Quando si investe in titoli di Stato non sempre va tutto come previsto. Chi investe in Btp quanto si deve preoccupare della possibilità di un default dello Stato italiano?
Le probabilità che un intero Paese vada in crisi possono sembrare poche, ma è lunga la lista degli Stati che non sono riusciti a ripagare i propri creditori nella storia recente. L’hanno provato sulla propria pelle i risparmiatori colpiti dall’haircut sui titoli greci nel 2012: una sforbiciata che ha sottratto circa il 60% del capitale che gli obbligazionisti avevano investito. La crisi del debito greco è quella più vicina, anche in termini geografici, ma il default non è un caso isolato neanche per i Paesi sviluppati.
Nel 2005, ad esempio, era stata la volta del doloroso default sui titoli argentini, nel quale è stato spazzato via il 76% del loro valore colpendo un controvalore di 43,7 miliardi di dollari; nel 2004 era toccato alla Serbia-Montenegro, con un haircut del 71%. Secondo uno studio pubblicato nel 2013 sull’American Economic Journal ( nei quarant’anni compresi fra il 1970 e il 2010 si contano 180 ristrutturazioni sui titoli di debito pubblico. Oltre 15 sono i Paesi oggi membri dell’Ocse, l’organizzazione dei Paesi sviluppati, ad essere andati incontro a un default nel periodo analizzato dallo studio. Qualche esempio: Argentina, Brasile, Messico, Polonia, Russia, Ucraina e Turchia.
In media, ciascuna ristrutturazione di debito pubblico ha fatto evaporare il 37% del valore investito. Per quanto questa perdita risulti inferiore a quella dei default societari, hanno affermato gli autori del paper, anche chi investe in titoli di Stato ha bisogno di considerare il rischio di credito quando decide una strategia d’investimento, ossia l’eventualità che l’emittente non sia in grado di rimborsare i suoi creditori.
Investire in Btp, quanto conta la sostenibilità del debito
Nel determinare la capacità di restituzione di un Paese rientrano una pluralità di fattori, come il debito pubblico, le prospettive di crescita economica o la quantità di debito detenuta da soggetti esteri, tutti elementi che le agenzie di rating sintetizzano con una valutazione. Al momento di pubblicazione di questo articolo la valutazione più severa fra le agenzie, quella di Moody’s, attribuisce un rating al debito italiano Baa3, un gradino al di sopra della soglia che indica gli investimenti ad alto rischio.
Secondo i dati pubblicati nel Def del governo italiano, il debito pubblico si è attestato al 137,3% sul Pil nel 2023 e tornerà a salire nei prossimi anni. Fra le maggiori economie mondiali, solo il Giappone ha un debito pubblico più elevato di quello italiano.
L’elevato indebitamento statale è stato, in vari momenti della storia italiana recente, uno dei fattori che ha reso particolarmente volatile il prezzo dei Btp. Nel 2011, ad esempio, la crisi greca ha innescato una speculazione finanziaria proprio sulla possibilità di insolvenza dello Stato Italiano.
Il rischio che in futuro l’Italia possa trovarsi nella situazione di dover ristrutturare il debito è un’eventualità che le agenzie di rating non trovano imminente. Inoltre, il nuovo Patto di Stabilità approvato dal parlamento europeo nell’aprile 2024, riduce lo spazio di manovra dei governi per garantire nel tempo la sostenibilità del debito.
Tutto questo rende attualmente poco probabile che l’Italia crei dall’interno le condizioni per rendere insostenibile il pagamento dei suoi creditori. A dimostrazione del fatto che gli operatori finanziari hanno una buona percezione sull’affidabilità dello Stato, basti ricordare che le compagnie assicurative italiane investono in Btp oltre un terzo dei capitali relativi alle polizze vita di ramo I, i prodotti assicurativi ritenuti più sicuri, secondo l’ultimo aggiornamento fornito dall’Ania.
Diversificare per contenere i rischi
In ogni caso, per il risparmiatore è sempre consigliabile non concentrare troppi investimenti su titoli collegati a pochi emittenti, anche se sono Stati. Come dimostrato dall’esperienza storica, i Paesi in via di sviluppo ed emergenti possono presentare maggiori vulnerabilità. E il Btp? Le finanze italiane, per quanto non destino preoccupazioni immediate, non possono essere considerate fra le più solide nell’ambito degli investimenti di debito sovrano. Chi desiderasse optare per una suddivisione più prudente potrebbe prendere in considerazione il debito tedesco, che con il suo rating massimo è il principale ‘porto sicuro’ nell’Eurozona, o altri emittenti la cui solvibilità sia superiore a quella dell’Italia.