Il risiko bancario non è che un pesciolino mangiato da pesci sempre più grossi: ora tocca a Banco Bpm, che dopo aver superato tutte le tappe per acquisire Anima, si trova sul piatto di UniCredit, che oggi ha avuto il via libera dalla Consob per acquisire il gruppo guidato da Giuseppe Castagna. Il periodo di adesione partirà in data 28 aprile 2025, e terminerà il 23 giugno. Ai prezzi del 1° aprile 2025, l’offerta pubblica di scambio di Piazza Gae Aulenti su Piazza Meda, varrebbe 13,9 miliardi. In caso di adesione integrale da parte degli azionisti di Banco Bpm, a questi ultimi andranno circa 265 milioni di azioni UniCredit, circa il 14,55% del capitale della banca guidata da Andrea Orcel.
Per ciascuna azione di Bpm portata in adesione all’ops, Unicredit riconoscerà un corrispettivo unitario di 0,175 azioni ordinarie di nuova emissione, aventi le stesse caratteristiche delle azioni ordinarie di Unicredit già in circolazione. A occuparsi della raccolta delle adesioni, saranno la stessa Unicredit,Equita, Mps, Bnp Paribas, Bpere Cassa di Risparmio di Bolzano.
Quali vantaggi dalla fusione Unicredit-Bpm?
Come Unicredit ha comunicato nel documento dell’offerta, con Banco Bpm non solo si rafforzerebbe in Italia, ma dall’integrazione emergerebbero “benefici economici” pari a sinergie annuali stimate in circa 1,2 miliardidi euro (ante imposte) a regime, “grazie all’ottimizzazione delle attività e dei processi e alla razionalizzazione delle fabbriche prodotto”. L’acquisizione, inoltre, “consentirebbe di accelerare gli investimenti in innovazione e digitalizzazione, cruciali per rispondere alle dinamiche di mercato e migliorare l’esperienza della clientela, attraverso l’integrazione di piattaforme tecnologiche avanzate e scalabili».
Piazza Gae Aulenti rafforzerebbe “significativamente” il proprio franchise in Italia, ampliando la propriapresenza territoriale, in particolare nel nord Italia, aree in cui la rete di Banco Bpm, (composta da oltre mille filiali) “rappresenta circa il 70% della sua distribuzione complessiva”. La mossa dunque “porterebbe al consolidamento della quota di mercato per numero di filiali di Unicredit nel nord Italia, con un incremento della quota complessiva di mercato nazionale, sia in termini di crediti alla clientela sia di depositi, migliorando lacapillarità della distribuzione dei servizi prestati alla clientela»”, si legge nel documento. Inoltre, l’aggregazione consentirebbe a Unicredit di “garantire ai circa quattro milioni di clientidiBanco Bpml’accesso diretto a un franchise internazionale e a un’ampia gamma di prodotti e servizi avanzati, facendo leva sulle competenze e sulle risorse di una solida banca commerciale paneuropea”.
Il risiko però non è così semplice. Il possibile ruolo di Crédit Agricole
Come ha più volte affermato l’amministratore delegato di Banco Bpm Giuseppe Castagna, il suo gruppo vuole restare “da solo”. In questa direzione andava anche l’acquisizione di Anima, volta a rendere la società meno appetibile, specialmente dopo il rilancio del prezzo d’acquisto. C’è però un terzo soggetto, fra Unicredit e Bpm: Crédit Agricole. La banca francese, che già possedeva il 9,9% di Banco Bpm, nel giorno (il 2/4) in cui ha avuto dalla Bce l’autorizzazione a salire al 19,9% del capitale di Piazza Meda, ha fatto sapere di essere al 19,8%. Con chi si alleerà, nel gioco delle fusioni bancarie?
Vari scenari si profilano all’orizzonte. Potrebbe allearsi con Unicredit, che distribuisce i prodotti della sua controllata Amundi. Si noti che senza il supporto di Crédit Agricole, le possibilità di successo per Unicredit si riducono. In un altro scenario, la banca francese potrebbe allearsi con Bpm, con cui controlla Agos. Ma esiste (almeno) un terzo scenario: il Credito potrebbe diventare alleata del governo al fine di creare un terzo polo bancario con Mps e Mediobanca. E forse la stessa Bpm, che però ribadisce di voler stare da sola.