Negli ultimi cinquant’anni il rapporto tra il prezzo dell’oro e l’indice dei prezzi al consumo ha oscillato vistosamente, da un minimo di 1 ad un massimo di 8,4, secondo un’analisi del Wall Street Journal
Solo se valutato per un periodo di almeno un secolo, l’oro mantiene il suo potere d’acquisto e riconquista il suo status di bene rifugio
Nel suo libro Oro, Salvatore Rossi, ex direttore generale della Banca d’Italia, riporta un racconto dello scrittore di fantascienza e astronomo inglese Fred Hoyle.
La novella Elemento 79 – che dà il nome anche all’antologia della quale è parte – narra un episodio fantastico. A causa di un raro evento cosmologico, un immenso asteroide sta per cadere sulla Scozia. Tra spiegazioni pseudo-scientifiche e reazioni politico-economiche dei governi, la narrazione si concentra su come il governo inglese sia riuscito nell’impresa di salvataggio: spendere l’oro gradualmente così da consentire ai suoi cittadini una vita senza lavoro e dedicata al cricket.
Il racconto è surreale, ma il senso non lo è. L’arrivo inaspettato e l’utilizzo di un’ingente quantità d’oro rischierebbe di generare un crollo del prezzo del prezioso minerale, riducendone il valore a quello di un metallo comune.
Ed è proprio questa caratteristica – il fatto che sia presente in quantità limitata sulla Terra – ad averne fatto un bene rifugio. Non a caso è considerato da molti investitori una riserva di valore, capace di offrire anche una copertura contro l’inflazione.
Questa convinzione però comincia da qualche tempo a mostrare delle crepe. Se la protezione fosse efficace, infatti, il rapporto tra il suo prezzo e l’indice dei prezzi al consumo dovrebbe restare costante. Al contrario, secondo un’analisi effettuata dal Wall Street Journal, negli ultimi cinquant’anni il rapporto ha oscillato vistosamente, da un minimo di 1 ad un massimo di 8,4.
Queste oscillazioni dimostrano che la capacità del metallo giallo di proteggere dalla perdita del potere d’acquisto non è ottimale.
Sarebbe quindi più opportuno considerarlo uno dei tanti strumenti all’interno del portafoglio che può bilanciare l’andamento di azioni e obbligazioni, contribuendo alla diversificazione dei rischi.
D’altra parte negli ultimi 50 anni, l’oro non è nemmeno stato particolarmente redditizio rispetto ad altre classi di attivo: ha avuto un rendimento annualizzato dell’8,2 per cento, mentre lo S&P 500 dell’11,2. La crescita del suo prezzo ha avuto un boom negli anni settanta, dopo la decisione del presidente degli Stati Uniti Richard Nixon di sospendere la possibilità di convertire i dollari in oro. Se si guarda al rendimento degli ultimi quarant’anni, l’oro è invece salito a un tasso annualizzato del 3,6 per cento.
Solo se valutato per un periodo di almeno un secolo, il metallo prezioso mantiene il suo potere d’acquisto e riconquista il suo status di bene rifugio, secondo la ricerca Gold, the Golden Constant, and Déjà Vu, coordinata dal professore di finanza alla Fuqua School of Business della Duke University Campbell Harvey.
Anche la crescita del prezzo dell’oro dall’inizio del 2020 in seguito all’esplosione della pandemia da covid-19 è stata soggetta a un’importante fluttuazione. Se si guarda al marzo 2020, l’oro ha perso circa il 10 per cento del suo valore, prima di risalire nei mesi successivi. Mentre le azioni delle miniere d’oro, come riporta la ricerca, sono calate del 39 per cento, a fronte del -34 per cento dello S&P 500.
Quali saranno le strade che percorrerà l’oro nei prossimi mesi?
Quello che è certo è che all’orizzonte da poco più di dieci anni c’è un potenziale concorrente. Il Bitcoin inizia a essere confrontato da alcuni analisti con il nobile metallo che oggi vale 1.750 dollari per oncia: sono strumenti utili a diversificare il portafoglio. Entrambi sono caratterizzati da un’offerta limitata, su cui si fonda l’ipotesi di fungere da riserva di valore. E c’è chi scommette che le criptovalute possano essere più efficaci anche nella protezione contro il rischio inflattivo.