La morsa dell’inflazione non dà tregua tra le due sponde dell’Atlantico. Negli Stati Uniti, i prezzi sono ancora sui livelli più alti degli ultimi 40 anni, nonostante la leggera contrazione di agosto, nell’Eurozona la corsa non è ancora finita, con gli ultimi dati di agosto che hanno mostrato un’ulteriore accelerazione al 9,1% su base annua. L’impennata dei prezzi associata all’aumento dei tassi da parte delle banche centrali influisce negativamente, non solo sul potere di acquisto, ma anche sui rendimenti finanziari e sui mercati mobiliari e immobiliari. Non tutti gli effetti sono però negativi: con le giuste strategie di investimento è infatti possibile affrontare questo contesto di incertezza e trarne vantaggio. Ne parliamo con gli esperti di Carmignac.
Inflazione: effetti negativi…
L’incremento dei prezzi ha come primo effetto quello di diminuire i rendimenti reali degli investimenti. Esiste infatti una differenza tra il rendimento nominale e quello reale: se uno strumento finanziario offre una remunerazione del 3%, il suo rendimento reale, ossia tenuto conto dell’inflazione, potrebbe non essere il 3% ma ben inferiore, nullo o addirittura negativo. Spiegano infatti gli esperti della casa di gestione parigina “che così come per il potere d’acquisto, l’aumento dei prezzi riduce anche il “potere di risparmio”, diminuendo la remunerazione reale dell’investimento”.
Un secondo effetto negativo derivante dall’inflazione elevata ricade sul mercato azionario. In primis, infatti, “l’inflazione può pesare sui risultati finanziari di un’azienda se questa non riesce a trasferire sui prezzi di vendita l’aumento dei costi che subisce. In secondo luogo, molti investitori calcolano il valore di un’azienda valutando l’ammontare degli utili che questa potrà generare in futuro sulla base della sua crescita, delle prospettive o del contesto economico”.
Ma non solo. La corsa dell’inflazione spinge a un inasprimento della politica monetaria, ovvero a un aumento dei tassi di interesse, che a sua volta produce un rincaro del costo del credito. Ciò influisce negativamente sulla capacità di imprese e famiglie di accedere a forme di indebitamento. “Per le imprese questo incide sulla loro capacità di ottenere finanziamenti, quindi sugli investimenti e lo sviluppo, e può ridurne il loro valore in borsa. Per le famiglie, si riduce non solo la capacità di spesa ma anche quella di ottenere prestiti, in particolare i mutui”, con un conseguente effetto negativo sul mercato immobiliare.
Infine, quanto al mercato obbligazionario, di regola un aumento dei tassi d’interesse comporta una riduzione del valore delle obbligazioni, dato che il prezzo di questa asset class è negativamente correlato alle dinamiche dei tassi.
…ma anche opportunità
Ma non tutto è perso. Per quanto riguarda le scelte di investimento azionario, nei periodi di elevata inflazione è meglio dare priorità alle società per le quali l’aumento dei prezzi si traduce in un beneficio o che risultano scarsamente sensibili alle dinamiche inflattive. Ad esempio “investire nel settore del lusso può essere un’opzione interessante poiché il prezzo non è un criterio di acquisto determinante per i clienti delle società di questo settore”. Sul versante obbligazionario, “si può optare anche per prodotti che permettono di proteggere gli investimenti da vari rischi, come l’inflazione”. Esistono infatti delle particolari obbligazioni il cui valore di rimborso è indicizzato all’inflazione e che possono perciò fungere da strumenti difensivi. In alternativa anche strumenti di ‘copertura’, più conosciuti con il nome di ‘strumenti derivati’. Ma questi strumenti richiedono una certa competenza, data la loro complessità.