Mentre a livello europeo prosegue il dibattito su come fornire più strumenti in mano agli investitori per il confronto dei prodotti finanziari, We Wealth ha incontrato il ceo di quella che è l’impresa più attiva in quest’arena a livello internazionale. Secondo Kunal Kapoor, a capo di Morningstar dal 2017, la trasparenza può essere sufficiente per migliorare la qualità delle decisioni “a patto che i mercati funzionino”. Negli Stati Uniti la ricerca di prodotti più efficienti ha guidato un calo dei costi a beneficio dei consumatori, anche in assenza di una regolamentazione restrittiva, come quella ipotizzata dalla Retail investment strategy europea. L’idea di creare benchmark ufficiali sui fondi d’investimento, come prevedibile, non affascina Morningstar, che da tempo propone i suoi rating proprietari.
Che cosa significa avere più informazioni quando gli investitori devono scegliere i fondi e polizze?
Credo che l’informazione sia potere e la trasparenza ci dà l’informazione per esercitare quel potere. E’ vero che, a volte, molta informazione può essere paralizzante per gli individui e quindi bisogna essere sicuri di avere accesso alle vere informazioni. Ma credo, e Morningstar crede, che gli investitori individuali, i consulenti finanziari, siano intelligenti e capaci, e quindi in grado di fare le loro decisioni. Per noi la trasparenza è dare ai risparmiatori un rapporto equilibrato con gli investitori più grandi, come dovrebbe essere auspicabile, per esercitare il loro diritto di compiere scelte di investimento.
A livello europeo il dibattito sulla riforma per gli investimenti al dettaglio gravita attorno a un grande dilemma. Va perseguito un modello in cui i prodotti inefficienti sono sottolineati o persino rimossi dal mercato, oppure potenziare ulteriormente la trasparenza su costi, performance e incentivi. Più trasparenza può bastare?
Penso che la trasparenza sia abbastanza quando i mercati sono in grado di funzionare. A livello mondiale, i gestori di asset e i fondi che vincono sono quelli che abbracciano la trasparenza, sono quelli che a basso costo, quelli che danno buoni risultati per gli investitori a lungo termine. Pertanto, io credo che il mercato faccia il suo lavoro e che la trasparenza dell’informazione permetta agli investitori di scegliere. Non voglio dare consigli ai regolatori, ma forse la cosa migliore che possano fare è permettere ai mercati di funzionare, quindi abbiamo visto scendere le commissioni, abbiamo visto l’aumento della trasparenza, abbiamo visto l’aumento delle strategie di investimento adattate agli investitori.
Si può fare di più per aumentare la trasparenza anche a livello generale? Come vedi il ruolo di Morningstar in questo processo?
Si, possiamo ottenere più trasparenza e credo che Morningstar abbia un ruolo importante. Siamo degli avvocati per gli investitori e se leggete i nostri editoriali, le nostre ricerche, ci occupiamo delle cose che possono aiutare gli investitori. A volte questo rende poco felici le maggiori istituzioni finanziarie, ma la nostra stella polare è sempre il risparmiatore. L’altro elemento relativamente unico del nostro servizio è che prendiamo i dati e ricerche e li abbiniamo al design grafico e alla tecnologia, così da rendere ciò che è complicato più accessibile. Così anche chi non fa parte dell’industria finanziaria può avere più strumenti per decidere, come le stelle di rating, o i globi Esg, elementi che rendono facile la valutazione agli investitori perché l’informazione è importante, ma deve essere comprensibile.
C’è un altro tema sul processo di riforma degli investimenti in Europa, ovvero l’elaborazione di benchmark pubblici elaborati dalle autorità di vigilanza. Pensate sia un buon piano avere tabelle ufficiali su prezzi e performance medie per categoria?
Dagli investitori non sento dire che hanno più bisogno di categorie ed indici di riferimento: non è su questo che mi concentrerei, se fossi nel regolatore. Penso che gli investitori siano ben serviti oggi da noi e da altri su questo fronte. Il focus dei regolatori dovrebbe sempre essere assicurare la compliance, per assicurare che i mercati funzionino bene, come la promozione della concorrenza. Molti asset manager e banche in Europa hanno evidenziato che uno dei loro maggiori costi è l’aumento della compliance regolatoria. Se l’obiettivo finale è quello di ridurre i costi per gli investitori, ritengo che anche i regolatori dovrebbero considerare quanto peso aggiungono sugli asset manager e le banche.
I vostri dati indicano che i nuovi fondi che contengono l’acronimo Esg stanno diminuendo. E’ il segno che la sostenibilità come trend di investimento è in declino? Quanto pesa la contestazione politica di questo modo di intendere il capitalismo?
Non credo. L’etichetta Esg è stata un po’ esasperata. Ma penso che la realtà sia che attorno al concetto di Esg ci sia il tema dell’espressione delle nostre preferenze e di poter costruire un portafoglio che le rifletta, si parla di come le persone sono coinvolte nelle proprie finanze. [L’investimento sostenibile] è un ottimo strumento per coinvolgere le persone e fare diventare risparmiatrici e a farle investire. E’ positivo per la società. Quindi non mi preoccupo troppo con la politica: se guardi cosa stanno facendo gli investitori e i gestori di asset istituzionali e a come stiano avanzando.