L’attribuzione compensativa pagata al legittimario non assegnatario nel patto di famiglia è trattata come donazione dell’imprenditore a favore dei legittimari non assegnatari, dunque (trattandosi di coniuge e/o figli o nipoti), con applicazione dell’aliquota del 4% e della franchigia di € 1.000.000. Questa è la conclusione a cui giunta l’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 12 del 14 febbraio 2025, recependo, sia pur in ritardo, l’orientamento della Corte di Cassazione.
Cos’è il patto di famiglia
Il patto di famiglia (art. 768-bis c.c.) è il contratto con cui l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda o una partecipazione societaria ad uno o più discendenti (figli e nipoti).
Tale norma, derogatoria rispetto al generale divieto dei cosiddetti “patti successori “(art. 458 c.c.), è stata introdotta dal legislatore per favorire il passaggio dell’azienda o della società di famiglia alle generazioni successive, favorendo così la conservazione delle attività produttive a beneficio della collettività (in termini di conservazione dei posti di lavoro e di crescita economica).
Chi deve partecipare al patto di famiglia
L’art. 768-quater c.c. richiede che al contratto (che deve essere stipulato in forma di atto pubblico) partecipino anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero eredi legittimi ove al momento del patto di famiglia si aprisse la successione dell’imprenditore-donante.
Liquidazione dei familiari non assegnatari
La normativa pone un temperamento al pregiudizio subito dagli eredi legittimi non assegnatari, prevedendo che i beneficiari dell’attribuzione debbano liquidare ai legittimari partecipanti al contratto, salvo rinuncia, il valore dei beni oggetto di trasferimento corrispondente alla loro quota di legittima. Le somme di danaro, ovvero i beni in natura, attribuiti ai legittimari non assegnatari sono imputati alle loro quote di legittima, e quanto ricevuto dagli assegnatari (l’azienda o le partecipazioni trasferite) non sarà soggetto a collazione, né ad azione di riduzione.
Effetti del patto di famiglia sulla successione
In altre parole, grazie al patto di famiglia, l’azienda o la partecipazione trasferita vengono escluse dalla futura successione dell’imprenditore, i cui effetti sono in tal modo anticipati (limitatamente, si intende, a ciò che viene trasferito mediante patto di famiglia).
Esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni del patto di famiglia
Il patto di famiglia, al ricorrere di determinate condizioni, è esente dall’imposta sulle successioni e donazioni, come previsto dall’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs n. 346/90.
Condizioni per l’esenzione fiscale
In particolare ai sensi di tale norma, l’imposta non si applica laddove siano verificate le seguenti condizioni:
• il trasferimento venga effettuato a favore dei discendenti (vale a dire i figli o i nipoti) o del coniuge;
• in caso di trasferimento di quote di società o azioni, i beneficiari acquisiscano o integrino il controllo ai sensi dell’art. 2359, primo comma, n. 1), c.c. (controllo di diritto);
• in caso sia trasferita un’azienda, i beneficiari proseguano l’attività d’impresa per almeno 5 anni dalla data del trasferimento, oppure, ove sia trasferita una società, mantengano il controllo per almeno 5 anni.
Novità della riforma dell’imposta di successione e donazione
La recente riforma dell’imposta di successione e donazione (d.lgs. n. 139/2024) ha apportato importanti modifiche al comma in commento.
Anzitutto, ha esteso l’esenzione anche all’ipotesi in cui, in caso di trasferimento di quote o azioni di società, si determini una mera integrazione del controllo, intesa come incremento di una partecipazione già avente natura di controllo (passando, ad esempio, dal 55 al 90%). Tale modifica consente di superare l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate che, facendo leva sul dato letterale della precedente formulazione normativa (secondo cui l’esenzione spettava “limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo”) sosteneva che la norma dovesse interpretarsi nel senso di escludere l’applicazione dell’esenzione nell’ipotesi in cui, mediante il trasferimento, il beneficiario si limitasse a rafforzare una quota di controllo già posseduta nella società, anziché acquisirne il controllo per effetto della quota trasferita (risposte n. 497/2021 e 72/2024).
L’altra novità introdotta dalla riforma riguarda l’esplicita applicabilità dell’esenzione ai trasferimenti di azioni e di quote di società residenti “in Paesi appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo o in Paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni”, recependo in tal modo l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria (Risp. 185/2023).
