- Il 41% degli investment manager è indietro nella curva di adozione dell’intelligenza artificiale o non ha sviluppato alcuna pianificazione al riguardo
- Incarnato: “Gli operatori devono costruire le fondamenta infrastrutturali, di governo dell’Ai e di riconoscimento del valore generato per basare il percorso di trasformazione”
L’adozione dell’intelligenza artificiale è ancora in una fase embrionale nell’industria dell’asset management: solo il 5% degli investment manager si considera all’avanguardia nell’adozione della tecnologia, considerata tra l’altro principalmente come uno strumento di riduzione dei costi, piuttosto che di innovazione e sviluppo del business. Sono solo alcuni dei risultati dell’analisi Artificial intelligence: il valore è nella scala condotta da EY in collaborazione con Mdotm, che verrà presentata martedì 15 aprile in occasione della prima giornata del Salone del risparmio nell’ambito di una tavola rotonda moderata da We Wealth. Un’occasione per fare il punto sul sentiment degli operatori nel wealth e asset management ed esplorare motivazioni e fattori di successo per implementare l’Ai nei modelli operativi e di business.
“Ben il 41% degli intervistati è indietro nella curva di adozione dell’intelligenza artificiale o non ha sviluppato alcuna pianificazione al riguardo”, spiega Giovanni Andrea Incarnato, Italy wealth & asset management leader di EY. “Ad oggi, la maggioranza degli investment manager ha approcciato l’Ai in modalità sperimentale, integrandola solo su singole funzioni aziendali”, aggiunge. Sebbene infatti circa il 32% degli operatori del settore abbia riconosciuto nell’ultimo anno l’importanza di accelerare nell’adozione dell’Ai, il 67% ha sviluppato casi d’uso di Ai generativa specifici solo a determinate aree di business. Appena il 27% mira invece a sviluppare capacità che contribuiscano a una strategia di lungo periodo.
Ai: non solo uno strumento di riduzione dei costi
Tra l’altro, come anticipato in apertura, l’intelligenza artificiale viene considerata principalmente come uno strumento di abbattimento dei costi. A dimostrarlo è il fatto che il 56% dei casi d’uso sviluppati finora riguardano attività di back office, piuttosto che applicazioni di front office e customer experience. Ciononostante, secondo gli intervistati, l’Ai avrà un impatto positivo sui propri modelli nell’arco dei prossimi 6-12 mesi: c’è chi cita un beneficio in termini di aumento complessivo dell’efficienza aziendale (59%) e chi definisce invece l’Ai come uno strumento per focalizzare le risorse attuali sulle attività a valore aggiunto (43%).
Gli investment manager intercettati da EY in effetti riconoscono il potenziale trasformativo dell’Ai ma si trovano ad affrontare una serie di sfide che ne ostacolano una piena integrazione nei loro business. In cima agli ostacoli segnalati dal campione si posiziona la comprensione limitata delle applicazioni di intelligenza artificiale (64%), seguita dall’incertezza normativa (50%), i costi di implementazione (27%) e i sistemi tecnologici obsoleti (27%). Per di più, oltre la metà (il 59%) degli investment manager ritiene che le competenze dei propri dipendenti siano insufficienti e segnala difficoltà nel reperire risorse qualificate nel mercato del lavoro. Eppure, appena il 14% degli intervistati afferma di aver sviluppato programmi di formazione ad hoc.
Incarnato: “Necessario un cambio di paradigma”
“Per superare i vincoli attuali ed estrarre il pieno valore dall’Ai, è necessario un cambio di paradigma verso il digitale con una mentalità di apprendimento continuo”, sostiene Incarnato. “Gli operatori devono costruire le fondamenta infrastrutturali, di governo dell’Ai e di riconoscimento del valore generato per basare il percorso di trasformazione. Inoltre, è di fondamentale importanza riconoscere il valore dei partner esterni nella creazione di tali fondamenta in logica di ecosistema, per poter accelerare l’adozione e sfruttare le economie di scala ed esperienza già maturate, procedendo ad una progressiva internalizzazione”, conclude l’esperto.
Secondo EY, per sbloccare il valore dell’Ai, gli investment managers dovrebbero adottare quello che viene definito “un vero e proprio approccio trasformativo Ai-enabled” che consenta di trainare le sperimentazioni pilota verso applicazioni scalabili e di valore per l’organizzazione. I ricercatori evidenziano come in effetti esistano diversi casi virtuosi di realtà del settore che hanno abbracciato un percorso di trasformazione del proprio modello di business attraverso l’intelligenza artificiale. Ad accumunare queste organizzazioni è l’adozione di un approccio olistico che include, tra gli altri fattori, una chiara strategia di adozione, un modello operativo efficace, abilitatori tecnologici adeguati e una governance solida.