I fiori di Banksy, fra copyright e marchio

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L’anonimato di cui gode l’artista con sede nel Regno Unito lo ha portato ad approntare soluzioni alternative al fine di tutelare le sue opere d’arte dall’utilizzo illegittimo per finalità commerciali da parte di terzi non autorizzati

Sin dai suoi esordi, il nome di Banksy è sempre stato portatore di potenti messaggi artistici. Parte della sua fama deriva dalla natura di artista anonimo e graffitista (writer) la quale ha contribuito a creare scandalo, ammirazione e, per l’effetto, polemiche (se non vere e proprie controversie) relativamente alle modalità attraverso le quali lo stesso ha creato le sue opere; si pensi, ad esempio, al ruolo dei proprietari degli edifici su cui sono state realizzate le opere di street art oppure all’aggiudicatario della Girl with Balloon nell’asta tenutasi da Sotheby’s nel 2018 che ha “subìto” la performance da cui è nata Love is in the Bin.

Al successo di Banksy è seguito l’inevitabile tentativo di soggetti terzi di utilizzare le immagini delle sue opere per le più svariate finalità, commerciali in primis. Nondimeno, l’artista ha sempre dimostrato chiarezza nell’esplicitazione del suo credo artistico: sul sito della Pest Control Office Limited – la società attraverso la quale Banksy gestisce la sua produzione artistica – è chiaramente indicato che “You are welcome to use Banksy’s images for non-commercial, personal amusement. Print them out in a colour that matches your curtains, make a card for your gran, submit them as your own homework, whatever”.

Copyright is for losers: le soluzioni alternative di Banksy

Limiti d’uso però difficili da controllare nella pratica. Banksy ha difatti rinunciato alla tutela offerta dal copyright, da lui definito uno strumento per i perdenti (“copyright is for losers” frase infelice, a parere dello scrivente, dato che sia i Giudici europei che le aziende che tentano di utilizzare le sue opere per finalità commerciali l’hanno all’occorrenza strumentalizzata e/o biasimata).

Ciò non significa che l’artista abbia lasciato le sue opere d’arte sprovviste di qualsiasi protezione; per il tramite della Pest Control Office Limited, Banksy ha scelto di utilizzare il regime di tutela offerto dal diritto industriale, registrando le sue opere d’arte – ovvero le relative parti figurative/segni – come marchi europei (e statunitensi). Tale scelta ha avuto altresì il vantaggio di garantire l’anonimato di Banksy, il quale sarebbe stato a rischio nel caso in cui lo stesso avesse voluto avvantaggiarsi della tutela offerta dal solo copyright, dato che per l’efficacia di quest’ultimo deve potersi individuare a “chi” esattamente spettano i diritti d’autore sulle opere di cui si discute.

Storia quindi a lieto fine per il writer mascherato? Non proprio.

Banksy tra marchi registrati e periodi di tolleranza

La Cancellation Division della EUIPO (European Union Intellectual Property Office) si è difatti pronunciata in più occasioni sul tema, purtroppo a discapito dell’artista.

Giova sottolineare, infatti, che la registrazione di un marchio, per potersi considerare in buona fede, deve essere finalizzata all’utilizzo dello stesso per commercializzare beni e/o servizi. A tal fine, coloro che divengono titolari di un marchio, godono di un periodo di tolleranza di 5 anni per poter effettivamente avviare l’utilizzo dello stesso. Tale sistema bilancia gli interessi legittimi del titolare del marchio, da un lato, e quelli dei suoi concorrenti, dall’altro. Il periodo di tolleranza di 5 anni consente infatti al titolare di disporre di un lasso di tempo ragionevole per preparare e poi lanciare una gamma di prodotti o servizi con un marchio specifico, senza doversi preoccupare, durante tale periodo, di verificare se i criteri di uso effettivo stabiliti nel Regolamento (UE) 2017/1001 sul marchio dell’Unione europea (c.d. EUTMR) siano stati soddisfatti.

Non può invece tollerarsi la possibilità che la protezione garantita dalla registrazione di un marchio venga utilizzata al solo scopo di pregiudicare gli interessi di soggetti terzi, senza alcun’autonoma volontà di utilizzare lo stesso per proprie finalità commerciali.

