Quel tesoro “da quattro soldi” trovato nel fienile

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L’ennesimo caso di un oggetto mal valutato (meglio: non valutato affatto) e svenduto a un infinitesimo del suo valore si pone davanti a un tribunale francese. Che per ora restituisce un giudizio severo. Come sarebbe stata trattata la questione in Italia? Esistono modi concreti per tutelarsi da simili accadimenti?

Prologo – Anticaglie ammassate nel fienile

Nel 2021 i signori Fournier, una coppia ottuagenaria di pensionati francesi convocava un rigattiere nella propria casa di campagna incaricandolo di prelevare anticaglie ammassate nel fienile, tra cui una maschera africana in legno valutata e rilevata dal rigattiere per un valore di 150 euro. Il signor Fournier aveva ereditato la maschera dal nonno, René-Victor Fournier (1873-1931), alto funzionario del governo generale dell’Afrique-Occidentale Française (AOF), residente per oltre 10 anni in Africa, tra cui due anni – a fine carriera – quale Lieutenant-Gouverneur del Moyen-Congo. 

La valutazione fra 200 e 300 volte di più

Il rigattiere quindi sottopose la maschera a una casa d’aste di Montpellier, la quale dopo averla fatta restaurare propose al nuovo proprietario una stima tra i 300.000 e 400.000 euro, essendo poi risultato che si trattava di una rarissima (pare che ne esistano una decina in tutto il mondo) maschera rituale della società segreta del Ngil, scolpita nel XIX secolo in una tribù Fang, gruppo etnico vissuto tra la Guinea Equatoriale, il Gabon settentrionale ed il Camerun meridionale. Nel marzo del 2022 la maschera è stata aggiudicata al prezzo di euro 4,2 milioni

Dopo aver appreso dai giornali la notizia, i coniugi Fournier hanno citato davanti al tribunale di Alès l’acquirente sostenendo che in buona fede ignoravano l’importanza dell’oggetto al momento della vendita, mentre l’acquirente non potesse ignorarne l’importanza. Nel procedimento sono anche intervenuti il Collectif Gabon Occitanie in rappresentanza dello Stato del Gabon, reclamando la proprietà della scultura ed il suo rimpatrio nel territorio di origine. Dopo un tentativo di definire transattivamente la vertenza mediante il pagamento di una somma di 300.000 euro da parte dell’acquirente (rifiutata dai coniugi Fournier), il 19 dicembre il Tribunale di Alès ha respinto le domande degli attori e quelle dello Stato del Gabon. È molto probabile che la sentenza sarà appellata.

Giuseppe Calabi

Secondo il tribunale francese, i venditori hanno dato prova di negligenza e di leggerezza, vendendo la maschera africana per 150 euro. Avrebbero dovuto verificare il valore storico e artistico del bene ereditato dal nonno prima di venderlo. Inoltre, non vi era prova che il rigattiere avesse alcuna esperienza professionale in relazione all’arte africana, né avesse conoscenza del valore della scultura al momento dell’acquisto. Analogamente, è stata respinta la richiesta di rimpatrio formulata dallo Stato del Gabon.
In attesa di conoscere quale potrà essere l’esito del giudizio d’appello che sarà interposto, è interessante chiedersi come potrebbe essere trattato un caso analogo da un tribunale italiano. 

Le questioni che dovrebbero essere affrontate sono due: potrebbe essere annullata la vendita per errore sull’oggetto al momento della conclusione del contratto? Potrebbe essere accolta la richiesta di rimpatrio di uno stato sul cui attuale territorio la maschera fu creata oltre un secolo fa, quando lo stato ancora non esisteva? La prima domanda è già stata affrontata in senso diametralmente opposto dalla giustizia civile italiana. 

La sentenza della Corte di Cassazione n. 985 del 1998 ha statuito che il contratto relativo alla vendita di un crocifisso ligneo considerato da entrambi i contraenti un’opera del “Maestro della Cappella Pellegrini, sec. XV”, e successivamente attribuito a Jacopo della Quercia, fosse viziato da errore essenziale da parte del venditore e fosse riconoscibile dallo stato italiano acquirente del bene, a nulla rilevando che i venditori avessero colpevolmente omesso di effettuare adeguate verifiche sulla paternità dell’opera prima della vendita anche solo verificando che alcuni studiosi avessero ipotizzato l’attribuzione a Jacopo della Quercia in pubblicazioni precedenti la data del contratto: la scusabilità dell’errore, secondo la Cassazione, non è richiesta per ottenere l’annullamento della vendita.

 La seconda questione (rimpatrio dell’opera nel paese di origine) probabilmente sarebbe affrontata in Italia in senso analogo a quello del Tribunale francese: la proprietà della maschera in capo all’acquirente all’asta è disciplinata dalle norme interne che prevedono il legittimo acquisto in forza di un titolo idoneo a trasferire la proprietà a favore dell’acquirente in buona fede (che si presume), con buona pace del diritto dello Stato di origine a reclamare la proprietà ed il ritorno nel proprio territorio.

Sharon Hecker 

Si può solo immaginare la coppia di anziani ansiosi di disfarsi dei vecchi oggetti lasciati dal nonno nel garage. Quali opzioni ha una persona senza conoscenze del mondo dell’arte per scoprire se la sua cianfrusaglia è un tesoro? Internet permette a chiunque di cercare informazioni: un indizio sarebbe la storia del nonno, che potrebbe aver aggiunto un termine di ricerca. Oppure, si potrebbe contattare un museo per informazioni o il nome di un esperto. Una terza opzione potrebbe essere quella di rivolgersi al programma televisivo Antiques Roadshow, dal 1979 in Inghilterra e in USA. Lo show viaggia in molte città e nel mondo e le date e i luoghi vengono comunicati in anticipo, così chiunque possa portare un oggetto da far esaminare. Esiste nella versione tedesca Bares für Rares e anche in Francia. 

Oltre a scoprire di che oggetto si tratta, come può una persona che non ha familiarità con il mondo dell’arte ricevere una valutazione economica dell’opera? In Italia, esiste l’albo dei periti. La camera di commercio, che approva le candidature, raccomanda che il perito non abbia interessi nella vendita delle opere che valuta. Si tratta di una questione etica, dal momento che i periti possono essere anche antiquari o galleristi o lavorano in case d’asta e ci possono essere conflitti di interessi. All’estero, l’American Appraisers Association (AAA) e l’International Appraisers Society (ISA), entrambe regolamentate dalla Guardia di finanza americana, hanno degli standard uniformi e dei codici etici rigorosi per evitare situazioni come quella che si è verificata in Francia. 

Un perito che identifica e assegna un valore economico a un’opera non può vendere l’opera che ha valutato e deve ritirarsi dalla valutazione o rivelare eventuali conflitti di interesse nel Valuation Report. Potrebbe trattarsi di un conflitto di obblighi, quando il perito non può soddisfare un obbligo senza sacrificarne un altro, o di un conflitto di interessi, quando l’interesse personale del perito o di una parte verso cui il perito è obbligato non può essere soddisfatto senza venir meno agli interessi di un cliente. 

Secondo Chiara Badinella, perito iscritto sia all’Appraisers Association of America che alla Camera di Commercio di Milano, bisognerebbe prendere esempio dal modello americano “che prevede la frequentazione di corsi di metodologia con relativi esami per diventare membro di una delle associazioni principali di periti d’arte, nonché corsi periodici di aggiornamento, e richiede a ciascun perito di seguire degli standard etici e di condotta professionale”.

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