Rinuncia all’eredità: di cosa si tratta?
Il chiamato all’eredità ha diritto di non accettarla laddove ritenga che, per diverse ragioni, l’eventuale accettazione potrebbe pregiudicare dei suoi diritti o laddove l’ingresso nel patrimonio del de cuius non sia, dal punto di vista economico-patrimoniale, conveniente.
Si pensi al tipico esempio in cui i debiti del defunto sono superiori ai crediti: il chiamato all’eredità in questo caso potrebbe preferire rinunciare alla sua porzione di patrimonio per evitare di subentrare anche nelle passività del de cuius.
L’efficacia della rinuncia
Ai sensi dell’art. 519 c.c. la rinuncia all’eredità, per avere efficacia, deve essere espressamente manifestata.
Ciò vuol dire che il chiamato all’eredità deve esprimere, con un apposito atto, la volontà di non accettare il patrimonio a lui spettante per via ereditaria.
In questo senso, a mente della norma, il chiamato all’eredità deve presentare una dichiarazione di rinuncia presso un notaio o presso il cancelliere del tribunale ove è stata aperta la successione.
Cosa accade se la rinuncia non viene manifestata in questo modo? Laddove la rinuncia non dovesse seguire detta formalità si intenderà come non avvenuta. Di conseguenza il chiamato all’eredità, che pure in teoria aveva intenzione di rinunciare, verrà considerato alla stregua di un erede.
Perché è importante che la rinuncia segua queste formalità? Il legislatore, in questo modo, intende stimolare il chiamato all’eredità a ponderare attentamente la sua scelta, e dunque, in caso di volontà di rinunciare all’eredità, ad attivarsi in tal senso. Inoltre, attraverso la dichiarazione di rinuncia all’eredità e alla conseguente iscrizione dell’atto nel registro delle successioni, il legislatore intende garantire che l’atto di rinuncia sia portato alla conoscenza di eventuali terzi interessati.
Quando e come si effettua la rinuncia?
La rinuncia all’eredità deve essere, in linea generale, presentata prima della denuncia di successione e prima ancora che venga divisa l’eredità.
Inoltre, la rinuncia all’eredità non può essere sottoposta, da parte di chi intende rinunciare, a un termine o una condizione. Essa si manifesta integralmente, dunque non può limitarsi, ad esempio, ad una sola parte della quota di eredità spettante al chiamato.
La rinuncia all’eredità è definitiva?
No. La rinuncia all’eredità è revocabile.
Chiaramente questo è vero ma entro certi limiti. La rinuncia potrà essere revocata:
- a condizione che l’eredità non sia già stata acquistata da altri
- entro il termine di prescrizione del diritto di accettarla, il quale si perfeziona entro 10 anni.
Si può perdere il diritto a rinunciare all’eredità?
Il chiamato all’eredità non potrà rinunciare alla stessa laddove abbia assunto comportamenti, anche indirettamente, idonei a integrare una forma di accettazione dell’eredità.
Più in particolare, il chiamato si trova nella condizione di non poter più rinunciare all’eredità se ha sottratto, venduto o donato i beni di appartenenza del defunto. Queste condotte, infatti, determinano un potere di disposizione sui beni del de cuius e integrano una forma di accettazione tacita dell’eredità.
Occorre inoltre rilevare che rinunciare all’eredità dietro corrispettivo (a fronte di una proposta economica) implica accettazione tacita dell’eredità. Per questa ragione la rinuncia all’eredità può essere solo gratuita.
Reversibilità, Tfr, donazioni ed altri diritti: si perdono in caso di rinuncia?
Il chiamato all’eredità che decide di rinunciarvi non perde tutti i diritti legati alla successione.
In primo luogo, sono sottratti alla rinuncia i “legati” di cui è direttamente destinatario. Le qualità di erede e di legatario infatti sono tra loro indipendenti.
In secondo luogo, il rinunciante non perde il diritto di ritenere le donazioni ricevute dal de cuius.
Lo stesso discorso deve essere fatto per:
- Tfr: la rinuncia all’eredità non determina la perdita del diritto a vedersi liquidato il Tfr
- Reversibilità: la rinuncia all’eredità non intacca il diritto a ricevere, ove spettante, l’indennità di reversibilità del de cuius.
In particolare, la pensione di reversibilità e il Tfr rappresentano un diritto autonomo e separato dalla successione.
Attenzione all’accettazione tacita
Premesso che la qualità di erede si configura solo nel caso di accettazione dell’eredità, occorre prestare attenzione ai casi in cui l’eredità è considerata come accettata attraverso comportamenti taciti, indirettamente idonei a presupporre la volontà di accettare l’eredità.
Affinché un atto del chiamato all’eredità possa configurare accettazione tacita non si tiene solo conto degli atti dispositivi ma anche di quelli di mera gestione sui beni del defunto.
Occorre tuttavia, per valutare l’eventuale accettazione tacita, tenere non solo la singola fattispecie ma anche di molteplici fattori, tra cui quelli della natura ed importanza nonché della finalità degli atti di gestione compiuti dal chiamato.
In ogni caso, gli atti che darebbero luogo all’accettazione tacita devono essere atti incompatibili con la volontà di rinunziare e non altrimenti giustificabili se non con la veste di erede.
Al contrario, invece, sono privi di rilevanza quegli atti che non denotano in maniera univoca un’effettiva assunzione della qualità di erede, occorrendo accertare se il chiamato si sia mantenuto o meno nei limiti della conservazione e dell’ordinaria amministrazione del patrimonio ereditario; atti quindi che non provochino la mutazione dello status da chiamato ad erede.
In base all’art. 521 c.c., «chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato», con la conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente — cioè a far data dall’apertura della successione.
Diverso discorso, invece, deve essere fatto nel caso in cui la rinuncia venga espressa o manifestata nel corso di un giudizio legato all’eredità. La giurisprudenza ritiene che il fatto che il chiamato all’eredità che abbia ricevuto ed accettato la notifica di una citazione o di un ricorso per debiti del de cuius, così come il fatto che si sia costituito eccependo la propria carenza di legittimazione, non può configurarsi come accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atto pienamente compatibile con la volontà di non accettare l’eredità.