I patti
parasociali sono accordi specifici tra
soci per la regolamentazione dei reciproci rapporti, all’interno
della società, in modo diverso o complementare alle prescrizioni
contenute nello statuto sociale.
Sebbene
essi siano ammissibili anche nelle società
a responsabilità limitata, il codice
civile li disciplina (agli articoli 2341 bis e 2341 ter) soltanto con
riferimento alle società per azioni,
finalizzandoli alla stabilizzazione degli assetti proprietari o di
governo di una società e ammettendoli nella misura in cui abbiano
per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle medesime società o
nelle società che le controllano, ovvero pongano limiti al
trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società
che le controllano, o infine abbiano per oggetto o per effetto
l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su dette
società.
Tali
patti non possono avere durata superiore
a cinque anni (pur essendo rinnovabili
alla scadenza) e hanno efficacia meramente obbligatoria tra i
contraenti, con la conseguenza che, in caso di violazione del loro
contenuto a opera di uno di essi, gli altri potrebbero esperire
unicamente l’azione di risarcimento
del danno.
Le pattuizioni dei patti parasociali
Per la loro natura dunque – e seppur nella consapevolezza degli aspetti problematici che li caratterizzano, legati essenzialmente ai limiti di durata degli stessi e alla vincolatività esclusivamente interna per i contraenti – i patti parasociali possono essere impiegati quali strumenti per il passaggio generazionale dell’impresa, al fine di assicurarne la stabilità nella fase iniziale, in termini di trasferimento sia delle partecipazioni sociali, sia delle funzioni amministrative e gestionali.
A titolo
esemplificativo, essi potrebbero infatti contenere pattuizioni:
–
per garantire la rappresentatività di ciascun familiare o ramo
familiare all’interno dell’organo amministrativo;
– per
designare l’amministratore delegato tra i familiari aventi
comprovate doti imprenditoriali o – in assenza – per attribuire
la carica a manager esterni alla famiglia;
– per
riservare alla volontà unanime dei familiari (o dei rami familiari)
le decisioni in materie vitali per l’attività di impresa;
– per
dettare le regole di ingresso delle nuove generazioni nel business
familiare.
Il voting trust: di cosa si tratta?
In tale ambito, un ruolo importante può essere assunto dal cosiddetto voting trust, quale strumento di rafforzamento dell’efficacia del patto parasociale: in pratica, con esso, le parti del patto trasferiscono le rispettive azioni a un trustee chiamato a osservare le istruzioni di voto al medesimo impartite, in ogni caso conformi alle pattuizioni degli accordi parasociali.
In tal
modo, viene praticamente annullato il rischio che i pattisti violino
gli accordi parasociali, dal momento che sarà il trustee a
partecipare alle riunioni assembleari in loro vece. Inoltre, può
prevedersi la nomina di un guardiano
con funzioni sia di consultazione (per esempio, nel caso in cui il
trustee sia chiamato ad esprimere il proprio voto su materie non
disciplinate dal patto parasociale di cui esso è espressione) sia di
assetto del trust (per esempio, in relazione alla sostituzione del
trustee). Ovviamente, la durata del voting trust risulterà
normalmente legata a quella del patto parasociale di cui è al
servizio e, al termine del trust, le partecipazioni sociali verranno,
di norma, restituite al disponente/pattista.