L’AI come futuro collega, amico o nemico? Quale impatto sul lavoro

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Oltre a un forte entusiasmo, l’intelligenza artificiale sta suscitando anche qualche preoccupazione. Soprattutto nell’ambiente di lavoro, in cui ci si domanda quali mansioni saranno a rischio automazione. BNY Mellon Investment Management illustra i settori in cui l’AI sta già diventando un dipendente eccellente

Nei prossimi dieci anni il 27% dei posti di lavoro nelle maggiori economie è a rischio automazione (il 30% in Italia), secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) generativa, come ChatGPT, sta trovando entusiasmi e applicazioni in un numero sempre maggiore di processi produttivi. Grazie infatti alla raccolta e gestione di un’enorme quantità di dati, le macchine stanno diventando sempre più intelligenti e accessibili, tanto che 6 lavoratori su 10 sono preoccupati di essere sostituiti da “colleghi” automatizzati più veloci ed efficienti.

Sebbene sia ancora difficile fare previsioni accurate sul potenziale impatto dell’intelligenza artificiale sull’occupazione, considerando che l’utilizzo delle macchine è ancora piuttosto modesto, è chiaro che il mondo del lavoro è ormai prossimo a una rivoluzione e la domanda è lecita: l’AI contribuirà a migliorare o a togliere la carriera lavorativa? Il dibattito è aperto e Newton Investment Management, società di BNY Mellon Investment Management, prende parola, facendo notare le applicazioni in cui le macchine stanno già diventando un dipendente eccellente e un collega utile. “Stiamo assistendo all’utilizzo dell’AI per scrivere i codici – afferma Brian Byrnes, analista di Newton Investment Management – In alcuni casi, gli sviluppatori sono diventati più produttivi del 55%, il che significa che possono concentrare il loro tempo su lavori a valore aggiunto”.

L’aumento della produttività rappresenta in effetti una delle motivazioni principali dell’utilizzo delle macchine, ma, secondo l’esperto, anche gli stessi lavoratori potrebbero trarne dei vantaggi, grazie all’eliminazione di compiti pericolosi o ripetitivi e alla creazione di ruoli più complessi e maggiormente retribuiti. “Credo che l’AI possa essere d’aiuto in compiti amministrativi semplici, come scrivere la prima bozza di un’e-mail”, precisa Byrnes, facendo riferimento a tutti quei compiti banali che la maggior parte dei lavoratori non vuole svolgere.

Ma non solo in ufficio. I nuovi colleghi dell’AI potrebbero essere un vero aiuto anche nel settore dei servizi, come quello della ristorazione che si starebbe preparando a servire l’intelligenza artificiale, o almeno a offrirla come contorno. Lo scorso giugno, un gigante dei fast food statunitensi ha infatti iniziato a sperimentare chatbot di intelligenza artificiale per ridurre gli errori di comunicazione, ad esempio rispondendo alle domande e prendendo le ordinazioni.

Insomma in termini di efficienza, l’AI si rivela essere un valido collega. Ma saprà stare al suo posto? Per rispondere, l’esperto guarda al passato: storicamente le attività sono state automatizzate solo in parte, il che significa che gli esseri umani non sono stati completamente esclusi dall’equazione. Ad esempio, tra gli anni ‘50 e il 2010, solo una delle 270 occupazioni (operatori di ascensori) elencate nel censimento del 1950 è stata eliminata a causa dell’automazione, secondo quanto rilevato dal Centre for Economic Policy Research.

Insomma, la tecnologia ha sempre portato degli scossoni e l’intelligenza artificiale potrebbe essere semplicemente un altro esempio. “Penso che si possa guardare indietro a qualsiasi disruption tecnologica che ha cambiato il mondo del lavoro. Non credo che l’AI diventerà una tecnologia su larga scala che non creerà nuovi posti di lavoro”, sostiene Byrnes, ricordando come anche nella rivoluzione industriale, molti posti di lavoro sono stati eliminati, alcuni cambiati e molti altri creati.

In effetti, fino a un decennio fa, sentire il titolo “architetto di soluzioni cloud” poteva far pensare a uno scienziato ambientale, mentre oggi le persone sanno di associarlo alla tecnologia. Ma anche lo sviluppatore di app, il responsabile dell’analisi digitale, l’influencer e il social media manager sono tutte professioni e carriere che non esistevano fino a pochi anni fa.

L’AI, quindi, potrebbe essere la prossima tecnologia a creare nuove opportunità lavorative e nuove mansioni. Qualche esempio? “Se questa tecnologia decolla, potrebbe esserci una domanda di formatori di intelligenza artificiale, revisori o etici di AI. Forse potrebbe anche esserci un capo dell’AI”, conclude Byrnes.

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