Dove finirà la speculazione sugli investimenti in criptovalute?

Il mondo delle criptovalute è in continua espansione e cambiamento. Esploriamone le opportunità e i possibili effetti collaterali con gli esperti di Goldman Sachs Asset Management

Non si arresta la crescita della capitalizzazione di mercato delle oltre 11.000 criptovalute attualmente in circolazione nel mondo, che tra l’8 e il 9 novembre ha superato complessivamente il massimo storico di oltre 3 mila miliardi di dollari, secondo i dati presentati dalla piattaforma CoinGecko (a fine settembre si attestava a $1,9 mila miliardi).
A pesare in modo preponderante è il Bitcoin (con una capitalizzazione superiore a $1,28 mila miliardi, pari al 42% circa del totale); gli fanno seguito Ethereum (che, con il raggiungimento della soglia a 68.000 dollari di Bitcoin ha superato il livello di 4.800 dollari) , Binance coin, Tether, Solana, Cardano, Xpr e Polkadot. Nona e decima posizione per Shiba inu e Dogecoin, le cripto ispirate all’omonima razza di cane, spesso oggetto di discussione sul profilo Twitter di Elon Musk (e spinte a rialzo dalla community di cripto-traders sensibili ai tweet dello stesso Musk).

“L’interesse nei confronti delle criptovalute è alimentato da un sentiment speculativo, dalle potenziali caratteristiche di copertura dal rischio azionario e d’inflazione, nonché dallo sviluppo di applicazioni blockchain e strutture digitali” commentano gli esperti di Goldman Sachs Asset Management all’interno del Market Know-How del terzo quadrimestre 2021.

La ratio dietro al mondo delle criptovalute

Facciamo però un passo indietro. Il mondo della criptovalute si divide sostanzialmente in Bitcoin ed i c.d. Altcoin (o alternative coin), termine col quale si fa riferimento ad una criptovaluta alternativa a Bitcoin avente l’obiettivo di avere un vantaggio rispetto a quest’ultimo in virtù di determinati aspetti tecnologici. Stablecoin è invece il termine che definisce una criptovaluta che può essere riscattata per valuta fiat in qualsiasi momento.
Ogni criptovaluta differisce dall’altra per principi e modalità di utilizzo. Alcune si prestano a fornire servizi innovativi di pagamento digitale decentralizzato, altre si legano a nicchie più specializzate: dalle transazioni machine-to-machine senza commissioni tra dispositivi IoT (Internet of Things), all’intrattenimento digitale, all’esecuzione di contratti intelligenti (smart contracts), al finanziamento di offerte iniziali di monete (ICO), alla liquidità per i bonifici bancari in tempo reale (anche transfrontalieri).
Funzionalità interessanti, ma spesso secondarie rispetto all’attività speculativa condotta sul mercato retail. A mostrare quest’ultimo aspetto è il calcolo sulla volatilità annualizzata di Bitcoin calcolato su dati Bloomberg da Goldman Sachs Investment Strategy Gorup, che assume un valore del 91%, contro un 16% dell’azionario emergente, un 13% dell’oro e un 6% del dollaro americano.
“Le criptovalute hanno mostrato relazioni instabili con le asset class tradizionali e presentano una maggiore probabilità di subire ribassi a un anno”. Dal suo lancio, “Bitcoin ha registrato una probabilità del 72% di subire un ribasso pari o superiore al 60% annuo” sottolineano da Goldman Sachs Asset Management sulla base dei dati sul prezzo del Bitcoin dal suo lancio (luglio 2010) a luglio 2021.

Gli effetti collaterali attorno alle criptovalute

Quando si investe in criptovalute vanno poi considerati una serie di effetti collaterali, tra cui il rischio normativo (ne è esempio la Cina, che ha proibito alle istituzioni finanziarie di fornire servizi legati ai metodi di pagamento decentralizzati) e il rischio di sostenibilità, di cui Bitcoin è portatore: secondo le stime del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index di maggio 2021, l’estrazione di Bitcoin consuma circa 110 terawattora all’anno, corrispondente allo 0,55% della produzione mondiale di elettricità, equivalente al consumo annuale di energia di paesi come la Malesia e la Svezia. La valutazione di Central bank digital currencies (Cbdc) da parte delle principali banche centrali potrebbe inoltre portare ad un giro di vite sulla regolamentazione per le altre valute digitali: quelle legate a reti esterne dalla finanza tradizionale.

Criptovalute: si tratta di pura speculazione?

“Data l’estrema volatilità, la nostra analisi indica che un’allocazione a bitcoin pari all’1% del portafoglio richiederebbe un rendimento annualizzato a lungo termine del 165%. Pertanto, sebbene l’elevato rischio idiosincratico possa apparire interessante per gli operatori alla ricerca di rischio come gli hedge fund, le criptovalute non meritano a nostro avviso un’allocazione strategica”.
Per contro, invece, “la tecnologia blockchain sottostante (che si basa su database condivisi, decentralizzati e criptati, ndr) può innescare una profonda trasformazione in molte aree, dalla finanza alle assicurazioni, al settore sanitario” concludono da Goldman Sachs Asset Management.

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