Per i titoli growth risalire la china sarà dura

Il futuro andamento delle azioni growth dipenderà da come l’economia riuscirà a digerire i rialzi dei tassi: difficile, in ogni caso, immaginare una riedizione del ’20-’21

A partire dalla seconda metà del 2021 il dibattito sul ritorno delle azioni value nelle preferenze degli investitori, ai danni di quelle growth, si è fatto particolarmente insistente. Di cosa stiamo parlando? Con questi due termini si indicano due famiglie di azioni ben distinte: le prime si riferiscono a società attive in settori economici tradizionali, con utili e dividendi stabili e, sotto il profilo borsistico, con un prezzo piuttosto contenuto in rapporto agli utili prodotti dall’azienda. Sul versante opposto ci sono le azioni growth, che si riferiscono a società innovative, spesso ancora in attesa di produrre utili consistenti (talora i profitti neanche ci sono), ma che in prospettiva possono crescere molto di più in temini di giro d’affari rispetto alle controparti tradizionali viste in precedenza. Per questa ragione, gli investitori acquistano i titoli growth oggi nell’aspettativa degli utili di domani – con il risultato di rendere l’azione più “cara”. Non solo: è anche più sensibile all’andamento dei tassi d’interesse, che agiscono come un elemento che sottrae, in prospettiva, parte dei degli introiti futuri dell’azienda. 

Durante la fase pandemica i titoli growth sono stati i protagonisti indiscussi del panorama azionario, ma da qualche tempo le cose sono cambiate. Le politiche monetarie si sono fatte più restrittive e, se i presupposti che le stanno giustificando restano inalterati, come le sanzioni alla Russia e la guerra in Ucraina, difficilmente si tornerà alla condizione precedente. 

Con la forte correzione dei titoli growth, categoria cui appartengono vari big del comparto teconologico, viene da chiedersi se e quando per queste azioni il vento cambierà. Secondo Taymour Tamaddon, Gestore di portafoglio nel team large-cap growth della divisione equity americana di T. Rowe Price, la risposta a questa domanda dipende dall’evoluzione dello scenario macroeconomico. 

Nella prima ipotesi, quella più negativa, accade che “gli investitori prevedono una recessione a causa del persistere dell’inflazione e della reazione [restrittiva] della Fed, interpretazione che implica che le valutazioni” dei titoli growth, “continueranno a comprimersi nei prossimi tre-sei mesi”. 

“Nel secondo caso, la Fed riesce nell’atterraggio morbido, aumentando i tassi in misura sufficiente a far decelerare l’inflazione, ma non così tanto da danneggiare l’economia”, ha proseguito Tamaddon. In tal caso, “le valutazioni potrebbero recuperare un po’ rispetto ai livelli attuali e i titoli growth potrebbero ottenere buoni risultati nei prossimi 12-18 mesi. Tuttavia, ci aspettiamo che le valutazioni dei titoli growth si normalizzeranno nell’arco dei prossimi tre anni – si tenga presente che, anche dopo il recente calo, le valutazioni aggressive dei titoli growth sono ancora ai livelli del 2019. Tuttavia, è molto difficile prevedere con esattezza quando e con quale rapidità”. Insomma, difficile immaginare un nuovo exploit, come quello osservato dopo il coronacrash del 2020. 

Se si parla di “normalizzazione” delle valutazioni dei titoli growth è perché qualcosa di anomalo si era effettivamente verificato negli anni scorsi. “I multipli in espansione, piuttosto che gli utili e i flussi di cassa, avevano guidato la maggior parte dell’apprezzamento dell’indice” Russell 1000 Growth, ha precisato l’esperto di T. Rowe Price, “in sintesi, stiamo attraversando un periodo molto insolito in cui l’apprezzamento dei multipli ha guidato la maggior parte dei forti rendimenti di un indice molto concentrato”. Per chiarezza, se il multiplo di un’azione si espande, questa aumenta di valore in rapporto agli utili realizzati: una situazione che, tradizionalmente, gli analisti considerano foriera di maggior rischio di correzione. 

“I tassi d’interesse estremamente bassi hanno giocato un ruolo chiave nel favorire i titoli a più rapida crescita e nello spingere i loro multipli ben oltre i nostri obiettivi di prezzo”, ha aggiunto il gestore, consapevole che oggi lo scenario dei tassi si muove nella direzione opposta. 

Come intervenire ora, dunque, su un portafoglio growth? “Rimaniamo posizionati in modo difensivo in questo contesto, pur rimanendo in linea con il mandato growth”, ha concluso Tamaddon, “abbiamo allocato una parte del portafoglio più ampia del solito a società meno sensibili ai tassi d’interesse o alle condizioni economiche, come le società di managed care. Ci piacciono anche i discount, che potrebbero addirittura beneficiare di un rallentamento dell’economia e di consumatori più cauti”.

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