L’attenzione nei private markets sta crescendo in maniera significativa, grazie alla loro capacità di generare ritorni non correlati alle altre asset class, rendendoli elementi chiave di diversificazione del rischio di portafoglio. Eppure orientarsi tra le diverse attività finanziarie disponibili, che spaziano dal venture capital al private debt, potrebbe non essere così semplice e immediato. Come scegliere quindi e cosa prediligere in questo momento? Andrea Pescatori, amministratore delegato di Ver Capital SGR, illustra come costruire un percorso di investimento nel debito privato, ovvero quella parte di asset che riguarda le obbligazioni non quotate o il finanziamento diretto ad imprese.
Pensiamo a un investitore che non si sia ancora posizionato sui private market. Quale può essere un asset che favorisce questo avvicinamento al private debt?
Credo che come primo approccio sia interessante il settore dei Corporate Loans sindacati europei. Si tratta di prestiti sindacati emessi da imprese multinazionali europee, quindi solide e ben equipaggiate. Il mercato dei Corporate Loans può rappresentare un’opzione valida per chi desidera iniziare ad avere un’esposizione al credito, investendo attraverso un fondo aperto dedicato, perché essendo la parte più liquida del private debt offre la possibilità di uscire in maniera più agevole. Inoltre, non dimentichiamo i rendimenti che sono interessanti, poco sotto il 10% annuo, grazie agli elevati tassi attuali (Euribor).
Non bisogna farsi scoraggiare dal fatto che in Europa e soprattutto in Italia questo mercato sia ancora poco conosciuto. Perché comunque non si tratta di una micro nicchia e ha un enorme potenziale di crescita, visto che negli Stati Uniti il settore vale un trilione e mezzo di dollari contro poco più di mezzo trilione in Europa.
Per chi, invece, è già un po’ più navigato e quindi cercasse un po’ più di rischio quali opportunità ci sono sempre nel mondo del private debt?
In questo caso, si potrebbe guardare al mercato europeo delle special situations, ovvero al finanziamento di aziende europee in crisi per favorirne il successivo rilancio. Il contesto è particolarmente favorevole, considerando il forte aumento dei tassi di interesse che ha comportato un deciso incremento degli oneri finanziari per le imprese. Non dimentichiamo poi anche il fattore chiamato short supply side, cioè accorciamento della catena produttiva in scia alla pandemia (spostamento della produzione dalla Cina in Europa o in aree più vicine), che può far lievitare i costi, erodendo il margine delle aziende. In questo momento, quindi, si possono presentare delle opportunità molto interessanti per gli investitori più navigati, sia in termini di rischio, con aziende sì in difficoltà finanziaria ma con buoni fondamentali economici, sia in termini di rendimenti, particolarmente elevati. Ad esempio, ci aspettiamo che la nostra strategia di investimento di special situations (fondo chiuso) possa generare un ritorno superiore al 20% annuo.
Abbiamo parlato di Europa, ma come si pone l’Italia nel panorama del private debt? È un mercato attraente?
Stiamo osservando dei fattori macro per i quali l’Italia sta diventando molto più attrattiva rispetto al passato per il mercato del private debt. Basta guardare ad un dato in particolare: quello sugli impieghi delle banche. Secondo le ultime rilevazioni disponibili dalla Banca d’Italia, nei primi nove mesi del 2023, i primi cinque gruppi bancari hanno diminuito gli impieghi del 4%, che su una massa di circa 2 trilioni e mezzo di euro significa qualcosa come 120 miliardi di euro. Tradotto, stiamo assistendo a una progressiva retrocessione delle banche dal sistema degli impieghi. È un processo che negli altri paesi europei è cominciato già da qualche anno, mentre in Italia si sta attuando adesso. Ovviamente, ciò si traduce in un enorme funding gap, ovvero in una mancanza di fondi, per le imprese. Ecco perché credo che il ruolo del private debt diventerà via via più importante anche in Italia.
A questo contesto macro, va poi aggiunto anche un quadro normativo più favorevole. Grazie agli interventi più recenti, ora i fondi di investimento possono avere accesso alle centrali di rischi con un’autorizzazione specifica della Banca d’Italia. Non solo. È stata introdotta anche la possibilità del floating pledge, tradotto il pegno flottante, che permette sostanzialmente di avere a garanzia alcuni beni, come il magazzino della società. Sono tutte novità per l’Italia che la allineano agli altri principali paesi europei e che contribuiscono a migliorare il contesto anche dal punto di vista giuridico. Ecco perché riteniamo che il mercato del private debt, e più in generale dei mercati privati, dell’Italia rappresenti un’opportunità attraente e un potenziale da cogliere.