Ancora prudenza sull’azionario: meglio le commodity

È ancora presto per scommettere su una Fed più morbida e sulla ripresa delle azioni, ha affermato Maarten-Jan Bakkum (NN Investment Partners), che vede migliori opportunità sulle commodity

Lo scorso aprile il tasso d’inflazione Cpi americano ha rallentato, realizzando le aspettative e le speranze degli analisti: la variazione mensile è passata dal +1,2% di febbraio-marzo a una dello 0,3%. L’idea che la corsa dell’inflazione statunitense possa aver raggiunto il picco ha alimentato una nuova attesa per il prossimo futuro: che la Federal Reserve ammorbidirà in parte la traiettoria di rialzi dei tassi, con un inasprimento della politica monetaria meno drastico del previsto. Questo aiuterebbe a ridurre l’impatto negativo della stretta sulla crescita economica e sugli utili aziendali: anche per questo, nell’ultimo mese (al 6 giugno) la rotta discendente dell’S&P 500 ha iniziato a invertirsi, con un rialzo complessivo del 3,26%. 

A livello globale, anche il miglioramento dei dati sull’infezione Covid in Cina potrebbe aiutare il sentiment degli investitori, se sarà la premessa di un “allentamento delle misure anti-contagio più rapido del previsto”, ha affermato in una nota Maarten-Jan Bakkum, Senior Emerging Market Strategist di NN Investment Partners, “con questi sviluppi, il quadro generale di crescita-inflazione-politica appare migliore rispetto a qualche settimana fa”. 

L’approccio del gestore, nonostante queste ragioni di ottimismo, rimane cauto sull’azionario globale – ancora ‘neutrale’ nel portafoglio di NN IP. Infatti, “persistono alcune grandi incertezze”, ha proseguito Bakkum: “i prezzi dei generi alimentari e dell’energia continuano a salire a causa della guerra in Ucraina; ciò significa che i redditi disponibili rimarranno sotto pressione quasi ovunque”. Inoltre, “l’aumento dei prezzi dei fattori produttivi”, come l’energia e le altre materie prime, “sta esercitando un’ulteriore pressione sui costi di produzione, con conseguente riduzione dei margini per le aziende”, ha affermato Bakkum, “per questo motivo possiamo aspettarci una maggiore debolezza della fiducia delle imprese e, in ultima analisi, della spesa in conto capitale”. Tutto questo rappresenta non solo una cattiva premessa per la crescita economica, ma anche per l’andamento degli utili aziendali e, di conseguenza, per le performance azionarie. 

Secondo Bakkum l’attuale scenario rimane interessante per l’investimento in materie prime, fra le asset class che meglio hanno retto la stagione inaugurata dalla guerra in Ucraina. 

Il punto sulle commodity: petrolio ed energia 

“I prezzi elevati delle materie prime continuano a creare rischi per la crescita e l’inflazione in tutto il mondo, ma anche opportunità per gli investitori”, ha dichiarato l’esperto di NNIP, “i rischi per l’approvvigionamento energetico e alimentare continuano ad aumentare a causa della guerra in Ucraina e della strategia della Russia che è quella di interrompere il più possibile l’offerta, così come a causa dell’inasprimento delle sanzioni europee”. 

Su questo punto Bakkum ritiene che “l’ultimo divieto imposto dall’Ue sul petrolio russo dovrebbe provocare un’ulteriore contrazione del mercato energetico, proprio nel momento in cui la mobilità cinese si sta riprendendo e la stagione estiva degli Stati Uniti sta per iniziare”. Dopo che il Consiglio europeo ha delineato l’embargo del petrolio russo, a fine maggio, il barile Brent ha raggiunto, nel giro di alcuni giorni, il suo livello massimo dal 25 marzo, oltre quota 120 dollari. 

Vento a favore per le soft commodities 

“Anche i mercati agricoli continuano a restringersi a causa del forte calo delle semine in Ucraina (-30% su base annua) e delle strozzature logistiche in Ucraina, come la mancanza di gasolio e il blocco del porto di Odessa”, ha aggiunto Bakkum, “21 milioni di tonnellate di grano sono attualmente bloccate nei magazzini ucraini”. Inoltre, “si aggiunge ai problemi anche il divieto di esportazione del grano imposto dall’India, a causa dell’ondata di caldo di marzo, che secondo le stime ha provocato un calo dei raccolti di circa il 20%”. Sono tutti elementi che lasciano immaginare un aumento dei prezzi per le soft commodity. 

L’effetto Fed sui metalli preziosi 

“I metalli preziosi potrebbero trarre vantaggio dalle aspettative del mercato secondo cui l’atteggiamento da falco della Fed avrebbe raggiunto il suo apice”: se queste aspettative fossero realizzate andrebbe a raffreddarsi l’aumento dei rendimenti di titoli-rifugio come i Treasury, a tutto beneficio di oro, argento e altri safe havens. Qualora questo dovesse accadere, però, “è probabile che si tratti di un effetto a breve termine”, ha dichiarato Bakkum. Piuttosto, “vediamo benefici più duraturi per i metalli industriali, derivanti dalla riapertura della Cina e dall’aumento degli stimoli politici, in particolare per l’edilizia e le infrastrutture”.

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