Obbligazionario: ecco perché i tassi caleranno nel 2024

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Gli investitori obbligazionari sono unanimi nell’attendersi che il 2024 sarà l’anno del tanto agognato taglio dei tassi, ma secondo gli esperti di Janus Henderson Investors occorre prestare attenzione ai segnali che il mercato invierà nei prossimi mesi

Uno dei proverbi più celebre della cultura occidentale, “tutte le strade portano a Roma”, metaforicamente indica come, a prescindere dalla decisione presa, questa ci porterà comunque alla stesso risultato. Secondo gli esperti del team Global Bonds di Janus Henderson Investors, tale detto potrebbe adattarsi anche alle prospettive dei mercati obbligazionari, i quali sembrano unanimemente attendersi un taglio dei tassi di interesse da parte delle banche centrali. Tuttavia, alcuni fattori sembrerebbero ritardare questa conclusione e gli investitori obbligazionari sono chiamati a prestare attenzione ai segnali che il mercato invierà nei prossimi mesi. Vediamo insieme perché.

Il Bear steepener obbligazionario

Il 2023 era stato anticipato come l’anno in cui il mercato obbligazionario avrebbe brillato, ma non tutto è andato secondo le aspettative. Sebbene le performance siano state positive, il forte apprezzamento del capitale, originato dal calo dei rendimenti, è stato infatti più lento del previsto. Con i tassi d’interesse che sembrano avvicinarsi al picco gli investitori si chiedono che cosa abbia causato questo ritardo e quale sarà il futuro dei rendimenti obbligazionari.
All’inizio di ottobre 2023, è emerso un fenomeno chiamato “bear steepener obbligazionario“, in cui i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine aumentano più rapidamente di quelli a breve termine. “Viene definito ‘steepener’ – spiega Jenna Barnard, Co-Head of Global Bonds di Janus Henderson Investors – perché la curva che traccia i rendimenti delle obbligazioni della stessa qualità ma con vita residua diversa normalmente è inclinata verso l’alto, da a sinistra a destra. Quindi, se i rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza aumentano più rapidamente di quelli delle scadenze più brevi, la curva dei rendimenti diventa più ripida”. Questo raro evento raro è spesso associato a una recessione, e nel 2023 ha segnato un calo dei rendimenti massimi. Tuttavia, i rendimenti hanno iniziato a scendere solo a novembre e dicembre, annullando in parte i rialzi visti precedentemente. Ma cosa riserva il 2024 per i rendimenti obbligazionari?

Due possibili scenari

Come spesso accade quando si effettuano previsioni, guardare alla storia può rivelarsi molto utile. Il rialzo della Federal Reserve statunitense a luglio 2023 è stato identificato come l’ultimo del ciclo attuale dei tassi. La disinflazione core ha contribuito a questa conclusione, e l’andamento dei rendimenti dei Treasury USA a 10 anni sembra confermarlo. Il comportamento dei rendimenti post-rialzo nel 2023 ha seguito più da vicino il periodo 1969-81, caratterizzato da inflazione elevata, piuttosto che la media del periodo 1984-2018 con inflazione più bassa. “Questo dato – osserva John Pattullo, Co-Head of Global Bonds e Portfolio Manager della casa di gestione angloamericana – è interessante poiché predispone la scena per un andamento potenzialmente robusto delle obbligazioni nei prossimi 12-18 mesi, indipendentemente dal percorso seguito. Tuttavia, l’esito nel corso dei prossimi sei mesi circa potrebbe essere molto diverso”.

In un primo possibile scenario prospettato dagli esperti della casa di gestione angloamericana, i rendimenti oscillerebbero lateralmente nel 2024 a causa di sviluppi che alimentano le ansie inflazionistiche o di una temporanea accelerazione della crescita, che indurrebbe le banche centrali a ritardare i tagli dei tassi. “Il periodo più lungo di tassi d’interesse elevati inasprisce le condizioni finanziarie e l’economia si indebolisce nella seconda metà del 2024, i timori di inflazione si placano e i tagli dei tassi si profilano all’orizzonte, provocando un forte calo dei rendimenti obbligazionari nel corso del 2024”, spiega Pattullo.
Un secondo differente scenario, invece, vedrebbe i rendimenti obbligazionari seguire una traiettoria di declino costante se diventasse evidente la sconfitta dell’inflazione, portando le banche centrali a tagliare i tassi per evitare restrizioni.

Banche Centrali, nel 2024 ancora protagoniste

Tuttavia, le incertezze persistono e non c’è modo di escludere a priori che i rendimenti obbligazionari potrebbero seguire nel 2024 un andamento completamente diverso rispetto alle due precedenti proiezioni. “Dal nostro punto di vista – commenta Barnard – sembra impossibile che gli effetti ritardati della precedente contrazione monetaria non pesino sulla crescita economica. Vediamo ancora un’alta probabilità di una flessione degli Stati Uniti nel 2024 e alcuni Paesi europei stanno già flirtando con la recessione. Ricordiamo che, anche se le banche centrali iniziano il processo di riduzione dei tassi, la maggior parte delle imprese e delle famiglie che rifinanziano il debito o i mutui pagheranno un tasso d’interesse più alto rispetto a qualche anno fa. La politica sarà ancora restrittiva e se l’inflazione è più bassa significa che i tassi reali sono più punitivi”.

La rapidità con cui la Federal Reserve ha agito in passato è un altro punto chiave. Di rado i tassi d’interesse si mantengono ai massimi a lungo e negli ultimi 70 anni il plateau è durato in media un semestre. “Quando la Fed inizia a tagliare – osservano infatti gli esperti – tende a farlo rapidamente: se ciò dovesse accadere nel marzo del 2024, si avrebbe un plateau di otto mesi dal rialzo di luglio 2023, in linea con il ciclo medio”.

Infine, un elemento importante da considerare è la sincronizzazione delle azioni delle banche centrali nei mercati sviluppati. “Se l’aumento dei tassi è stato sincronizzato, è probabile che lo stesso accada con i tagli. Pertanto, il 2024 potrebbe riservare le performance attese nel 2023, con una combinazione di reddito e apprezzamento di capitale grazie al calo dei rendimenti”, concludono gli esperti di Janus Henderson.

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