Mercati: tra inflazione e taglio tassi, a quali scenari prepararsi?

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L’inflazione rimarrà anche quest’anno una variabile chiave: condizionerà la politica monetaria e di conseguenza la crescita economica. Quale scenario aspettarsi e quali diversi impatti sul mercato azionario? Parola a Janus Henderson Investors

Un’inflazione che si abbassa sì, ma a spese della forza economica. Questo era ciò che si temeva di più nel 2023, ma in realtà l’economia, quella statunitense su tutte, si è dimostrata più resiliente del previsto, sorprendendo anche le stime più ottimiste. Ma questo sarà vero anche per il nuovo anno? Potrebbero essere tre gli scenari possibili: c’è chi ritiene che la resilienza economica limiterà la discesa dell’inflazione, obbligando le banche centrali a posticipare il taglio dei tassi con implicazioni negative per la crescita non solo nel 2024, ma anche nel 2025; i più credono che l’inflazione invece continuerà ad abbassarsi, permettendo alle banche centrali di allentare la stretta monetaria nel breve termine e costruendo basi solide per un 2025 in crescita; infine, il terzo scenario per cui l’impatto economico della stretta monetaria è stato solo ritardato anziché evitato. E secondo gli esperti di Janus Henderson Investors quest’ultimo è il più probabile. Ecco perché e come prepararsi.

Pronti, ripartenza e via o bisogna ancora aspettare?

Vi è un motivo principale dietro alla forza che l’economia statunitense ha dimostrato negli ultimi 12 mesi, ovvero il recupero della domanda accumulata durante la pandemia, che però ora starebbe arrivando agli sgoccioli. Se a questo si aggiunge anche il fatto che gli effetti della politica monetaria non sono generalmente immediati, ma diventano visibili anche con un ritardo di 12 mesi e il picco dei tassi è stato raggiunto ad agosto, è ancora troppo presto per tirare un sospiro di sollievo e convincersi che il peggio sia già alle spalle. Ne è convinto Simon Ward, Economic Adviser di Janus Henderson Investors, guardando ai dati: “L’ipotesi che il ribasso economico sia incompleto è supportata da una nuova valutazione delle influenze cicliche. L’ipotesi precedente prevedeva che il ciclo di accumulazione delle scorte globali avrebbe toccato il fondo alla fine del 2023 per poi riprendersi nel corso del 2024. I recenti dati sulla costruzione di scorte, tuttavia, sembrano indicare che il ciclo si è esteso, con una ripresa posticipata alla seconda metà del 2024”.

Sarà forse il 2024 l’anno in cui i consumatori torneranno sui loro passi e rincominceranno a risparmiare? E se anche il mercato del lavoro rallentasse cosa potrebbe succedere? Non è certo facile rispondere a queste domande, solo il tempo potrà offrire certezze, ma, nel frattempo, è chiaro che non tutto il mondo si trova nella stessa situazione.

In Europa, ad esempio, la ripartenza si sta muovendo molto più lentamente rispetto agli Stati Uniti, anche perché non spinta dagli stessi livelli di consumo, “il che suggerisce – secondo l’esperto – il perdurare della sottoperformance economica e la necessità più urgente di un allentamento delle politiche”. Spostandosi ad Oriente, la situazione non migliora: il mercato cinese ha dovuto affrontare il peggior inizio anno dal 2019, nonostante gli incentivi governativi.

L’impatto sul mercato: quali azioni saranno favorite?

Non ci sono dubbi sul fatto che la fine del 2023 ha assistito a un fenomeno molto interessante per gli investitori: un rally significativo per i mercati azionari. Basti pensare che solo a novembre si è registrato un aumento di quasi il 10%. Il rally è stato guidato dai settori ciclici, in quanto gli investitori hanno abbracciato a pieno lo scenario di un atterraggio morbido. Ecco quindi che una possibile delusione, ovvero un contesto economico meno positivo, potrebbe rendere questi titoli (i ciclici) più vulnerabili.

La questione fondamentale per capire come procederà il mercato in questo nuovo anno è dunque l’effetto che un possibile allentamento della politica monetaria avrà sulla crescita. Un eventuale taglio dei tassi potrebbe favorire l’azionario, ma, secondo Ward, questo effetto benefico potrebbe non vedersi nei primi mesi dell’anno visto che l’inflazione continua a essere un fattore di preoccupazione.

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