L’economia Usa non è invincibile, ecco l’alternativa a Wall Street

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L’economia statunitense si sta rivelando molto resiliente. Ma per quanto durerà questa forza? Secondo LGIM i primi punti deboli stanno iniziando a venire a galla e può essere sensato guardare a mercati con valutazioni più attraenti rispetto all’azionario Usa

Mentre l’Europa sembra muoversi ancora a rilento a causa degli alti tassi di interesse, gli Stati Uniti si stanno dimostrando ben più resilienti delle aspettative. Ma per quanto andrà avanti così? Iniziano forse a vedersi le prime crepe nell’economia statunitense?

Non ci sono dubbi sul fatto che la crescita del prodotto interno lordo del terzo trimestre è stata molto forte, arrivando al 4,9% annualizzato, superando anche le attese degli esperti che scommettevano su un +4,5%. Questa spinta dipende in parte da un contributo fiscale inaspettatamente forte. “Ciò riflette una combinazione di un ampliamento sorprendente del deficit di bilancio nel 2023, che ha raggiunto il 7,5% del PIL rispetto a meno del 4% nel 2022, di una forte spesa e di assunzioni da parte delle amministrazioni statali e locali, nonché di incentivi fiscali e di una legislazione che ha portato a un eccesso di risparmio più a lungo di quanto si pensasse in precedenza”, spiega Williem Klijnstra, Currency Strategist di Legal & General Investment Management (LGIM). Inoltre, è importante sottolineare che l’alta spesa dei consumatori non è stata trainata dalla crescita del reddito reale disponibile, bensì dai risparmi accumulati durante il periodo pandemico, che ora stanno lentamente finendo.

In prospettiva, senza una continua e forte crescita dell’occupazione i consumatori diventeranno sempre più vulnerabili. A tal proposito, i dati sull’occupazione statunitense nel mese di ottobre sono stati decisamente in calo: da circa 180.000, dato che si era stabilizzato tra agosto e settembre, questo è invece sceso a 150.000, che si è concentrato in un paio di settori, anche le previsioni per i prossimi mesi sono state riviste in calo. Inoltre, le ore lavorative sono diminuite e la disoccupazione è aumentata, arrivando a toccare il 3,9%.

Tutto ciò sembra indicare un rallentamento dell’economia, anche se un atterraggio morbido non è ancora da escludere. “Sembra che una politica fiscale espansiva abbia mascherato una compressione dell’economia dovuta all’aumento dei tassi e all’inasprimento degli standard di prestito delle banche, che ha già determinato un forte rallentamento della crescita del credito”. Ora, invece, secondo l’esperto, la politica fiscale è destinata a diventare molto più restrittiva, mentre l’impatto ritardato della stretta monetaria è ancora in fase di filtraggio.
Nonostante l’inflazione si stia abbassando, saranno necessari mesi, se non addirittura anni, prima che l’inflazione torni sotto al target del 2%, dimostrandosi molto più appiccicosa del previsto. Quando questa tornerà finalmente in linea con l’obiettivo, potrebbe essere troppo tardi per evitare la recessione.

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Gli investitori sembrano ancora tutti focalizzati sugli Stati Uniti, dimenticandosi che anche l’Europa può offrire interessanti opportunità, soprattutto mentre l’economia statunitense inizia a dare i primi segni di cedimento, oltre all’ulteriore incertezza data dalle imminenti elezioni presidenziali.

I titoli europei, soprattutto con una visione di lungo termine e una forte diversificazione settoriale, potrebbero rappresentare una componente importante per il portafoglio: “Riconoscendo l’importanza delle differenze settoriali, abbiamo aggiunto alla nostra posizione lunga europea una piccola posizione lunga nel Nasdaq, che pesa sul settore tecnologico. Così da avere un giusto mix di esposizione, sfruttando l’apparente disinteresse nei confronti dell’eurozona, ma evitando di rendere il settore tecnologico il fattore dominante”, conclude Klijnstra.

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