- Secondo un’analisi di EY, solo il 5% degli investment manager si ritiene all’avanguardia sul fronte dell’intelligenza artificiale
- Binelli (Amundi): “Abbiamo fatto un test relativo alla lettura del portafoglio e alla generazione di un commento sullo scenario di mercato”
L’industria dell’asset management avanza a rilento sull’adozione dell’intelligenza artificiale. Secondo una recente analisi condotta da EY in collaborazione con Mdotm, solo il 5% degli investment manager si ritiene all’avanguardia in materia. Tra l’altro, l’Ai viene considerata in primis come un’alternativa per ridurre i costi, piuttosto che uno strumento di innovazione. C’è però chi ha scattato una fuga in avanti, avviando riflessioni e test su come implementarla nei modelli operativi e di business e sbloccarne il potenziale trasformativo. È il caso per esempio di Amundi, asset manager europeo da oltre 2mila miliardi di euro di masse gestite, intervenuto nell’ambito della conferenza Il valore è nella scala: oltre il paradosso dei progetti pilota di Ai nell’asset management organizzata da EY durante il Salone del risparmio e moderata da We Wealth.
“Amundi ha un team dedicato alle gestioni patrimoniali personalizzate”, spiega Andrea Binelli, deputy general manager di Amundi Italy. “Il problema delle gestioni patrimoniali è che, quando non vanno bene, la colpa ricade sull’asset manager. C’è un gap di narrazione e di contenuto. Per questa ragione, abbiamo ragionato su come utilizzare l’Ai. Abbiamo fatto un proof of concept, ovvero un test iniziale, poi andato in produzione, relativo alla lettura del portafoglio e alla generazione di un commento sullo scenario di mercato, sugli ultimi trade più significativi e sull’impostazione del portafoglio in ottica futura. Abbiamo lavorato con dei focus group di private banking per analizzare il work in progress di questi report, per esempio sulle sintesi e sulle modularità per generarli. Siamo partiti insomma da un’esigenza di business”, racconta Binelli.
L’Ai a supporto dei team di investimento
L’intelligenza artificiale, continua il manager, interviene dunque a supporto dei team di investimento dell’asset manager su due livelli. “Innanzitutto, l’Ai analitica, quella che si basa sul fatto che si hanno tanti dati a disposizione e occorre effettuare tanti calcoli in un tempo contenuto”, spiega Binelli. La tecnologia, in questo contesto, aiuta i team di investimento a ricercare non soltanto idee di portafoglio ma anche nuovi partner. “Quello che mancava era però un approccio predittivo”, sostiene il manager.
“Ciò che ha fatto il nostro institute è stato generare ambienti di variabili economiche per ricercare una ricorrenza sui cicli e vedere se i modelli che stavamo sviluppando potevano funzionare”. Partendo da qui, il gestore ha sviluppato un processo di investimento detto “Aip”, acronimo che sta per Advanced investment process. “Una parte dell’ultimo outlook di Amundi sull’anno in corso, uscito a novembre del 2024, è stata creata proprio in questo modo”, conclude Binelli.
Domande frequenti su Binelli (Amundi): “Così l’Ai supporta i nostri team d’investimento”
Secondo un'analisi di EY, solo il 5% degli investment manager si considera all'avanguardia nell'adozione dell'intelligenza artificiale, suggerendo un'adozione ancora limitata nel settore.
Binelli di Amundi ha menzionato un test relativo alla lettura del portafoglio e alla generazione automatica di un commento sullo scenario di mercato, dimostrando un'applicazione pratica dell'AI.
L'analisi sull'adozione dell'intelligenza artificiale nel settore dell'asset management è stata condotta da EY in collaborazione con Mdotm.
Il basso tasso di adozione suggerisce che molte società di asset management potrebbero non sfruttare appieno i potenziali vantaggi dell'AI, come l'automazione di processi e il miglioramento delle analisi.
Amundi utilizza l'AI, come dimostrato dal test menzionato da Binelli, per automatizzare compiti come la lettura del portafoglio e la generazione di commenti di mercato, liberando tempo per i team di investimento.