Come diventare una networker di successo (e perché farlo)

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Nel tessere reti adatte a sostenere la propria crescita professionale, le donne si scontrano con una serie di difficoltà. Ostacoli superabili, ma solo se si identificano (e sviluppano) le giuste competenze. Ecco perché diventare una buona networker, anche nell’ambito della consulenza finanziaria, può trasformarsi in un vantaggio competitivo

Le consulenti dovrebbero maturare la consapevolezza dell’importanza del networking, facendo leva sui propri punti di forza per rafforzare la propria rete di clienti

A fine 2022 le donne nella sezione dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede dell’albo unico rappresentavano il 22,3% della popolazione totale degli iscritti

Robotti: “Bisogna alimentare continuamente il proprio network con persone nuove ma rilevanti e fare manutenzione della propria rete”

Ciascuno di noi, ogni giorno, tesse in maniera più o meno casuale una rete di relazioni sociali. Legami che vanno dal lavoro ai vincoli familiari fino alle conoscenze fortuite. La struttura e la densità della rete, secondo gli esperti, determina la maggiore (o minore) efficienza degli interscambi tra i diversi elementi che la compongono: tendenzialmente, più una rete è ristretta, più i legami diventano profondi; più una rete è ampia, più i contatti sui quali possiamo contare ragionevolmente aumentano. Le donne, in particolare, sono statisticamente orientate a costruire reti più ristrette e profonde rispetto agli uomini ma sviluppano nel tempo competenze di intelligenza emotiva maggiori. A raccontarlo a We Wealth è Odile Robotti, amministratrice unica di Learning Edge, società di formazione manageriale e di consulenza nell’ambito delle risorse umane; un’occasione per discutere sull’importanza del networking per le consulenti finanziarie e su come, queste ultime, possano far leva sui propri punti di forza per rafforzare la propria rete di clienti. 

Partiamo da una definizione. Il networking professionale viene spesso confuso con la semplice socializzazione e, di conseguenza, considerato adatto a persone estroverse e capaci di intrattenersi anche con piccole conversazioni. In realtà, spiega Robotti, il vero networking è strategico. Ma, soprattutto, intenzionale. In altre parole, consiste nel creare intenzionalmente connessioni con altre persone con uno scopo preciso: supportare la propria carriera. “Fatta questa dovuta premessa, credo che il primo passo che le consulenti – ma chiunque si avvicina al networking professionale – debba fare è maturare la consapevolezza della sua estrema utilità per svolgere il proprio lavoro. È un investimento di tempo e, come tutti gli investimenti, non si ha certezza del ritorno e specialmente dei tempi che ci vorranno per ottenere tale ritorno. Però, molti studi lo confermano, statisticamente è una delle attività a più alto Roi (Return on investment, ovvero il tasso di rendimento sul totale degli investimenti effettuati, ndr)”, ricorda l’esperta.

C’è però un modo per accelerare e facilitare questo processo; o meglio, quattro competenze da sviluppare. “Innanzitutto, la capacità di accesso, ovvero la capacità di creare da un lato e mantenere nel tempo dall’altro molti contatti”, racconta Robotti. “Significa alimentare continuamente il proprio network con persone nuove ma rilevanti e fare manutenzione della propria rete. Il consiglio che io do è fissare dei momenti in agenda sia per fare networking (andare ad eventi o partecipare a conferenze, per esempio) sia per fare reach out, ovvero contattare proattivamente le persone che ci interessano e lavorare per mantenere viva quella relazione”. È una questione di strategia, ribadisce l’esperta: si possono mappare i luoghi dove intercettare le persone che interessano oppure sfruttare le occasioni della vita quotidiana, come andare al supermercato o in palestra; o ancora identificare all’interno della propria rubrica quelli che definisce “super-connettori”, vale a dire persone che hanno più contatti di altre e che, in genere, sono disposte ad aiutare ad aprire qualche porta per creare crediti a loro vantaggio. 

“La seconda competenza è la capacità di ampliare la conoscenza delle persone che già conosciamo, a 360°. Conoscere una persona per lavoro e cercare di conoscerla anche da un punto di vista più personale, rafforzando il legame. O ancor meglio, conoscere socialmente qualcuno e approfondire la sua vita lavorativa, allargando così il proprio network professionale”, continua Robotti. La terza, aggiunge, è la capacità di connettere, mettere in contatto le persone tra loro, diventando una sorta di “hub” di contatti; il che presuppone non solo disporre di un network abbastanza ampio ma anche di aver ben categorizzato le singole persone all’interno di quella rete. La quarta competenza è infine la capacità di “identificare il birillo centrale”, chi sappia indicare chi può far decollare un determinato progetto. “Senza dimenticare di lavorare sulla propria autopresentazione, non limitandosi al job title (qualifica di lavoro, ndr), in questo caso specifico essere una consulente finanziaria per una determinata rete, ma raccontandosi in modo da differenziarsi e incuriosire il proprio interlocutore, così da non rischiare di venir dimenticate”, suggerisce Robotti. 

C’è da ricordare che, come anticipato in apertura, le donne prediligono in generale reti più ristrette e profonde rispetto agli uomini. Il che, secondo l’esperta, potrebbe rappresentare un ostacolo. “In secondo luogo, per ragioni storiche siamo ancora oggi escluse da alcune delle reti di potere dominate dagli uomini. E, infine, il 50% delle donne in Italia non lavora. E di quel 50% sappiamo che fanno meno carriera e hanno minori disponibilità economiche. Per cui, in definitiva, finiscono per trovarsi all’interno di reti meno interessanti dal punto di vista professionale rispetto alla controparte maschile della popolazione”, osserva Robotti. C’è però una nota positiva, rassicura. “Le donne sviluppano competenze di intelligenza emotiva più degli uomini. Quindi riescono a entrare in relazione con le persone più facilmente. Inoltre, quando una consulente finanziaria partecipa a un evento di settore, il solo fatto di essere donna diventa differenziante, in senso positivo. È più facile essere ricordate”. Stando all’ultima fotografia scattata dalla relazione annuale dell’Ocf, al 31 dicembre 2022 le donne nella sezione dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede dell’albo unico erano infatti 11.496, appena il 22,3% della popolazione totale degli iscritti. C’è infine un ultimo scoglio da scavalcare, anche conosciuto come “l’ufficio che non c’è”. Come agevolare scambi intensi e networking anche online? “Non è facile. Gli eventi in presenza davano molti più spunti e possibilità, logicamente. Se si tratta di eventi online, un modo per attirare su di sé un’attenzione positiva è fare un intervento”, dice Robotti. Poi conclude: “Il consiglio invece con i clienti che preferiscono un’interazione digitale è organizzare videochiamate, non solo telefonate, perché raffreddano il rapporto, che non è un aspetto positivo sia per una professione come quella del consulente sia per tutte quelle professioni basate sulla fiducia”.

(Articolo tratto dal magazine We Wealth di ottobre 2023)

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