In America Latina il 94% delle specie è già perso: cosa fare?

La perdita di biodiversità colpisce duramente l’America Latina. Una sfida che l’industria della carta locale sta affrontando con l’emissione di obbligazioni di transizione

Deforestazione e cambiamento climatico. Sono queste le ragioni dietro la perdita di biodiversità in America Latina, l’area geografica più colpita da questa problematica nel mondo: dal 1970 al 2016, l’abbondanza di specie presenti in questa regione è precipitata del 94%, secondo il Living Planet Index del World Wildlife Fund del settembre 2020.

Quella della perdita di biodiversità è una condizione che “non farà altro che peggiorare, a meno che le aziende non ne monitorino l’andamento e preservino il capitale naturale in prima persona”, spiegano gli esperti di Fidelity International. “La devastazione causata dall’invasione umana negli habitat naturali, esacerbata dai cambiamenti climatici, è diventata una questione critica per gli investitori ed è un tema chiave per Fidelity International nel 2021”.

Un esempio di tale invasione è l’industria della carta e della cellulosa, che si affida a specie in rapida crescita come l’eucalipto per la creazione dei prodotti su larga scala. “Tuttavia, queste piantagioni di monocultura sono state criticate da alcune Organizzazioni non governative (Ong), in quanto ‘deserti verdi’ che minacciano gli ecosistemi della regione dell’America Latina, già in rapida diminuzione. Infatti non tutte le aziende cartarie abbattono le foreste native, ma anche quelle con politiche di deforestazione zero in genere ripiantano terreni agricoli degradati con una singola specie”.

Così “diverse aziende produttrici di carta e cellulosa stanno cercando di preservare il capitale naturale”, commentano da Fidelity. Alcuni esempi? UPM-Kymmene Oyj, consociata finlandese dell’industria forestale e unica azienda cartaria all’interno dell’indice Dow Jones Sustainability, ha collegato il margine di una revolving credit facility sia alla biodiversità che alle emissioni di CO2. Klabin invece, il più grande produttore, esportatore e riciclatore di carta in Brasile, è diventata di recente la prima azienda a emettere una obbligazione di transizione con uno specifico obiettivo di riforestazione.

In questo contesto, la creazione di un solido dialogo tra le aziende e il team di investimento può fare la differenza nell’aiutare la transizione sostenibile non solo della società selezionata, ma anche dell’intera industria. Un esempio è Suzano, il più grande produttore mondiale di cellulosa. “Ma, se da un lato le sue obbligazioni collegate alle emissioni risultavano attraenti, dall’altro queste presentavano un basso rating MSCI” spiegano da Fidelity. “Dopo un approfondito dialogo con l’azienda, abbiamo concordato che la percezione esterna della società non riflettesse i suoi sforzi. Inoltre, eravamo convinti che vi fossero ancora aree su cui poter lavorare: migliore disclosure, maggiori ambizioni in ambito di emissioni di CO2 e lotta più agguerrita alla perdita di biodiversità. A nostro parere, una maggiore attenzione a questi parametri ha già alzato i rating dell’azienda, e di questo passo anche le agenzie esterne potranno concordare con noi”.

“Accogliamo con favore questo sviluppo e stiamo estendendo il nostro impegno a diverse altre aziende cartarie, oltre Suzano, per incoraggiare un’innovazione simile”, concludono da Fidelity. In particolare, “il lancio di obbligazioni di transizione con obiettivi concreti e misurabili è sempre più un modo in cui le aziende possono cercare di arrestare la perdita catastrofica di specie, aumentare le proprie credenziali Esg e attrarre capitale degli investitori”.

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