di alta qualità valutazioni eccessive, una possibile alternativa è andare short su quei titoli con l’aiuto di derivati cartolarizzati. Ciò riesce meglio se le opzioni non sono limitate dagli orari di aperture delle Borse tradizionali; quando si è sicuri che sussistono le condizioni affinché vi sia sempre un livello di domanda e offerta tale da eseguire l’ordine alle condizioni più favorevoli e se c’è assoluta trasparenza sulle modalità di esecuzione in ogni momento”.
Attenzione però ai rischi. “Con i certificates di certo non ci si annoia mai – commenta il consulente autonomo Andrea Zanella -. Ma ogni strumento è diverso dall‘altro quindi può nascondere aspetti poco decifrabili per i professionisti, figuriamoci per la clientela retail. Prezzare una probabilità è molto difficile“. Il vero problema sorge nei momenti di alta volatilità: “In momenti di mercato complessi come quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi, i certificati diventano difficili da rivendere. Molto dipende dalle decisioni del market maker, l‘istituzione che si è occupata dell‘emissione, che stabilisce prezzo di vendita e acquisto, in funzione del sottostante. Quando su un certificato vengono bloccati gli scambi, l’unica possibilità di rivenderli è a chi li ha emessi – ma a quel punto il prezzo di vendita lo stabilisce lui”.
Cosa possiamo fare quindi per evitare di rimanere scottati dai certificati durante i periodi di volatilità? “Prima di tutto – conclude Maan – è meglio operare on-venue invece di scegliere mercati non regolamentati. E’ opportuno, poi, prestare particolare attenzione alle performance e alla liquidità resa disponibile dalla borsa, ricordando che più ampia è la gamma di strumenti offerti, maggiore è la possibilità che si verifichino temporanei blackout. Un altro elemento che vale la pena controllare è il livello di trasparenza, attraverso l’ampiezza del libro ordini. In questo senso è bene anche scorrere i regolamenti del mercato scelto: borse che sottostanno alle direttive di Mifid2 sono obbligate a garantire piena trasparenza sia nelle operazioni pre- e post-trading, sia per quanto riguarda la governance della loro struttura operativa. Infine, cercate funzionalità che aumentano la liquidità e le probabilità di esecuzione dell’ordine”.