Le conseguenze del super dollaro sui mercati

3 MIN

L’inesorabile apprezzamento del dollaro sta avendo forti ripercussioni sui mercati finanziari globali. Fidelity International spiega come le altre valute stanno tentando di contrastare le pressioni

Un super dollaro si aggiunge alle variabili da tenere sotto osservazione. Il rafforzamento del biglietto verde, iniziato dal 2012, ha infatti accelerato la sua corsa negli ultimi mesi. Da maggio 2021 ad oggi, il nominal broad US dollar index, che misura il valore ponderato per il cambio del dollaro Usa con le altre valute dei mercati emersi ed emergenti, è cresciuto di oltre il 10%. Si tratta di un rialzo che non si vedeva da circa otto anni, dal biennio 2014-2016.

E mentre il dollaro cresce, ovviamente, la sterlina, lo yen, l’euro e il renminbi toccano i minimi pluriennali o pluridecennabili rispetto alla moneta americana. Un andamento che costringe governi e banche centrali ad intervenire, dal Giappone al Regno Unito, dall’Eurozona alla Cina, per cercare di arginare il crollo del valore della propria valuta in un contesto economico già critico, tra alta inflazione e rischio recessione. “Tutti devono fare i conti con un nemico comune: l’inesorabile rafforzamento della valuta statunitense”, affermano gli esperti di Fidelity International, che illustrano le possibili difficoltà per le singole aree.

Sterlina in down

La sterlina si trova, al momento, nell’occhio del ciclone, dopo che a settembre la neo- remier Liz Truss (che ha già rassegnato le dimissioni) ha annunciato il più grande pacchetto di tagli fiscali degli ultimi trent’anni, subito bloccato e ridimensionato dal neo eletto cancelliere Jeremy Hunt. “Un crollo del 7% rispetto al dollaro e un’importante ondata di vendite dei Gilt, hanno spinto la Bank of England a lanciare a sorpresa acquisti temporanei di titoli di Stato britannici a lunga scadenza”, con l’obiettivo di ripristinare le condizioni di mercato. Al momento però rimane ancora poco chiaro, secondo Fidelity International, “se il Comitato per la politica monetaria sarà in grado di attendere la riunione di novembre per realizzare quelle che prevediamo sarà un rialzo molto consistente di 100 punti base”.

Yen nei pensieri della BoJ

Anche lo yen si è indebolito rispetto al dollaro, perdendo in un anno circa il 23% e spingendo il Ministero delle Finanze giapponese a intervenire per la prima volta dal 1998. Tuttavia, nonostante l’intervento, rimane improbabile che il Giappone riesca a invertire il deprezzamento della sua moneta rispetto al biglietto verde, secondo Fidelity International.

La debolezza dello yen, infatti, non solo riflette i fondamentali economici del paese, ma anche le esigue riserve in valuta estera.

La debolezza dello yen rimane una preoccupazione anche per la BoJ (Bank of Japan) che, a differenza delle altre banche centrali, non ha intrapreso un percorso di inasprimento della sua politica monetaria. La pressione però continua ad aumentare e, proprio per questo, Fidelity vede la BoJ come l’incognita del gruppo e per ora un freno a un’azione coordinata a livello globale per arrestare il rafforzamento del dollaro.

Il futuro interlocutorio dell’euro

“È difficile intravedere un futuro positivo a brevissimo termine per l’euro”, secondo Fidelity, soprattutto guardando all’orizzonte macroeconomico. Nonostante la Banca Centrale Europea stia implementando una politica meno restrittiva rispetto a quella della Federal Reserve, la situazione non è rosea, con le prospettive economiche più cupe, a causa della guerra russa-ucraina e delle relative turbolenze del settore dell’energia.

La BCE continua a monitorare il tasso di cambio dell’euro, data l’entità del deprezzamento rispetto al dollaro e si trova in un equilibrio molto precario, dove “alzare i tassi per contenere l’inflazione potrebbe sostenere l’euro, ma soffocherebbe ulteriormente la crescita, mentre restare indietro rispetto alla Fed e alle altre principali banche centrali, potrebbe far scendere il tasso di cambio e rafforzare l’inflazione”.

Renminbi prova a reagire

Forte pressione al ribasso anche sul renminbi rispetto al dollaro (nel giro di sette mesi il valore del biglietto verde è aumento dello 0,42%). In risposta a questo, la People’s Bank of China ha ridotto il coefficiente di riserva obbligatoria in valuta estera per le banche, passando dall’8% al 6% il 15 settembre e lanciando al contempo un avvertimento verbale contro la speculazione valutaria. “L’effetto è stato quello di rallentare il crollo in modo controllato, non di fermarlo”, precisano da Fidelity International, e questo è chiaro anche dal fatto che la valuta cinese ha toccato i livelli più bassi rispetto al dollaro dal 2008.

Cosa aspettarsi?

È probabile che il dollaro rimanga inesorabilmente la valuta rifugio per eccellenza. Il super dollaro, tuttavia, avrà un impatto negativo sui fondamenti economici globali, aumentando i rimborsi degli interessi per i mutuatari internazionali in dollari e peggiorando i costi dell’inflazione per tutti coloro che stanno facendo riferimento ai beni importati e prezzati in valuta statunitense.

Fai rendere di più la tua liquidità e il tuo patrimonio. Un’opportunità unica e utile ti aspetta gratuitamente.

Compila il form qui sotto, ti colleghiamo con un consulente, per i tuoi obiettivi specifici.

Articoli correlati

Articoli più letti

Ultime pubblicazioni

Magazine
Magazine N. 67 – aprile 2024
Magazine 66 – marzo 2024
Guide
Design

Collezionare la nuova arte fra due millenni

INVESTIRE IN BOND CON GLI ETF

I bond sono tornati: per anni la generazione di income e la diversificazione del rischio erano state erose dal prolungat...

Dossier
Più dati (e tech) al servizio del wealth
Il Trust in Italia