Grigio, blu, verde: i colori dell’idrogeno
Esistono molti modi per produrre idrogeno, ma attualmente il 96% di quello prodotto sulla Terra viene estratto dal metano (un potente gas serra) attraverso un processo denominato “reforming con vapore” (SMR, Steam Gas Reforming) che, grazie all’utilizzo di temperature elevate, consente di ottenere idrogeno in forma gassosa. L’idrogeno prodotto in questo modo è detto idrogeno “grigio”. L’idrogeno diventa invece “blu” quando si utilizza lo stesso processo di produzione dell’idrogeno grigio, ma si provvede alla cattura e allo stoccaggio del carbonio (CCS, Carbon Capture and Storage), nello specifico della CO2, che è un sottoprodotto della reazione chimica utilizzata. È possibile produrre idrogeno anche a partire dall’acqua, con una tecnica denominata “elettrolisi”, che utilizza l’energia elettrica per separare gli atomi di idrogeno contenuti nelle molecole d’acqua. Se l’energia elettrica utilizzata proviene da fonti rinnovabili, l’idrogeno prodotto viene definito “verde”. Se invece l’energia proviene da fonti nucleari, si parla di idrogeno “rosa”.
La fonte di energia pulita per eccellenza
L’idrogeno riveste già un ruolo essenziale in una grande varietà di segmenti industriali, da quello delle vernici a quello dei fertilizzanti, passando per il settore manifatturiero e per quello agricolo. Grazie alla sua versatilità, questo elemento viene spesso dipinto da governi e aziende come la fonte di energia pulita per eccellenza. Nel piano in dieci punti per la rivoluzione industriale green stilato dal Regno Unito, l’idrogeno viene menzionato ben 56 volte, mentre l’eolico riceve solo 28 menzioni e l’energia nucleare viene nominata solo 16 volte. L’investimento promesso dal primo ministro inglese Boris Johnson, che ammonta a 12 miliardi di denaro pubblico, si basa anche sulla stima secondo cui nei prossimi nove anni l’obiettivo della transizione “verde” genererà un investimento triplo da parte del settore privato. Il piano del Regno Unito parte dall’ipotesi che l’idrogeno diventi in futuro un componente essenziale del cosiddetto “mix energetico” di energie alternative.
Uno dei principali punti forti dell’idrogeno è il suo potenziale come alternativa al carbone nella produzione dell’acciaio, che da sola è responsabile del 7% delle emissioni a livello globale. Diversi tra i più grandi produttori di acciaio europei hanno dichiarato di voler utilizzare l’idrogeno per ridurre le emissioni di CO2. Questa decisione potrebbe incentivare le organizzazioni di altri settori con emissioni importanti, come quello del trasporto marittimo, a valutare la possibilità di usare l’idrogeno per ridurre la propria impronta ecologica.
Qualche difficoltà nella sua adozione
L’adozione dell’idrogeno su vasta scala presenta, tuttavia, diverse difficoltà. Innanzitutto, è necessario incrementare la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, cosa che comporta alcuni problemi. Per ridurre le emissioni di gas serra, occorre smettere di affidarsi ai combustibili fossili per passare a fonti di energia elettrica rinnovabili. Ad oggi, solo il 29% dell’energia elettrica prodotta nel mondo proviene da fonti rinnovabili. Secondo la roadmap proposta dalla IEA (International Energy Agency, Agenzia internazionale per l’energia) nel documento “Net Zero by 2050”, per produrre il volume di idrogeno “verde” necessario per la transizione globale all’energia pulita occorrerebbe una quantità di energia elettrica pari ai 4/5 di quella prodotta in tutto il mondo nel 2020. Se non si supera questo ostacolo, si rischia di dare luogo a un “doppio riscaldamento globale”, dovuto da un lato all’incapacità di produrre idrogeno a sufficienza per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, e dall’altro all’ancora maggiore dipendenza dai combustibili fossili necessaria per alimentare gli elettrolizzatori o effettuare il reforming con vapore.
