Usa e Cina: ora del dialogo o silenzio prima della tempesta?

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Il rapporto tra Stati Uniti e Cina rimane molto incerto, tra tensioni che continuano a seminare incertezza tra gli investitori e momenti in cui sembra esserci calma piatta. Potrebbero continuare a seminare incertezza, preoccupando gli investitori

Lo scontro/confronto tra Stati Uniti e Cina non è una novità, ma anzi un rapporto che va avanti da quasi 70 anni, come una relazione fatta di tira e molla, tra momenti di apparente tranquillità e altri di forti tensioni.

Il rapporto tra le due maggiori economie mondiali è diventato sempre più travagliato dal 2017, con la presidenza di Donald Trump. Da allora abbiamo assistito a scontri su tariffe, proprietà intellettuale, un presunto spionaggio nel Mar Cinese e dei possibili palloni spia sul territorio americano. Insomma, un rapporto molto turbolento che non ha lasciato gli investitori tranquilli.

Lo scorso 9 luglio, il segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen è tornata dal suo viaggio di quattro giorni a Pechino, portando con sé una valigia piena di speranze: la visita sembra aver rappresentato un piccolo passo avanti nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, ma la strada è ancora lunga.

Pace prima della tempesta o mare calmo all’orizzonte?

Nelle ultime settimane il Dragone e l’Aquila stanno sorvolando acque tranquille, ma questo non significa che i dissapori siano di colpo stati inghiottiti dalle onde. Sotto la presidenza di Biden, le dispute si sono spostate dal commercio, alla politica industriale: da un lato gli Stati Uniti hanno imposto, con supporto bipartisan, che i semiconduttori realizzati con tecnologia americana non potessero essere venduti in Cina, impedendo anche ai cittadini statunitensi di lavorare con i produttori di chip cinesi senza un’autorizzazione esplicita. Il prossimo step potrebbe essere quello di rendere le restrizioni ancora più aggressive, bloccando gli investimenti di aziende americane in intelligenza artificiale, 5G e quantum computing made in China. Ma anche Pechino non è rimasta con le mani in mano, limitando l’accesso ad alcuni metalli rari e ai componenti per i pannelli solari. Infine, non è ignorabile la posizione di Taiwan: “Gli alleati dell’America nella regione, in particolare il Giappone e l’Australia, hanno osservato con crescente allarme il potenziamento militare della Cina”, spiega Matthew Rodger, Assistant Economist di Legal & General Investment Management (LGIM).

Stati Uniti e Cina, due facce della stessa medaglia

Dispute diplomatiche e politiche a parte, rimane innegabile il fatto che Cina e Stati Uniti dipendano l’una dall’altra. Le relazioni economiche tra i due Paesi sono imparagonabili a qualunque tipo di relazione a livello globale: nel 2022, secondo i dati dello United States Census Bureau, le merci scambiate tra i due hanno superato il valore di 690 miliardi di dollari, con le importazioni americane cresciute del 6,3%.

Per affrontare le prossime grandi sfide globali, come il cambiamento climatico, la sicurezza globale e il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale, Cina e Stati Uniti devo collaborare, sviluppando un quadro comune di azione.

Trovare un equilibrio tra il desiderio di prevalere a livello politico, mantenendo, allo stesso tempo, una crescita economica stabile, fatta anche di co-dipendenza, non è possibile. “Le rotture a breve termine nelle relazioni avranno sempre la capacità di sorprendere i mercati, tuttavia riteniamo che gli interessi comuni dei Paesi saranno sufficienti a evitare una rottura totale delle relazioni”, suggerisce Rodger.

Nonostante l’apparente equilibrio dell’ultimo periodo, il consiglio per gli investitori è quello di guardare con attenzione agli asset cinesi: l’armonia potrebbe sostenere con forza la loro performance, ma rimangono estremamente vulnerabili a nuovi shock, che non sono al momento escludibili.

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