Cos’è il patto di famiglia
Il patto di famiglia è disciplinato dagli artt. da 768-bis a 768- octies del Codice Civile. In particolare, l’art. 768-bis definisce il patto di famiglia come “il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti”.
Come funziona il patto di famiglia
Pertanto, con la sottoscrizione del patto di famiglia viene regolamentato il passaggio generazionale nell’impresa. L’imprenditore, attraverso questo strumento può infatti trasferire gratuitamente, mentre è ancora in vita, l’azienda al discendente che valuta essere più idoneo ad assumere la leadership dell’impresa e gli altri discendenti, ai sensi dell’art. 768-quater del codice civile, vengono liquidati mediante l’attribuzione di beni diversi dal compendio aziendale.
Chi sono i soggetti legittimari e che ruolo hanno
L’art. 768-quater c.c. statuisce che devono partecipare al contratto “anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.”
In tal modo essi vengono a conoscenza dell’accordo e delle sue conseguenze e vengono liquidati “con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti (…)
I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti”.
Aspetti fiscali
Con riferimento alle somme liquidate ai legittimari non assegnatari dell’azienda è interessate evidenziare che la Direzione regionale delle Entrate dell’Emilia-Romagna ha recentemente chiarito che le somme versate dal beneficiario di un patto di famiglia non aumentano il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione ricevuta.
Questo chiarimento risponde a un’istanza d’interpello non pubblicata in cui il beneficiario di un patto di famiglia, intenzionato a cedere a terzi la quota di partecipazione ricevuta tramite questo strumento, chiedeva se tali somme potessero ridurre la plusvalenza tassabile.
Patto di famiglia e plusvalenze: il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate
Citando le circolari 3/E/2008 e 18/E/2013, l’Agenzia afferma che tali somme hanno la funzione di riequilibrare l’incremento patrimoniale del beneficiario e non rilevano ai fini del calcolo della plusvalenza.
Questa interpretazione contrasta con quanto sostenuto dallo studio del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili del 2020 “Patto di famiglia e passaggio generazionale dell’impresa”, secondo il quale la liquidazione agli altri legittimari dovrebbe essere considerata un costo sostenuto dall’assegnatario per ottenere le partecipazioni in quanto tale liquidazione integra un “obbligo” normativamente stabilito al fine di realizzare il patto di famiglia.