“Il Btp? È il nemico pubblico numero uno”: a ricorrere scherzosamente a questa definizione è stato il direttore vendite di una nota società di risparmio gestito, durante una conferenza tenuta a maggio presso Borsa Italiana. Nella battuta sul “nemico Btp” si riflette una percezione diffusa fra i membri del settore: il titolo di Stato italiano, grazie all’aumento dei rendimenti registrato a partire dalla seconda metà del 2022, ha ostacolato la vendita di fondi d’investimento. La certezza della cedola offerta dal Btp, arrivata a livelli mai visti in oltre dieci anni, ha scoraggiato l’acquisto di fondi il cui rendimento, invece, non è garantito: questa maggiore incertezza ha punito soprattutto i prodotti misti azioni-bond, ma anche gli azionari puri.
Nel 2023 sono fuoriusciti dai fondi aperti 8,5 miliardi di euro, ha calcolato Assogestioni, mentre nei primi tre mesi di quest’anno il rosso è stato di 2,77 miliardi. Nel solo mese di marzo, grazie alla raccolta di fondi obbligazionari e monetari, la raccolta netta è tornata positiva per 1,92 miliardi. A livello europeo le tendenze sono state analoghe. Nel 2022 la vendita netta di fondi Ucits europea è stata negativa per 168 miliardi di euro, si legge dai rapporti di Efama, mentre nel 2023 c’è stato un recupero da 181 miliardi – una raccolta netta lontana dai livelli straordinari del 2021, quando raggiunse gli 812 miliardi. Anche la raccolta segnata nel 2020, pari a 470 miliardi, sembra ancora molto lontana.
La speranza, per gli operatori del risparmio gestito, è che il graduale rientro dei tassi d’interesse, dal picco raggiunto nel settembre scorso, possa riaccendere la golosità degli investitori italiani verso i fondi – assumendo che i rendimenti dei Btp scenderanno nei prossimi mesi. Ma in che misura accadrà alla luce degli ultimi sviluppi?
Btp Valore sottotono: è l’inizio di una nuova fase?
Un primo segnale di una possibile inversione di tendenza potrebbe essere arrivato con l’emissione di maggio del Btp Valore, la cui raccolta di 11,22 miliardi di euro è stata quella nettamente più contenuta fra le quattro emissioni portate a termine dal Tesoro. Appena lo scorso marzo, la precedente emissione di Btp Valore aveva raccolto la cifra record di 18,31 miliardi – mentre le emissioni di ottobre e giugno 2023 avevano avuto controvalori da 17,19 e 18,19 miliardi, rispettivamente. Non è chiaro quanto possa aver inciso il fattore rendimento sui risultati dell’ultima vendita di Btp retail. Di fatto, la differenza nel rendimento netto fra le ultime emissioni di Btp Valore non era molto elevata, fra cedole e premio, attestandosi nell’ordine dei 2 punti base all’anno in favore della più recente emissione – che però ha raccolto sette miliardi in meno rispetto a quella precedente.
Se dietro il parziale insuccesso del Btp Valore di maggio ci fosse semplicemente una minore disponibilità di risparmio investibile (“sono finiti i soldi”, aveva scherzosamente commentato lo stesso esponente citato in apertura), non sarebbe poi una grande notizia per gli affari dell’industria del risparmio.
Tassi, potrebbero calare più tardi e in minor misura
A complicare ulteriormente le previsioni per il risparmio gestito è che l’auspicato rientro dei tassi d’interesse potrebbe essere più lento e limitato del previsto – il che potrebbe prolungare la concorrenza di Btp e titoli di Stato per molto tempo ancora. Questo è uno dei temi più dibattuti fra gli analisti finanziari: anche se il primo taglio dei tassi Bce a giugno è ormai scontato, viste le esternazioni anche da parte di membri falchi del consiglio direttivo Bce, lo spazio per una robusta riduzione dei tassi potrebbe essersi ridotto per l’Eurotower, a causa dei tagli posticipati da parte della Federal Reserve. Inoltre, la riduzione del bilancio della Bce potrebbe in qualche modo controbilanciare la discesa dei tassi, perché sempre più Btp in scadenza dovranno essere rifinanziati senza poter contare sui riacquisti della banca centrale. A partire dal 2025, infatti, tutti i titoli acquistati dalla Bce tramite il piano anti-pandemico Pepp, saranno lasciati scadere senza reinvestimenti.

Secondo le proiezioni elaborate da Prometeia e presentate da Aipb ad aprile, il rendimento del Btp decennale sarebbe destinato a crescere da qui alla fine del 2026 portandosi in area 4,5% – il che potrebbe indicare una scomoda concorrenza del “nemico numero uno” del risparmio gestito per ancora diverso tempo.