Una corretta e anticipata gestione del trattamento di fine rapporto può fare la differenza al momento della pensione
Per pianificare il proprio futuro pensionistico è utile pensare anche ai vantaggi della previdenza complementare
Il nodo delle pensioni in Italia
Come noto, in Italia:
• l’aumento della vita media
• il rallentamento della crescita economica (che necessariamente ha inciso sulle entrate contributive)
• la diminuzione della natalità
sono fattori che incidono pesantemente sulle casse dello Stato, e in particolare sulla previdenza pubblica affaticando il settore pensioni e quello lavorativo: gli italiani sono costretti ad andare in pensione (quasi) sempre più tardi, accontentandosi di formule che spesso incidono in negativo sulla prestazione erogata.
Per questa ragione il governo di volta in volta in carica tenta puntualmente di fare i conti con le pensioni, ritoccando la disciplina, prevedendo nuovi strumenti, aggiornando le soglie d’uscita dal mondo del lavoro.
Anche l’attuale governo, infatti, è alle prese con la riforma del settore. Tra le varie modifiche apportate dalle Legge di Bilancio 2024, L. N. 213/2023, rientra anche l’ambito delle pensioni.
Sono state apportate, in particolare, delle modifiche alla disciplina sulla pensione da vecchiaia e pensione anticipata.
A tal proposito, è il caso di mettere in evidenza quali sono le condizioni ‘ad oggi’ per andare in pensione, quali sono le novità in arrivo dal 2024 e alcuni fondamentali aspetti relativi al Tfr e al fondo pensione.
Pensione di vecchiaia: le novità della Circolare Inps
Da ultimo, l’Inps ha pubblicato una circolare con cui fa il punto su prospettive di pensionamento e novità in arrivo alla luce delle modifiche introdotte con la Legge di Bilancio 2024.
Si potrà andare in pensione per vecchiaia, sottolinea l’Inps all’età di 67 anni con contribuzione pari a 20 anni.
Il requisito di importo soglia per l’accesso alla pensione di vecchiaia è pari all’importo dell’assegno sociale (il valore provvisorio, per l’anno 2024, è pari a 534,41 euro).
Ciò vuol dire che dal 2024 sarà possibile andare in pensione con 67 anni di età e 20 di contributi (se non si hanno contributi previdenziali precedenti al 1996) qualora sia stato maturato un importo di pensione almeno pari all’assegno sociale (534,41 euro al mese).
Pensione anticipata: le novità dal 2024
Il requisito di importo soglia per l’accesso alla pensione anticipata è pari a 3 volte l’importo mensile dell’assegno sociale.
Tuttavia, l’importo soglia di 3 volte l’assegno sociale è ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte per le donne con due o più figli.
Inoltre:
• sono richiesti 20 anni di contribuzione effettiva (senza quella figurativa)
• l’età anagrafica deve corrispondere a 64 anni
• il massimo erogabile per la pensione anticipata corrisponde a 2.993,05 euro mensili
• la prima pensione viene erogata dopo tre mesi dalla maturazione dei requisiti.
In buona sostanza, sarà possibile andare in pensione a 64 anni al raggiungimento di un importo di pensione pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 per le donne con più figli), corrispondente almeno a 1.603,23 euro.
Il trattamento di pensione anticipata è tuttavia riconosciuto entro un valore lordo mensile massimo, pari a 2.993,05 euro.
Tfr: hai mai pensato a un fondo pensione?
Come noto il trattamento di fine rapporto (Tfr) consiste in una componente della retribuzione accantonata dal datore di lavoro che il dipendente matura nel corso del rapporto di lavoro e viene liquidata in suo favore alla cessazione dello stesso.
Il lavoratore dipendente del settore privato, inoltre, a partire dal 2007 (in forza del Decreto Legislativo 252/2005) ha la possibilità di scegliere – manifestando in modo tacito o esplicito la propria volontà – se lasciare il Tfr maturando sotto forma di liquidazione in azienda o se destinarlo alla previdenza complementare; dunque, versandolo in un fondo pensione.
