Tra age management e gender diversity: da limiti a opportunità

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In un Paese dove il mondo del lavoro si sposta più in là con l’età, saper sfruttare i punti di forza degli old workers è fondamentale e in Italia, dove il divario tra uomini e donne negli uffici è ancora ampio, il gender gap non è un fattore ignorabile. Roberta Rodolfi, responsabile Service Unit del Gruppo Helvetia Italia ha spiegato come ha trovato un buon equilibrio nel suo team

L’Italia, si sa, è un paese che sta invecchiando: stando ai dati Istat ci sono quasi due anziani per ogni giovane (187 anziani per 100 giovani) e questo dato si riflette anche nel mondo del lavoro. Se nel 2011 i lavoratori italiani tra i 55 e i 64 anni erano il 37,5%, già un numero molto alto, nel 2021 questi hanno rappresentato il 53% della forza lavoro. I cosiddetti old workers, ovvero i Baby Boomer (1943-1960) e i Gen x (1960-1979), hanno dalla loro un bagaglio esperienziale notevole, ma sono spesso vittime di pregiudizi legati all’età che li relegano soventemente in posizioni lavorative poco appaganti.

Il gap non è però unicamente tra giovani e anziani, il tasso occupazionale degli old workers in Italia nasconde anche un ampio divario tra uomini e donne: i risultati del Labour Force Survey dell’Eurostat provano, infatti, che le donne lavoratrici sono meno rispetto agli uomini (nel 2021 il 44% rispetto al 63% degli uomini) e di solito ricoprono posizioni part-time (sempre nel 2021 quasi l’80%) e non posizioni da manager (solo il 24% nel 2021 era un manager donna nella fascia 55-64).
Dati che purtroppo non stupiscono considerando il contesto culturale in cui le donne, soprattutto tra le Baby Boomer e le Gen x, vivono ancora oggi.

Abbiamo deciso di affrontare questo doppio taboo, tra lavoratori anziani e gender gap, insieme a Roberta Rodolfi, responsabile Service Unit del Gruppo Helvetia Italia.

Come gestire il prolungamento della vita lavorativa? Come funziona l’age management e come viene implementato all’interno del Gruppo Helvetia?

All’interno della Service Unit la coesistenza di figure professionali, appartenenti a differenti generazioni (dalla generazione Z ai baby boomers), rappresenta una risorsa importante e sulla quale abbiamo impostato il nostro servizio. Competenze, consolidate da anni di esperienza in Helvetia trovano una nuova modalità di esprimersi grazie anche a modelli innovativi che le nuove generazioni propongono.
Differenti skill, esperienze, ma anche bisogni e approcci, sono gestiti come fonte di valore per Helvetia e di crescita per il team della Service Unit.

Sicuramente una delle modalità che attuiamo sia nella quotidianità lavorativa che nelle progettualità è la creazione di team misti in cui vi siano “contaminazioni” reciproche di contenuti e approcci, ma non solo, in cui anche le differenze di stili di vita e di bisogni si incastrano in modo complementare.

Ad esempio, l’applicazione dell’automazione robotica (Rpa) o dell’intelligenza artificiale (Ai) su alcuni processi di operation e di contabilità è stata affrontata da diverse figure che hanno messo a disposizione, da una parta, la loro profonda competenza tecnica ed esperienza decennale (a volte anche con un po’ di diffidenza o preoccupazione) e dall’altra la tipica freschezza da neo laureati, con il DNA digital, dando così una spinta verso un nuovo modo di lavorare.

Anche in questo caso un mix di competenze, valori e stili è stato uno dei fattori di successo per raggiungere l’obiettivo condiviso.

Come abbiamo visto l’aumento di old workers non è equo tra le donne e gli uomini, la differenza di genere sembra non avere età. Guardando al reparto Service Unit del Gruppo Helvetia Italia, dove le donne sono il 67,5% e i dipendenti con più di 50 anni il 40%, come è stato possibile trovare questo equilibrio e come mantenerlo?

La situazione all’interno della Service Unit è caratterizzata sicuramente da una prevalenza di genere femminile e, in particolare, le professioniste che rientrano nella fascia over 50 anni rappresentano quasi 1/3 dell’intera struttura…questi sono semplicemente numeri per statistiche.

L’equilibrio però non si ottiene dai numeri, bensì dalla conoscenza e dalla consapevolezza del valore, delle competenze e anche dei limiti e delle difficoltà delle persone della nostra squadra; dal rispetto e dalla stima delle professionalità esistenti e soprattutto dalla motivazione che riusciamo a infondere ogni giorno.

Si tratta un equilibrio che si cerca di mantenere nel quotidiano e sul quale abbiamo investito e continuiamo a investire: è così che con la stessa convinzione assumiamo ragazzi/e neo laureati/e (high potential) e futuri nostri manager, ma parallelamente proponiamo ruoli di responsabilità di aree e/o di progetti innovativi a colleghe anche “Baby boomer” per trovare occasioni per applicare nel concreto il “reverse mentoring”.

Esprimere al meglio il proprio potenziale è fondamentale a qualunque età, come aiutare i lavoratori e le lavoratrici a continuare a essere attivi e presi come esempio sul lavoro?

Senza cadere nella banalità, il motore per aiutare i nostri collaboratori a esprimere al meglio il proprio potenziale a qualsiasi età e indipendentemente dal genere è composto da due elementi: la motivazione (si può fare) e il senso di appartenenza (siamo una squadra).

Nella mia area, la prevalenza del genere femminile e di una composizione dell’organico concentrata nella fascia di età over 50 hanno permesso di trovare una naturale applicazione sia di mentoring al femminile che di reverse mentoring, dove sono i membri junior del team a trasferire le loro conoscenze e visioni innovative ai membri senior del team.

Difficoltà? Sicuramente tante e diverse, soprattutto nell’abbattere alcune barriere personali e non solo, pregiudizi e preconcetti. Difficoltà ad uscire dalla propria area di comfort per paura di mettersi in gioco e anche preoccupazione di non riuscire a conciliare responsabilità lavorative e carriera con la propria vita privata. Quest’ultimo tema, dalla mia esperienza, trova sempre meno una differenziazione di genere, in quanto sia i ruoli sia gli stili di vita nel contesto privato stanno profondamente cambiando.

La maggiore flessibilità, di cui disponiamo grazie allo smartworking, rappresenta un’agevolazione per conciliare lavoro e vita privata in qualsiasi fascia di età.

Uno strumento fondamentale a garanzia di un atteggiamento proattivo da parte dei miei collaboratori è lo sviluppo e l’aggiornamento di competenze sulla e della “persona”. L’obiettivo è quello di creare una formazione aperta a tutti, che poi incide positivamente sulla motivazione e il coinvolgimento, ampliando le competenze trasversali e combattendo stereotipi.

La competenza, infatti, non ha età o genere: che si tratti di un corso di Excel avanzato o di un percorso di Digital Transformation o di Leadership il coinvolgimento è esteso a chi necessita di acquisire e aggiornare conoscenze, oppure di migliorare e trasformare la propria professionalità per vivere attivamente il proprio ruolo e lavoro in Helvetia.

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