Tassazione delle liquidazioni ai legittimari non assegnatari
Con riferimento alle attribuzioni compensative che il beneficiario assegnatario dell’azienda o della società deve corrispondere ai non assegnatari partecipanti all’atto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tali trasferimenti restano comunque soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni, non potendo trovare applicazione l’esenzione di cui al comma 4-ter (Circ. 34/E del 2008 e Circ. 18/E del 2013).
Attribuzioni compensative e donazione modale
Per quanto riguarda, la tassazione delle attribuzioni compensative versate ai legittimari non assegnatari, in un primo momento la giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che dovessero scontare l’imposta di donazione secondo le aliquote e le franchigie applicabili al rapporto intercorrente tra il beneficiario assegnatario e il legittimario non assegnatario (Cass. 32823/2018), come se si trattasse di una liberalità eseguita dal primo a favore del secondo.
Questa posizione ha subito però un revirement nella sentenza di Cassazione 29506/2020. In tale pronuncia, infatti, la Corte, dopo aver qualificato la liquidazione in parola, limitatamente agli effetti giuridici, alla stregua di una donazione modale – in cui la liberalità è gravata da un onere posto in capo al beneficiario – ha ritenuto applicabile a tale attribuzione dovuta dal beneficiario assegnatario l’art. 58 del d.lgs 346/90, a mente del quale “gli oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”.
Infatti, argomenta la Corte, l’elemento che accomuna l’obbligo di conguagliare i non assegnatari e il modus posto in capo al beneficiario di una donazione modale (art. 793 c.c.) è quello di obbligare quest’ultimo all’adempimento di una prestazione che riduce il valore dell’attribuzione liberale ricevuta. Di conseguenza, prosegue, “sul piano dell’imposizione, al patto di famiglia si applica la disciplina fiscale prevista per la donazione modale”, cioè, appunto, l’art. 58 già menzionato. L’attribuzione compensativa dovrà quindi essere tassata come se fosse una liberalità operata dall’imprenditore ai legittimari non assegnatari, con applicazione delle aliquote e delle franchigie relative al rapporto sussistente tra questi (che sarà un rapporto di discendenza o di coniugio).
Esclusione dell’esenzione per le liquidazioni compensative
Inoltre, la pronuncia giurisprudenziale conferma che l’esenzione prevista dal comma 4-ter dell’art. 3 del d.lgs. n. 346/1990 si applica al patto di famiglia solo con riguardo al trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni sociali in favore del beneficiario, e non già anche alle liquidazioni operate dal beneficiario assegnatario agli altri legittimari. Tale orientamento ha trovato conferma in successive ordinanze di legittimità (n. 19561/2022 e 19627/2024).
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate: aliquota del 4% con franchigia di un milione
Alla luce del consolidamento del pensiero della Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione 12/2025, ha opportunamente deciso di rivedere la propria posizione, chiarendo che l’attribuzione compensativa versata dal beneficiario assegnatario (coniuge, figlio/nipote) agli eredi legittimari non assegnatari, secondo quando previsto dall’art. 768-quater c.c., è soggetta a tassazione come se fosse una donazione fatta dall’imprenditore-donante al legittimario non assegnatario, beneficiando quindi dell’aliquota del 4% della franchigia di un milione (prevista per i trasferimenti a favore del coniuge e dei discendenti).
Questo chiarimento ha rilevanti implicazioni pratiche per la pianificazione patrimoniale e successoria delle imprese familiari. Gli operatori del settore devono considerare attentamente la struttura del patto di famiglia e le relative attribuzioni compensative, valutando l’impatto fiscale in base al rapporto di parentela tra il disponente e i legittimari non assegnatari.
Conclusioni
La Risoluzione n. 12 del 14 febbraio 2025 rappresenta un importante aggiornamento interpretativo in materia di imposta di donazione applicabile alle attribuzioni compensative nel contesto del patto di famiglia.
L’allineamento dell’Agenzia delle Entrate all’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione offre maggiore chiarezza agli operatori del diritto e ai contribuenti, facilitando una corretta applicazione delle norme fiscali in materia successoria.
(Articolo scritto in collaborazione con Lorenzo Marantonio, Di Tanno Associati)