Se il lavoratore opterà per destinare il Tfr a un fondo pensione, otterrà la somma destinata al momento del pensionamento sotto forma di pensione integrativa; se il lavoratore sceglierà di lasciare il Tfr in azienda, riceverà la liquidazione della somma al termine del rapporto di lavoro.
Tfr in azienda o in fondo pensione?
Se il Tfr è lasciato in azienda questo sconterà una tassazione minima del 23%, solo a seguito della liquidazione dello stesso a favore del lavoratore alla chiusura del rapporto di lavoro.
Quando il Tfr è destinato ad un fondo pensione, questo verrà tassato al momento della sua erogazione, in forma di rendita pensionistica in funzione degli anni di iscrizione alla previdenza complementare integrativa.
La tassazione potrà variare: le prestazioni finali erogate dal fondo pensione saranno tassate con un’aliquota del 15% che, via via, si ridurrà dello 0,30% per ogni anno di adesione al fondo, fino ad arrivare, oltre il quindicesimo anno di partecipazione, alla soglia minima del 9%.
In quest’ultimo caso, pertanto, la scelta di destinare il Tfr a un fondo pensione porta almeno a un doppio beneficio: consistente, da un lato, nella percentuale di reddito aggiuntivo ottenibile al momento dell’erogazione della prestazione pensionistica; dall’altro, nella minore tassazione cui è soggetto il Tfr destinato alla previdenza complementare.
Quanto al rendimento: la somma destinata ad un fondo pensione si rivaluta in base ai risultati della gestione finanziaria in cui si è scelto di investire i propri versamenti; la somma lasciata in azienda è rivalutata a un tasso del 1,5% fisso + il 75% dell’inflazione annua.
Destinare il Tfr ad un fondo pensione, inoltre, permette di diversificare i rischi in caso di fallimento del datore di lavoro.
Il dipendente che ha lasciato il Tfr in azienda al momento del fallimento diviene creditore privilegiato dell’azienda, ma per ottenere il dovuto dovrà aspettare la chiusura del procedimento fallimentare. Il dipendente che invece ha destinato il Tfr a un fondo pensione, avendo allontanato la somma dall’azienda poi fallita, potrà accedere subito al montante accumulato.
Un ultimo aspetto da tenere a mente concerne l’ipotesi di ottenere un anticipo delle somme accantonate: nel caso di somma lasciata in azienda, il dipendente dovrà formulare apposita richiesta al datore di lavoro. Quando il Tfr maturando è destinato al fondo pensione, il lavoratore potrà ottenere fino al 30% di quanto accantonato senza dover produrre motivazione.
I vantaggi della previdenza complementare
La previdenza complementare rappresenta un’opportunità di diversificazione dei rischi, a fronte di una previdenza di base che, per il suo funzionamento, è interamente esposta ai rischi di andamenti economici e demografici negativi
È bene ricordare che la tassazione della previdenza complementare in Italia prevede:
- la deducibilità dei contributi
- la tassazione agevolata dei rendimenti che risultano dalla gestione degli investimenti
- la tassazione agevolata delle prestazioni erogate.
Inoltre, i contributi versati sono deducibili dal reddito fino al limite massimo di 5.164,57 euro l’anno.
Senza intaccare tale limite, per i lavoratori dipendenti a tali contributi possono aggiungersi quelli generati dal flusso di TFR.
Nella fase di accumulo, al risultato di gestione delle forme complementari è applicata un’imposta sostitutiva pari al 20 per cento (ovvero al 12,50 per cento per la parte del risultato di gestione derivante dalla detenzione di titoli di Stato e assimilati) a fronte dell’aliquota del 26 per cento applicata agli altri strumenti di risparmio.
Infine, come rimarcato nel dossier in esame, l’agevolazione riconosciuta agli strumenti di risparmio previdenziale viene attenuata dalle recenti previsioni contenute nella legge di bilancio per il 2023 (Legge 29 dicembre 2022, n. 197); previsioni che, per gli strumenti di risparmio gestito ordinario, consentono, se il pagamento dell’imposta viene anticipato a quest’anno, di accedere a una riduzione al 14 per cento dell’aliquota da applicare al risultato di gestione già maturato.