Il chiamato sotto condizione sospensiva e il chiamato in subordine: chi sono
Il chiamato sotto condizione sospensiva è il soggetto designato dal testatore come erede purché si verifichi un determinato evento, indicato dal testatore nella stessa scheda testamentaria (ad esempio, “istituisco mio figlio Caio erede sotto la condizione sospensiva che si laurei in giurisprudenza”).
Il chiamato ulteriore è quel soggetto che matura il diritto di accettare l’eredità soltanto se un altro soggetto, il primo chiamato, non possa o non voglia accettare la sua chiamata.
Differenti interpretazioni sulla categoria dei chiamati ulteriori (o in subordine)
Un’interpretazione ampia della categoria dei chiamati ulteriori vi fa rientrare tutte le ipotesi in cui dei soggetti sono chiamati alla successione in esito alla mancata accettazione del primo istituito (sostituzione ordinaria e fedecommissaria, rappresentazione, erede legittimo in mancanza di erede testamentario); mentre la giurisprudenza tende a differenziare le ipotesi:
- (i) nella categoria dei “chiamati ulteriori” vi rientrerebbero solo i soggetti indicati dagli artt. 522 e 523 c.c., cioè solo gli eredi legittimi che subentrino per mancata operatività di una istituzione testamentaria, l’erede legittimo di grado più lontano, o il subentrante per rappresentazione. A costoro si applicherebbe il termine prescrizionale dell’art. 480, comma 3 c.c.;
- (ii) i sostituti, tanto nella sostituzione ordinaria e fedecommissaria, vengono invece parificati all’istituito sotto condizione sospensiva, in quanto il testatore vuole la loro istituzione di erede al verificarsi di un certo evento (cioè la mancata accettazione dell’eredità da parte del primo istituto), con conseguente applicazione del termine prescrizione di cui all’art. 480, comma 2 c.c.
Discussione aperta per tutti i chiamati (sotto condizione sospensiva o ulteriori)
Ad ogni modo si discute, tanto per gli istituiti sotto condizione sospensiva quanto per i chiamati ulteriori (a prescindere, per questi ultimi, dall’estensione della nozione cui si intende aderire), se sia possibile porre in essere un atto di accettazione dell’eredità anche prima che si verifichino i presupposti per la concretizzazione della chiamata.
Due tesi a confronto
In altri termini, si discute se nelle ipotesi sopra descritte non si realizzi alcuna delazione immediata, esistendo solo una aspettativa di delazione che potrà divenire attuale o meno a seconda del verificarsi, caso per caso, dell’evento che ne determina il presupposto, ovvero la delazione sia immediata, sebbene condizionale.
La dottrina prevalente si schiera a favore della prima tesi
A favore della prima tesi, cioè della mera aspettativa di delazione, che legittima solo azioni cautelari e conservative, si schiera la dottrina prevalente.
L’argomento si fonda, in via prevalente ma non esclusiva, sulla formulazione dell’art. 480, comma 2 c.c. che dispone “Il termine [per l’accettazione] decorre dal giorno dell’apertura della successione e, in caso d’istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione. In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa”: la norma sarebbe espressione della regola generale contenuta nell’art. 2935 c.c., a dimostrazione che il diritto di accettare non può essere fatto valere proprio perché ancora non spetta al chiamato.
Quanto poi in particolare ai chiamati ulteriori, il cui termine prescrizionale è disciplinato dall’art. 480, comma 3 c.c. (“Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno”), la scelta legislativa si giustificherebbe con il fatto che ai chiamati ulteriori è concessa, contro l’inerzia dei primi istituiti, il rimedio dell’actio interrogatoria.
Ne segue che qualsiasi atto di accettazione (o rinunzia) dell’eredità, è da considerarsi tamquam non esset, inidoneo ad acquisire efficacia al verificarsi dell’evento condizionante e dovrà pertanto, in ipotesi, essere ripetuto.
La giurisprudenza prevalente si schiera a favore della seconda tesi
A favore della seconda tesi, cioè della delazione immediata pur condizionale, si schiera invece la prevalente giurisprudenza.
La norma di cui all’art. 480, comma 2 c.c. sarebbe dettata per ragioni di mera opportunità, e l’esistenza di una delazione immediata sarebbe confermata dall’art. 479 c.c. (“Se il chiamato all’eredità muore senza averla accettata, il diritto di accettarla si trasmette agli eredi”) e art. 139 disp. att. c.c. (“I diritti derivanti da una disposizione testamentaria sotto condizione sospensiva si trasmettono agli eredi dell’onorato, se questi muore dopo il 21 aprile 1940 senza che la condizione si sia verificata”).
Quanto ai chiamati ulteriori, invece, l’art. 480 comma 3 c.c., nel prevedere una decorrenza immediata del termine prescrizionale per l’accettazione anche per i chiamati ulteriori, sarebbe riconferma di una possibile accettazione immediata.
Pertanto, secondo questa seconda tesi, sarebbe possibile accettare immediatamente l’eredità, restando comunque l’accettazione ope legis condizionata al verificarsi del presupposto che rende attuale la delazione a favore del chiamato (cfr. Cass. 2743/2014; Cass. 9286/2000; Cass. 7073/1995).