- Crédit Agricole Italia ha attraversato tre fasi: la prima di formazione, la seconda di proof of concept fino a realizzare una piattaforma di tokenizzazione con BlockInvest
- Di Feo: “Il mercato guarda con estrema attenzione alle evoluzioni degli asset digitali, in particolare la clientela private”
L’arrivo del MiCa, il regolamento europeo sul mercato delle cripto-attività, rappresenta quello che Andrea Conso, avvocato e founding partner di Annunziata & Conso intervenuto al Salone del risparmio, definisce come “l’ultimo tassello del mosaico”. Entrato in vigore lo scorso giugno, si applicherà dal 30 dicembre 2024. Ma c’è chi ha già iniziato a testare le opportunità degli asset digitali, nell’industria finanziaria.
Il caso di Crédit Agricole Italia
“Il nostro è un percorso particolare”, racconta Andrea Riva, responsabile area capital market & open innovation di Crédit Agricole Italia. “Nel 2020 inaugurammo il primo di cinque acceleratori di startup, un modo per intercettare trend tecnologici. A quei tempi la comunità di startup legata alla blockchain era nutrita, siamo partiti da lì per farci contaminare da quei giovani imprenditori”, dice Riva. La banca ha attraversato tre fasi, aggiunge: la prima di formazione (circa un anno di cicli di seminari per diffondere la conoscenza della tecnologia), la seconda di proof of concept fino a realizzare una piattaforma di tokenizzazione con l’aiuto di BlockInvest. “Quello che vediamo, lato imprese, è sicuramente la possibilità di accedere a nuovi canali di finanziamento. Lato intermediari, si apre invece l’opportunità di rivestire nuovi ruoli. Mentre lato investitori, è ancora prematuro parlarne. I token ci sono, ma sono ancora delle sperimentazioni, certamente in via di accelerazione nei prossimi mesi. Mi auguro che il regolatore acceleri a sua volta nel dare risposte”, auspica Riva.
Le opportunità degli asset digitali
“Il mercato guarda con estrema attenzione alle evoluzioni degli asset digitali, in particolare la clientela private”, interviene Antonio Di Feo, chief transformation officer di CA Indosuez Wealth (Europe) Italy Branch. “Gli investitori mostrano un interesse importante legato a quattro fattori: la performance del bitcoin, il consolidamento del framework normativo (indice di stabilità degli asset e garanzia di effettiva efficacia dell’investimento nell’ambito del private e non solo), l’immediatezza e la fruibilità della tecnologia e infine la recente approvazione da parte della Sec degli Etf Bitcoin”.
Di Feo: “Investire in formazione”
Oggi sono 700mila gli italiani che operano nel mercato delle monete digitali, con asset per circa 1,5 miliardi di euro. All’estero, in particolare in paesi come Svizzera, Regno Unito, Hong Kong, Singapore e Francia, il consolidamento normativo ha dato un boost ulteriore. Basti pensare che in Svizzera circa il 50% della clientela private investe in asset digitali, principalmente crypto. “Occorre però investire in formazione”, suggerisce Di Feo. “Come Indosuez abbiamo lanciato un programma di formazione specifico per i nostri banker, nell’ottica di offrire una visione complessiva sul mercato. Noi, come private, dobbiamo essere pronti a rispondere alle esigenze della clientela. L’Italia è in ritardo in termini di conoscenza, dobbiamo assolutamente colmare questo gap”, dichiara Di Feo.