- L’assicurazione rc capofamiglia copre i danni causati a terzi non soltanto dai figli minori ma da qualsiasi membro della famiglia
- Carbone (smileconomy): “Danni nell’ordine delle migliaia o decine di migliaia di euro possono essere evitati grazie a questo tipo di coperture”
Un vaso che cade accidentalmente dal balcone di casa e ferisce un passante, un animale domestico che morde un ciclista o ancora un figlio che danneggia un oggetto di valore di un conoscente. Si tratta di eventi rari, ma che rischiano di avere implicazioni finanziarie macroscopiche. Esiste però un modo per tutelarsi, giocando d’anticipo.
Polizza capofamiglia: cos’è e cosa copre
Si tratta dell’assicurazione rc capofamiglia, che copre i danni causati a terzi non soltanto dai figli minori ma da qualsiasi membro della famiglia. “Questo tipo di soluzioni mettono al riparo dalla richiesta di risarcimento che qualcuno ci potrebbe fare per danni causati da noi, dai nostri familiari, dai collaboratori domestici ed eventualmente da cani e gatti”, spiega a We Wealth Andrea Carbone, divulgatore, economista, formatore e ideatore di smileconomy, società indipendente di ricerca e consulenza finanziaria, assicurativa e previdenziale. Escludendo la casistica del “dolo” (quindi della volontarietà di arrecare un danno) proteggono infatti per eventi come la caduta accidentale di oggetti dalla propria abitazione, piuttosto che per beni rotti o rovinati. “Si tratta di strumenti importanti perché mettono al sicuro le persone e le loro famiglie da eventi che potrebbero erodere in modo significativo i propri risparmi, se non addirittura essere più grandi del proprio patrimonio”, osserva Carbone.
Polizze Rc capofamiglia: quanto costano
In media sul mercato si tratta di coperture che costano intorno ai 100 euro all’anno e che garantiscono risarcimenti nell’ordine del milione di euro e anche oltre. “Il rapporto tra costo e prestazione è così favorevole perché si tratta di eventi rari. Ma rari, come purtroppo la cronaca ci ricorda, non significa impossibili”, dice l’esperto. Basti pensare a quanto accaduto nell’aprile del 2023, quando a Milano il padre di un bimbo di cinque anni che stava imparando ad andare in bici si è trovato a dover rispondere di almeno 200mila euro di risarcimento danni per mancata sorveglianza del figlio che ha causato il decesso di un’anziana signora al parco. Oppure a ottobre 2023, a Roma, quando un cucciolo di rottweiler ha sfiorato una donna incinta. O ancora a Torino, quando nel 2018 la proprietaria di un gatto caduto su un passante dall’ottavo piano è stata chiamata a processo.
Il caso di Chiara Jaconis
La mente non può che tornare poi al caso di Chiara Jaconis, la turista padovana che ha perso la vita dopo essere stata colpita dalla statuetta in onice caduta da un terrazzo nei Quartieri Spagnoli di Napoli. “Dalle prime ricostruzioni, il tragico incidente sarebbe stato causato da un bambino, al quale sarebbe sfuggito di mano l’oggetto mentre lo maneggiava sul balcone di casa”, racconta Fabio Cagnola, fondatore dello studio legale Cagnola & Associati. “Secondo quanto riportato dalle principali fonti giornalistiche, la Procura di Napoli ha aperto un fascicolo a carico dei genitori del bambino, che risulterebbero oggi indagati per il reato di omicidio colposo”, aggiunge. La vicenda, oltre che richiamare l’attenzione al tema delle polizze per proteggere famiglia e patrimonio, offre infatti alcuni spunti di analisi di carattere penalistico.
Le conseguenze sul fronte penale
Innanzitutto, occorre considerare che ai sensi dell’art. 97 del codice penale “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni”. La domanda che in molti si sono posti è: perché indagare i genitori per un fatto così grave, se non lo hanno posto materialmente in essere? “In risposta a tale quesito, è bene evidenziare sin da subito che, secondo un principio cardine del diritto penale, affinché un fatto costituente reato possa essere attribuito a un determinato soggetto è necessario che nei confronti dello stesso possa essere mosso un rimprovero quantomeno in termini di colpa”, spiega Cagnola. Fatta questa premessa, continua l’esperto, c’è anche un altro aspetto da considerare. “La responsabilità penale per un fatto costituente reato non è strettamente legata alla commissione del fatto medesimo, ma può sorgere anche a fronte di una condotta meramente omissiva”. Il codice penale, al comma secondo dell’art. 40, prevede infatti espressamente una forma di responsabilità penale per non aver scongiurato il verificarsi di un evento lesivo che si aveva l’obbligo giuridico di impedire.
A tal proposito, è un principio affermato in giurisprudenza quello per cui i genitori siano titolari di una posizione di garanzia nei confronti dei propri figli minori. In altre parole, hanno l’obbligo specifico di impedire la commissione di reati da parte dei propri figli minori. In caso contrario, ne risponderebbero penalmente. In più, alcuni fattori potrebbero aggravare la posizione della madre e del padre. Tra questi, potrebbe “concorrere lo stato di abbandono in cui verte il minore al momento della commissione del fatto”, afferma l’avvocato. L’articolo 591 del codice penale dispone infatti che “chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a sé stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”.