Idrogeno, perché è centrale
Con il passaggio a un’economia a zero emissioni, il consumo di energia elettrica è destinato ad aumentare insieme all’uso di nuovi prodotti come le auto elettriche. Soddisfare in modo sostenibile questa crescente domanda sarà impegnativo, poiché già ora le fonti rinnovabili che utilizziamo sono sotto pressione. In Europa, è necessario sostituire con energie rinnovabili le centrali nucleari, sempre più datate, ma anche le centrali a carbone e a gas dismesse. In altri Paesi, come la Cina e l’India, l’elevata popolazione spinge al limite la domanda di fonti affidabili di energia pulita. A differenza dell’Europa, questi Paesi stanno investendo in una nuova generazione di centrali nucleari, che rappresenteranno un fattore di stabilità essenziale nel panorama dell’energia a emissioni ridotte, soprattutto se teniamo conto del fatto che in queste regioni la domanda di energia continua a crescere rapidamente.
Quali sfide affrontare prima?
Le sfide che dobbiamo vincere per produrre una quantità di energia elettrica a emissioni ridotte tale da consentire di produrre idrogeno sono molte: non sorprende, dunque, il fatto che i maggiori sostenitori dell’idrogeno siano attivi nel settore del petrolio e del gas naturale. Queste aziende, che sono quelle con l’impronta ecologica più elevata, si sono rapidamente rese conto che l’idrogeno è potenzialmente in grado di creare nuove opportunità commerciali, in particolare per quanto riguarda il gas naturale. Stanno pertanto trasformando il proprio modello di business per spostarsi verso l’idrogeno blu e stanno sviluppando ambiziosi programmi per la gestione del carbonio e la cattura delle emissioni. Ma se scommettiamo sull’idrogeno blu, corriamo forse il rischio di ritrovarci con ancora più idrogeno grigio?
I processi di CCS, che consentono di catturare le emissioni di gas serra e iniettarle nuovamente nel terreno, possono accelerare la produzione di idrogeno a emissioni ridotte a partire dal gas naturale. Al momento l’idrogeno blu rappresenta però meno dell’1% della produzione globale di idrogeno, poiché è costoso e presenta alcune difficoltà logistiche. Sulla base degli sviluppi attuali, sembra che la via meno problematica da seguire sia quella di aumentare sufficientemente la quota di idrogeno blu entro il 2050 per poter rispondere alla domanda energetica globale.
Un altro fattore che limita lo sviluppo energetico basato sull’idrogeno è la necessità di utilizzare il nichel per fabbricare gli elettrolizzatori: questo elemento è infatti un componente fondamentale anche delle batterie per le auto elettriche, un altro campo la cui crescita sarà fortemente sostenuta dall’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni. Come potremo produrre una quantità di elettrolizzatori sufficiente a rispondere alla domanda di idrogeno “verde” del mercato e fabbricare al contempo abbastanza veicoli elettrici per soddisfare la crescente richiesta da parte dei consumatori? Il programma Net Zero dell’IEA stima che entro il 2030 la potenza degli elettrolizzatori dovrà arrivare a 850 gigawatt (GW), a fronte dei soli 0,3 GW di quelli prodotti oggi.
Per integrare l’idrogeno in un’economia a emissioni zero dobbiamo rispondere a due domande fondamentali: come fabbricheremo gli elettrolizzatori? E con cosa li alimenteremo? Aumentando la produzione di idrogeno si creerebbe una domanda di energia elettrica talmente elevata che non sarebbe possibile soddisfarla affidandosi unicamente alle energie rinnovabili. Dobbiamo quindi utilizzare l’idrogeno in modo strategico, per poter massimizzare la riduzione delle emissioni di gas serra con il minimo costo. Per esempio, i camion potrebbero essere sostituiti dai treni ad alimentazione elettrica, mentre sarebbe utile investire in imbarcazioni a idrogeno, poiché le navi in generale, e particolarmente quelle da carico, sono troppo grandi per essere alimentate con energia elettrica.
Se intendiamo davvero sfruttare appieno il potenziale dell’idrogeno, è necessario investire su tutta la sua “scala cromatica” per aumentarne a sufficienza la produzione. Dobbiamo incrementare la produzione elettrica mondiale, ma dobbiamo farlo in modo sostenibile, sfruttando tutte le fonti di energia a emissioni ridotte che abbiamo a disposizione. L’idrogeno è il più piccolo degli elementi, ma ha le carte in regola per rivestire un ruolo da protagonista nella transizione verso un’economia a basse emissioni.
David Czupryna, Head of ESG Client Portfolio Management – Candriam
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