La decisione n. 33 843 C del 14 settembre 2020

Nel 2019 la società Full Colour Black Limited – che si definisce “a contemporary Art Licensing company specialising in the commercialisation of world-famous street art” – ha adito la summenzionata Cancellation Division per ottenere l’annullamento del marchio n. 12575155, ossia il celeberrimo Flower Thrower (comparso per la prima volta nel 2003 sul muro di un garage a Beit Sahour, una cittadina a est di Betlemme) e registrato dalla Pest Control Office Limited come marchio europeo nel 2014.

In particolare, la Full Colour Black Limited ha sostenuto che la registrazione del marchio sarebbe avvenuta in malafede – ai sensi degli articoli 59, comma 1, lettere b) e a), quest’ultima in combinato disposto con l’articolo 7, comma 1, lettere b) e c) dell’EUTMR – e ne ha quindi chiesto la dichiarazione di invalidità.

Tesi che è stata condivisa ed infine accolta dalla Cancellation Division.

L’EUIPO ha infatti riscontrato come Banksy non abbia mai avuto l’intenzione di commercializzare alcun bene e/o servizio mediante il segno registrato. Soltanto a partire dal momento in cui la Full Colour Black Limited ha presentato la sua domanda presso l’EUIPO, Banksy ha deciso di avviare la commercializzazione di prodotti che raffiguravano le sue opere. Orbene, se da un lato il tempismo sospetto dell’artista poteva comunque fargli godere il beneficio del dubbio, quest’ultimo non ha minimamente esitato a chiarire la sua posizione, confermando che la decisione di avviare la vendita di tali prodotti era esclusivamente finalizzata a soddisfare il requisito richiesto dalla normativa per la validità del suo marchio. Trasparenza che non è stata apprezzata dalla Cancellation Division che in essa ha invece riscontrato la sussistenza proprio di quel concetto di mala fede vietato dalla EUTMR (“[a] conduct which departs from accepted principles of ethical behaviour or honest commercial and business practices”) ed ha pertanto dichiarato invalido il marchio nella sua interezza.

La decisione n. C 47 807 del 21 dicembre 2023

A distanza di tre anni dalla precedente pronuncia, la Cancellation Division si è nuovamente pronunciata sul Flower Thrower pronunciandosi stavolta sulla natura stessa del periodo di tolleranza concesso ai titolari di un marchio europeo.

La Pest Control Office Limited nel 16 dicembre 2019 ha difatti (ri)presentato la domanda di registrazione del marchio n. 18118853 che, specularmente, è stato nuovamente impugnato dalla Full Colour Black Limited dinnanzi all’EUIPO.

In tale occasione, l’EUIPO ha innanzitutto rilevato che al titolare di un marchio viene conferito un diritto esclusivo che può essere tutelato solo se, alla scadenza del periodo di tolleranza di 5 anni, lo stesso è in grado di dimostrare l’uso effettivo del suo marchio. Sebbene il deposito ripetuto di un marchio non sia di per sé vietato, qualora tale deposito venga effettuato al solo fine di evitare le conseguenze derivanti dal mancato uso di marchi anteriori, con lo scopo di rinnovare teoricamente il periodo di tolleranza in maniera indefinita, lo stesso può costituire un indizio di malafede rivelando l’intenzione di eludere il sistema di registrazione. Se il titolare di un marchio europee presenta dunque domande di registrazione ripetute nel tempo per lo stesso marchio con l’intenzione di evitare le conseguenze della decadenza per mancato uso del precedente marchio, in tutto o in parte, allora lo stesso agisce in malafede.

Circostanza questa che, parzialmente, è stata ritenuta sussistente anche nei confronti del marchio n. 18118853 depositato il 30 agosto 2019 ossia alla fine del periodo di grazia del marchio n. 12575155 (vedi sopra), registrato il 29 agosto 2014.

Cosicché, nella misura in cui la registrazione del marchio n. 18118853 ha ricompreso le categorie di beni e/o servizi già coperti dal precedente marchio n. 12575155 il primo è stato giudicato come effettuato senza alcuna logica commerciale e quindi in malafede. Per l’effetto, il marchio n. 18118853 è stato dichiarato valido per le sole categorie 9, 16 e 41. Banksy (o chi per lui) non è tuttavia rimasto silente e lo scorso 21 febbraio 2024 ha presentato appello avverso la decisione della Cancellation Division. Il procedimento è stato assegnato alla Fifth Board of Appeal dell’EUIPO ed è stato rubricato con il numero R0433/2024-5.

Non è quindi detta l’ultima parola per questo lanciatore di fiori.

In copertina: Banksy, Flower Thrower (2003).

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