Normalmente si pensa che la prima Blockchain sia stata concepita dal misterioso Satoshi Nakamoto nel 2008 come reazione al fallimento del modello finanziario tradizionale conclamatosi con le crisi dei Mutui Subprime, dei Prodotti finanziari derivati, delle Banche, delle Assicurazioni e degli Stati sovrani innescatesi in quel fatidico anno e ancora oggi non interamente risolte. Invero già nel 1990 Stuart Haber e Scott Stornetta pubblicarono “How to time-stamp a digital document” e subito dopo, nel 1992, anche Cinthia Dwork e Moni Naor con “Pricing via processing or combatting junk mail” posero un’altra pietra miliare lungo il percorso che oggi ci ha portati ad uno sviluppo della Finanza decentralizzata che nessuno in allora avrebbe immaginato, tanto che Haber e Stornetta lasciarono scadere I termini per la tutela dei Diritti della loro concezione senza sfruttarli commercial mente. Dunque la concezione della prima Blockchain va ridatata a 18 anni prima? No a vari Secoli prima.
L’isola di Yap, che si trova nell’Oceano Pacifico occidentale, per la precisione in Micronesia, vanta una popolazione che da Secoli è conosciuta per la sua cultura ricca di tradizioni e costumi unici – un po’ come, per altri versi in Polinesia, lo è la popolazione di Rapa Nui coi suoi moai – e i rai sono parte integrante di questa cultura. Si tratta di grandi pietre circolari con un foro centrale (per facilitarne il trasporto infilandole in tronchi di legno) di pietra calcarea scolpita. Queste, chiamate anche monete “di pietra” e che gli yapesi hanno da tempi immemori cavate in ambienti insulari lontanissimi dal loro, sono “l’asset” monetario principale della società yapese. Dal momento che cavare queste pietre necessita una grande quantità di lavoro, così come il loro trasporto via mare s ll’isola di Yap, i rai rappresentano un parametro piuttosto probante (proof of work) del valore del lavoro profuso per realizzarli ed acquisirne la proprietà e, da qui, risulta specificamente la loro valenza come moneta con un proprio valore.
I rai venivano così usati come forma di moneta e utilizzati per transazioni commerciali, lasciati in eredità o adoperati come dote matrimoniale e il loro valore non era necessariamente collegato solo alle dimensioni o alla qualità della scolpitura, ma anche, per l’appunto, a elementi come il viaggio attraverso il quale era stata trasportata e il lavoro svolto per ottenerla. E talvolta (se l’ulteriore lavoro da profondere era ritenuto superfluo) non era neppure necessario che un rai dovesse essere trasportato nel “cortile di casa” del proprietario: addirittura, taluni rai finiti disgraziatamente in fondo al mare prima di venire sbarcati continuavano ad avere immutato il loro valore. Il tutto grazie al primo (noto) Sistema di Registro distribuito, in base a cui tutte le famiglie yapesi avevano un Registro in cui erano annotati tutti i rai e i loro proprietari, sicché ogni illecita appropriazione risultava impossibile.
Quelle che oggi sono considerate un patrimonio culturale mondiale, erano a tutti gli effetti assets che conferivano un alto status symbol e possederne era un mezzo di certificazione di ricchezza: esattamente come oggi lo è un malloppo di valute Fiat depositata in Banca o un gruzzolo di criptovalute conservato su un wallet. Un altro recesso ulteriormente ancestrale nella Storia di Mondo di tentativo di “distribuzione” finanziaria, al momento con implicazioni correnti ancor più significative tanto che la lettera di credito (con la relativa possibilità di cessione) e di cambio le usiamo tutti i giorni adoperando il denaro e i cambi valutari, lo si trova nell’azione degli Ordini cavallereschi a cavallo del periodo della Crociate. Ma quella della “finanza distribuita” templare, teutonica e giovannita è un’altra storia, colma di elementi interessanti, di cui, magari, parleremo in un’altra occasione.
Articolo tratto dal n° di marzo di We Wealth.
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