Il diritto di accettare l’eredità è un diritto potestativo che spetta al delato all’eredità e che può venire meno, tra le altre cose, per rinunzia compiuta dal delato.
Cos’è la rinuncia all’eredità
La rinuncia all’eredità si può definire come il negozio giuridico con il quale il chiamato dismette il diritto di accettare l’eredità, senza trasferirlo ad altri. È un negozio unilaterale e non recettizio, a forma solenne in quanto l’art. 519 c.c. prescrive che esso deve farsi, a pena di nullità, a mezzo di dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondiario in cui si è aperta la successione.
Effetti della rinuncia all’eredità
La rinuncia, ai sensi dell’art. 520 c.c., non può essere condizionata, né a termine, né parziale, e l’art. 521 c.c. ne stabilisce l’effetto retroattivo (“chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”), disponendo altresì il medesimo articolo che il rinunciante possa ritenere la donazione o domandare il legato a lui fatto fino a concorrenza della porzione disponibile.
Esclusione della responsabilità per i debiti del defunto
La rinuncia all’eredità, avendo effetto retroattivo ex art. 521 cod. civ., determina anche la non responsabilità del chiamato per i debiti del de cuius (così secondo Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 14/08/2024, n. 22839 l’avviso di accertamento verso il rinunciante non può assumere definitività ed efficacia preclusiva in capo al medesimo)
Così, gli eredi che abbiano rinunciato all’eredità non possono essere considerati legittimati passivi in un giudizio riassunto dopo la morte del de cuius. Tale rinuncia, se depositata tempestivamente, legittima la loro estromissione dal giudizio.
Quando e come si può impugnare la rinuncia all’eredità
La rinuncia è, secondo i limiti dettati dagli artt. 524 c.c. e seguenti, un atto impugnabile sia dallo stesso autore della rinuncia, sia dai suoi creditori.
Impugnazione della rinuncia da parte del rinunciante
L’impugnazione della rinuncia da parte del rinunciante può farsi, ai sensi dell’art. 526 c.c., solo per violenza o dolo, nel termine di prescrizione di cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo.
Impugnazione della rinuncia da parte dei creditori
Per quanto riguarda l’impugnazione da parte dei creditori, dispone l’art. 524 c.c. che:
- “(1) se taluno rinunzia, benché senza frode, a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti;
- (2) Il diritto dei creditori si prescrive in cinque anni dalla rinunzia”.
Va chiarito che, nonostante il tenore letterale della norma, a seguito del vittorioso esperimento dell’impugnazione della rinuncia né i creditori né il rinunciante accettano l’eredità o conseguono i beni ereditari: si tratta in realtà di un’azione di natura esclusivamente strumentale e cautelare, che autorizza i creditori non ad accettare effettivamente l’eredità, ma solo a procedere esecutivamente sui beni ereditari fino al soddisfacimento dei loro crediti.
I presupposti dell’impugnazione della rinuncia
L’impugnazione richiede, in linea generale, due presupposti:
– che l’eredità rinunciata sia attiva, e pertanto atta a incrementare il patrimonio del debitore e favorire il soddisfacimento dei creditori;
– che il patrimonio del debitore non sia di per sé sufficiente a garantire i debiti.
Effetti dell’impugnazione della rinuncia
L’impugnazione della rinuncia non instaura un procedimento di volontaria giurisdizione, ma un contenzioso ordinario.
La domanda e la sentenza che definisce il giudizio sono trascrivibili ai sensi dell’art. 2652 c.c., secondo il quale “si devono trascrivere, qualora si riferiscano ai diritti menzionati nell’articolo 2643, le domande giudiziali indicate dai numeri seguenti, agli effetti per ciascuna di esse previsti: 1) le domande di risoluzione dei contratti e quelle indicate dal secondo comma dell’articolo 648 e dall’ultimo comma dell’articolo 793, le domande di rescissione, le domande di revocazione delle donazioni, nonché quelle indicate dall’articolo 524”).
L’effetto per i creditori è retroattivo, nel senso che la trascrizione della domanda (se proposta anche contro colui il quale ha beneficiario della rinunzia in quanto convocato in giudizio, cfr. Cass. 15468/2003) e della sentenza prevale sulle trascrizioni posteriori, anche contro terzi aventi causa.
Chi può impugnare la rinuncia?
La legittimazione attiva all’azione è riconosciuta a tutti coloro che vantino una ragione di credito, anche se non ancora accertata nel suo preciso ammontare, non risultando necessario che il credito sia liquido ed esigibile essendo, quello in esame, un rimedio cautelare; è necessario che il credito sia sorto prima della rinunzia. L’azione del creditore si prescrive in 5 anni dalla rinuncia.
Quali sono le decisioni e le sentenze più importanti sulla rinuncia all’eredità?
La norma è stata oggetto di recente decisione della Suprema Corte (n. 25347/2023) la quale ha affermato che si discute sulla questione della possibilità di applicazione del rimedio ex art. 524 cod. civ. a favore dei creditori soltanto in presenza di una rinuncia “formale” oppure anche nelle ipotesi di decadenza del chiamato dal diritto di accettare l’eredità a seguito dell’esperimento dell’actio interrogatoria ex art. 481 cod. civ. o ai sensi dell’art. 487, comma 3, cod. civ., ovvero nel caso di maturata prescrizione.
Cosa ha stabilito il Tribunale di Bologna nella sentenza del 15 maggio 2024, n. 1438?
Il Tribunale di Bologna del 15 maggio 2024 n 1438 ha ritenuto che l’azione ex art. 524 c.c. è ammissibile unicamente ove i creditori abbiano richiesto, ai sensi dell’art. 481 c.c., la fissazione di un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinuncia all’eredità quando non sia ancora maturata la prescrizione del diritto di accettare l’eredità ex art. 480 c.c.
In caso contrario si finirebbe per rimettere impropriamente in termini i creditori, anche con evidente pregiudizio dei successivi accettanti che confidano nella decorrenza di un termine prescrizionale per l’azione dei creditori inferiore a quello ordinario decennale ( cfr. Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 15664 del 23.07.2020; Cass. Sez. 2, n. 33479 dell’11.11.2021).
Cosa dice la Cassazione sulla revoca della rinuncia all’eredità? (Sentenza n. 20562/2008)
Altra sentenza la n. 20562/2008 della Suprema Corte ha riconosciuto all’azione regolata dall’art. 524 cod. civ. natura recuperatoria, mirando essa a rendere inopponibile al creditore la rinuncia del chiamato all’eredità e a consentirgli di soddisfarsi sui beni ereditari che per il chiamato all’eredità si sono ormai perduti in conseguenza della sua rinuncia all’eredità senza però fare assumere al chiamato la qualità di erede.
Lo strumento dell’art. 524 cod. civ. unisce dunque elementi propri dell’azione revocatoria ordinaria, dove tende a rendere inefficace la rinuncia nei soli confronti del creditore impugnante, e dell’azione surrogatoria, dove consente di accettare l’eredità rinunciata spettante al chiamato all’eredità con possibilità di immediato soddisfacimento sui beni ereditari così acquisiti nei soli limiti necessari a estinguere il credito, e permette di evitare il necessario esperimento consecutivo e farraginoso dell’azione revocatoria ordinaria e dell’azione surrogatoria, con rischi di inammissibilità.
Detta norma contempera da un lato l’esigenza di tutela della volontà del testatore e della libertà del chiamato all’eredità nell’accettare, o non accettare l’eredità, e dall’altro l’esigenza di tutela del credito vantato dal creditore del chiamato, senza produrre effetti indesiderati, contrastanti, oltre il necessario, con la volontà del chiamato all’eredità, quali l’imposizione dell’accettazione dell’eredità, con le conseguenze che ne derivano sul piano personale e sul piano patrimoniale per la connessa responsabilità per i debiti del defunto.
Quali dubbi sulla rinuncia all’eredità dovranno chiarire le Sezioni Unite della Cassazione?
Interessante è, in tema, la recente ordinanza in data 2 gennaio 2025 n 23 della sez II della Cassazione che ha rimesso alle Sezioni Unite di risolvere la questione se lo strumento dell’art 524 cc sia utilizzabile nel caso di rinuncia all’azione di riduzione del legittimario pretermesso.
Infatti, il legittimario totalmente pretermesso non è considerato tra i chiamati all’eredità. Di conseguenza, a differenza degli altri beneficiari della delazione ereditaria, che diventano eredi con l’accettazione, il legittimario pretermesso acquista la qualità di erede solo dopo aver esercitato con successo l’azione di riduzione per lesione di legittima.
Pertanto, le Sezioni Unite della Corte devono risolvere la seguente questione: quale soluzione sia più corretta tra:
- a) rivalutare lo strumento dell’impugnazione della rinuncia da parte dei creditori (previsto dall’art. 524 del codice civile),
- b) accogliere la posizione più drastica, secondo cui l’azione ex art. 524 c.c. – mediante la quale i creditori del rinunciante all’eredità chiedono di essere autorizzati all’accettazione con beneficio d’inventario, in nome e luogo del rinunciante stesso – non può essere esperita quando la rinuncia provenga dal legittimario pretermesso, non potendo quest’ultimo essere qualificato chiamato all’eredità, prima dell’accoglimento dell’azione di riduzione che abbia rimosso l’efficacia preclusiva delle disposizioni testamentarie.
Rinuncia all’eredità per i minori: come funziona?
Interessante è anche un’altra recente decisione della Suprema Corte a Sez. Unite, del 06/12/2024, n. 3130: la dichiarazione di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario resa dal legale rappresentante del minore, anche se non seguita dalla redazione dell’inventario, fa acquisire al minore la qualità di erede, rendendo priva di efficacia la rinuncia manifestata dallo stesso dopo il raggiungimento della maggiore età.
Si riconosce al minore la qualità di erede, per effetto della dichiarazione di accettazione del suo legale rappresentante, anche se non accompagnata dall’inventario, e si nega per l’effetto la facoltà di una valida rinuncia successiva.
La ragione principale risiede nel rilievo che l’accettazione beneficiata è sempre accettazione dell’eredità, esprimendo la relativa dichiarazione la volontà del chiamato di succedere nel patrimonio del defunto.