Crisi Ucraina, allarme stagflazione: come si difendono gli investitori?

Le conseguenze del conflitto in Ucraina hanno aggravato i timori dei mercati, che si preparano, tra gli altri, a uno scenario stagflattivo. Il rischio c’è, ma anche le opportunità. Con una accortezza: tentare il market timing ipotizzando la fine del conflitto internazionale non porta lontano

Agitazione sui mercati per il rischio stagflazione. La soluzione? Portafogli più difensivi, evitando di “dare un tempo” alla durata del conflitto internazionale.
Le tensioni geopolitiche tra l’Occidente e la Russia, l’inflazione in salita (dovuta in primis dall’impennata dei prezzi di energia e materie prime) e le stime di una futura contrazione della crescita globale delineano, giorno dopo giorno, i contorni di uno scenario stagflattivo, in cui a coesistere potrebbero essere stagnazione economica unita a prezzi più alti.
Uno scenario complesso, che ha reso il mercato via via più avverso al rischio, osservano i CIO di Fidelity International nel report Fidelity Live di marzo 2022, ma che ha anche riacceso l’interesse verso soluzioni d’investimento in grado di sopportare volatilità di breve e tensioni commerciali.

Un quadro preoccupante già prima della guerra

Nel febbraio 2022, l’inflazione dell’eurozona ha toccato il suo massimo storico al 5,8%, (con proiezioni ancora elevate nel prossimo futuro, secondo le Banca Centrale Europea). L’indice dei prezzi al consumo statunitense ha segnato intanto nuovi massimi a 40 anni, con aumento anno su anno del 7,9% (secondo il Bureau of Labor Statistics). Tra le voci che hanno maggiormente contribuito all’aumento dei prezzi, il costo delle materie prime che ha fatto seguito all’invasione russa dell’Ucraina, con il petrolio Wti tornato sui massimi dal 2008 e il gas naturale (con riferimento al gas TTF europeo) che ha visto triplicare il suo valore tra inizio febbraio e inizio marzo 2022.
Il clima di maggiore incertezza dovuto alle tensioni belliche non ha risparmiato nemmeno le prospettive di crescita: tanto la Bce, quanto la Federal Reserve hanno tagliato le loro stime 2022, rispettivamente al 3,7% (-0,5 rispetto alle attese di Francoforte dello scorso dicembre) e al 2,8% (-1,2% rispetto alla precedente). Di tale avviso anche il Fondo Monetario Internazionale, che ha tagliato lo scorso gennaio le stime di crescita globale nel 2022 al 4,4% (-0,5 rispetto all’outlook di ottobre 2021).

Stagflazione, la parola d’ordine resta prudenza

In attesa di una risoluzione del conflitto, le cui sorti restano ancora in sospeso, gli investitori si domandano quali strategie siano in grado di proteggere i loro portafogli e quali opportunità sia possibile cogliere.
Cominciando dalle materie prime, la parola d’ordine rimane la “prudenza”. Preso coscienza dell’aumento dei prezzi (che potrebbe rivelarsi di breve periodo, come un semplice fenomeno di ‘panic buying’, ossia un momento di euforia sui mercati in cui gli investitori si precipitano ad acquistare strumenti temendo di rimanere senza), “il sotto-investimento durante l’emergenza Covid e il trend della decarbonizzazione avevano già messo pressione alle dinamiche globali di domanda e offerta”.
La volatilità dei prezzi di alcune commodities potrebbe quindi riassorbirsi nel breve, ma non si escludono riverberi legati a un tema di scorte e approvvigionamenti mancati, che potrebbero resistere “per i prossimi due o tre anni”, accentuando le dinamiche inflative. In generale, l’attenzione si concentra sulla quota del mercato globale di materie prime in mano alla Russia, che “rappresenta circa il 10% della produzione mondiale di petrolio ed è un importante operatore economico nei mercati agricoli come il grano e il frumento”.

Una panoramica sul fronte equity e bond

Quanto al settore obbligazionario, assodato che “l’inflazione è qui ed è più permanente che transitoria”, titoli di debito sovrani e titoli corporate indicizzati all’inflazione possono, secondo gli esperti, rappresentare una alternativa. Considerato tuttavia che “la diversificazione sarà importante” il mercato del debito cinese può acquisire interesse per tre ragioni chiave: in primis, perché l’economia cinese è meno esposta all’aumento dei prezzi di gas e petrolio russi; in secondo luogo, perché il recente annuncio riguardo l’obiettivo di crescita al 5,5%, il minor livello degli ultimi 31 anni, paventa per la Cina la strada verso nuove misure di stimolo monetario a supporto dell’economia; infine, la Cina non risente al momento dell’aumento dell’inflazione, previsto in misura inferiore al 2% per quest’anno, per via di una domanda interna debole e di una sovraproduzione che interessa alcune classi di prodotto (carne suina prima tra tutte). Sebbene le politiche macro si confermino supportive, ci vorrà del tempo prima che l’impatto venga trasmesso all’economia.
Sul versante equity, “stiamo cercando aziende con bilanci estremamente solidi e potere di determinazione dei prezzi, con capacità di trasferire l’aumento dei prezzi sui costi di produzione” grazie a una domanda resiliente fondata sui forti legami con le proprie basi clienti. Società in sofferenza o caratterizzate da un modello di “crescita a tutti i costi” (ad esempio alcune del settore tecnologico) potrebbero invece essere più suscettibili “al movimento degli spread corporate nei prossimi mesi. “Questo non significa necessariamente evitare la crescita e favorire il valore” precisano i CIO di Fidelity, “ma piuttosto allontanarsi dalla crescita a tutti i costi e favorire la qualità”.
Dinnanzi all’impossibilità di dare un tempo alla durata del conflitto, nonché di stimare con certezza l’entità e la natura delle sue conseguenze economiche e politiche, da un punto di vista di gestione del portafoglio “si tratterà di allontanarsi dalle semplici predilezioni settoriali e di utilizzare invece la ricerca bottom-up, valutando i singoli strumenti finanziari o il singolo mercato, indipendente dal settore di riferimento e prescindendo dal contesto  economico generale” concludono gli esperti di Fidelity.

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