Voci giornalistiche hanno riportato la notizia che il gruppo francese Credit Agricole, attraverso la controllata Amundi, sarebbe interessata alla società e pronta a entrare massicciamente nel capitale
Credit Agricole in Italia vanta già un accordo con Banco Bpm attraverso Agos Ducato. Ha poi acquisito Pioneer nel 2017 da Unicredit per 3,5 miliardi. In tal modo, l’Italia è diventata il secondo mercato per Amundi
Voci giornalistiche hanno riportato la notizia che il gruppo francese Credit Agricole, attraverso la controllata Amundi, sarebbe interessata alla società e pronta a entrare massicciamente nel capitale. Si tratterebbe della prima mossa per una scalata. Nel capitale di Anima ci sono attualmente anche Banco Bpm con il 14,3% e Poste, con il 10%.
Perché Amundi vuole entrare in Anima
Credit Agricole in Italia vanta già un accordo con Banco Bpm attraverso Agos Ducato. Ha poi acquisito Pioneer nel 2017 da Unicredit per 3,5 miliardi. In tal modo, l’Italia è diventata il secondo mercato per Amundi.
La sgr francese a fine 2019 aveva masse in gestione per circa 177 miliardi. Quanto ad Anima, la società detiene un accordo di partnership con Banco Bpm fino a fine 2037. “Stimiamo che Banco Bpm rappresenti il 26% degli aum di Anima (o il 48% ex aum di Poste)”, commentano gli analisti di Equita, ricordando poi che l’istituto ha un accordo di lock-up su una quota dell’8,1% fino al 30 giugno 2020.
Equita raccomanda buy
Gli analisti di Equita hanno raccomandato l’acquisto delle azioni: la stima per il target di prezzo è 4,7 euro. “Anima tratta con multipli attraenti: il rapporto tra prezzi e utili attesi per il 2020 è pari a sette volte, contro 13 volte di Amundi” hanno sottolineato. Gli analisti hanno comunque messo in evidenza che per una eventuale operazione su Anima sia necessario un accordo con Banco Bpm, dato che le società sono legate da un accordo di partnership di lungo termine. “Inoltre, riteniamo che il vero snodo nel consolidamento del settore del risparmio gestito italiano siano innanzitutto le integrazione tra le banche, e successivamente le fabbriche prodotto”, hanno concluso.