«Il design odierno costituisce un sistema complesso. Nasce da competenze, culture professionali e comportamenti differenti. Il design italiano in particolare, che si distingue da sempre per la sua capacità di costruire relazioni virtuose tra prodotti, mercato e utenti, ha sempre più bisogno di conoscere a fondo le articolazioni di questo panorama. Con queste parole Luciano Galimberti, presidente di ADI Associazione per il Disegno Industriale ha presentato i dati del report “Design Economy 2023” oggi 14 aprile 2023 a Milano – alla presenza di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy – presso l’ADI Design Museum. Elaborato da Fondazione Symbola, Deloitte Private e POLI.design, con il supporto di ADI, Circolo del Design, Comieco, AlmaLaurea e CUID, il rapporto fotografa «un settore in crescita, con un alto numero di addetti, nuovi corsi e nuove strutture dedicate», afferma Francesco Zurlo, professore di POLI.Design e preside della Scuola del Design del Politecnico di Milano, «con prospettive di sviluppo interessanti», che guardano ai temi della sostenibilità (fondamentali per circa il 90% degli intervistati, ndr) dell’equità sociale, della «cultura del progetto».
L’economia del Design in Italia: un ecosistema frammentato ma in crescita
Il settore conta 36 mila operatori nel settore del design, sbilanciati a favore di liberi professionisti e autonomi (20.320 soggetti); le imprese sono 15.986, per un valore aggiunto totale nel 2021 pari a 2,94 miliardi, con 63 mila occupati. Un settore dunque «ancora molto frammentato», come sottolinea Ernesto Lanzillo, Deloitte Private leader. «È dunque importante pensare ad azioni mirate al rafforzamento delle competenze manageriali e imprenditoriali», tenendo a mente che «i rating di filiera e il rating esg potranno rappresentare un biglietto da visita per operare nel contesto globale», dove «la sostenibilità, tramite il buon governo societario, è un prerequisito fondamentale per rimanere sul mercato». Le imprese si distribuiscono su tutto il territorio nazionale, con una particolare concentrazione nelle aree di specializzazione del Made in Italy e in Lombardia, Piemonte, Emilia – Romagna e Veneto. Quivi si localizza il 60% delle imprese.
Tra le provincie primeggiano Milano (14,3% imprese e 18,4% valore aggiunto nazionale), Roma (6,6% e 5,3%), Torino (5,1% e 13,3%). Le imprese operano per il 32,8% all’estero (24,2% extra UE), per il 44,8% su scala nazionale e per il 22,4% su scala locale. Gli studenti sono 15.000, distribuiti in 91 istituti accreditati dal Ministero dell’Istruzione. Inoltre, prosegue Lanzillo, nonostante la frammentarietà «le imprese del design made in Italy hanno dimostrato grande forza e capacità di trasformazione in questi anni complessi, segnati dalla pandemia, dalla guerra in Ucraina e dall’inflazione che ne è derivata». Nonostante questo scenario complesso, «l’Italia si conferma il Paese europeo con il maggior numero di imprese attive nell’ambito del design, con vaste e positive ricadute sul territorio sia in termini di occupazione sia di valore aggiunto generato».
Milano si conferma capitale del Design
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La capitale del design italiano resta Milano, sede del Salone del Mobile e del Fuorisalone, fra le più importanti manifestazioni al mondo dedicate al design. Il capoluogo lombardo concentra il 18% dell’intero valore aggiunto del settore. La distribuzione regionale dei dati fa emergere la forte concentrazione di attività del design in Lombardia e in provincia di Milano. Il territorio lombardo raccoglie quasi il 30% delle imprese italiane (due terzi dei quali composto da liberi professionisti e lavoratori autonomi), quasi il 33% del valore aggiunto e poco più del 28% dell’occupazione complessiva. Si confermano a seguire Veneto (seconda per quota di imprese 11,5%, quarta per valore aggiunto, 11,0% e terza per occupazione, 11,6%), Emilia Romagna (terza per quota di imprese, 10,7%, ma seconda per valore aggiunto, 13,3% e occupazione, 13,0%), Piemonte (quarta per quota di imprese, 8,5%, unico caso in cui le imprese prevalgono su liberi professionisti e lavoratori autonomi, terza per valore aggiunto, 11,7% e quarta per occupazione, 11,5%). Nel complesso, le quattro regioni concentrano il 60% delle attività produttive, il 69% del prodotto e il 65% dell’occupazione nazionale.
In conclusione, dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, «la leadership italiana nel design conferma il suo fondamentale ruolo come infrastruttura immateriale del made in Italy. Nel pieno di una transizione verde e digitale, il design è chiamato nuovamente a dare forma, senso e bellezza al futuro. I prodotti, in un contesto di risorse scarse, dovranno necessariamente essere riprogettati per diventare più durevoli, riparabili, riutilizzabili. Il rapporto tra design e sostenibilità è alla base del nuovo Bauhaus per contribuire alla realizzazione del Green Deal europeo». Perché, «come scritto nel Manifesto di Assisi, affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro».