Nel corso degli ultimi mesi, c’è un settore, in particolare, che emerge sistematicamente dall’analisi congiunta dei ranking di indici Fida su vari orizzonti temporali: gli Azionari Europa mercati emergenti (esclusa Russia). La categoria infatti si aggiudica il 3° posto nel mese di giugno, con un allungo dell’8%, il 2° posto nel secondo trimestre 2023, con un balzo anch’esso dell’8% e infine il 4° posto nel semestre a +18%.
Cosa rientra nella categoria degli Azionari Europa mercati emergenti
La categoria raccoglie i fondi e gli etf che investono nei titoli azionari dell’insieme dei paesi emergenti dell’Europa, esclusa la Russia. L’area è composta da paesi considerati in via di sviluppo, geograficamente collocati perlopiù nell’area orientale del continente. Specifici paesi, anche rilevanti, possono risultare esclusi dalla strategia gestionale in base alla politica dinvestimento dei vari fondi.
SI tratta di una categoria poco numerosa: gli etf sono 6, mentre i fondi 16, dei quali solo 8 autorizzati alla vendita retail in Italia.
Si tratta infatti di un’asset class molto specifica e raramente presente nei portafogli di investitori non particolarmente sofisticati, se non come parziale o momentanea declinazione di asset class più ampie dettata da scelte strategiche in congiunture particolari.
I Paesi e i settori rappresentati nella categoria degli Azionari Europa mercati emergenti
Nello specifico, i Paesi maggiormente rappresentati sono Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Stati Baltici, Turchia, Croazia e Slovenia.
Dal punto di vista settoriale, si evidenzia una generalizzata extraponderazione della finanza, che pesa in media oltre il 40% dei patrimoni. Anche energia e utility sono molto presenti, attorno al 16% del capitale. Risultano presenti anche molti altri settori, che conferiscono una discreta diversificazione ai portafogli e che pesano attorno al 5% ognuno.
Dal punto di vista valutario, l’euro è tra le valute di principale esposizione (circa 37%) nonostante i Paesi maggiormente rappresentati (Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria che da soli pesano in media per quasi il 70%) abbiano valuta propria: è frequente l’uso dei derivati a parziale copertura dei rischi valutari.
Dalla top ten dei portafogli non emergono invece titoli ricorrenti.
Da inizio anno i principali listini benchmark risultano piuttosto tonici e sostenuti: Budapest allunga del 25%, Varsavia del 21% e Praga di oltre l’8%. Sul lungo periodo emergono alcune divergenze tra questi tre Paesi: è l’Ungheria l’area sensibilmente più forte, pur con volatilità proporzionalmente più elevate; è interessante anche la decorrelazione tra i tre indici, evidenziata da indici di decorrelazione attorno allo 0,67.
Dal punto di vista quantitativo, la categoria è associata a performance importanti (il rendimento annualizzato del 2023 è attualmente attorno al 50%), ma soprattutto sul lungo periodo i livelli di rischiosità paiono tutt’altro che trascurabili: a 10 anni, a fronte di un risultato del 20% circa, la perdita massima registrata sfiora il 50%. In ogni caso, gli indici riassuntivi di Sharpe e Sortino, particolarmente efficaci nelle analisi comparative, sono sistematicamente positivi e piacevoli.
Perché inserirei in portafoglio la categoria degli Azionari Europa mercati emergenti
L’inserimento dell’asset class in un portafoglio diversificato potrebbe essere utile per cogliere le opportunità derivanti dalla crescita di zone che, ad oggi, risultano tra le più sensibili alle dinamiche legate allo sviluppo del conflitto in Ucraina, più che a quelle dell’euro e della politica monetaria che invece fanno da driver alla maggior parte degli attivi.
Si ricorda che le economie emergenti dell’Est Europa sono tra le più attive nella filiera dei prodotti alimentari: cereali (come frumento e orzo), farina, zucchero, industria conserviera, carni ed insaccati sono i principali settori produttivi, che originano una filiera importante che coinvolge trasporti, logistica ed anche istituti di credito ed assicurazioni.
Sotto molteplici aspetti, lo stato d’emergenza che sta attualmente colpendo l’Ucraina contribuisce in modo significativo a sostenere e anche a pressare la produzione dei Paesi adiancenti, che presentano attitudini analoghe.
Scarso invece il contributo in termini di sostenibilità del portafoglio: tutti i prodotti appartenenti sono infatti conformi all’art.6 Sfdr, riuscendo ad ottenere in media un Fidarating Esg pari a 3 su 5.
(Articolo scritto in collaborazione tra Luca Lodi, head of R&D Fida, e Monica Zerbinati, financial analyst Fida)
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