La formazione dei consulenti da un lato, la formazione dei giovani dall’altro. Nel primo cao, Efpa ha arrichito da alcuni mesi la sua offerta di certificazioni con un programma dedicato agli intermediari assicurativi. Il presidente di Efpa Italia, Marco Deroma, però, non ha risparmiato qualche commento anche sull’introduzione dell’educazione finanziaria nelle scuole – dalla quale si è deciso di non coinvolgere le associazioni di riferimento per i consulenti finanziari.
L’educazione finanziaria è stata finalmente introdotta come insegnamento obbligatorio nelle scuole. Nella declinazione pratica adottata dal governo, l’iniziativa vi convince e quale ruolo potrebbe avere Efpa?
La consulenza ha necessità di risolvere certe esigenze con specifici prodotti. Se dovessi esprimere una critica per come oggi è stata intesa l’educazione finanziaria nelle scuole è che si è data un po’ troppa importanza al conflitto di interesse.
Vuole dire che a livello istituzionale non siete stati coinvolti come parte integrante di questo progetto di insegnamento, perché si è scelto di fare l’edufin in modo indipendente da tutto e da tutti – e che per questo se ne occuperanno solo i docenti scolastici?
Sì, devo dire che è proprio questo: c’è stata una forma di pregiudizio. Ciò che ci ha portato ad essere marginalizzati è il preconcetto che noi consulenti finanziari siamo in conflitto di interesse, che siamo venditori. Non è così.
Si è scelta la via prudente: siccome non siamo sicuri al 100% che i consulenti finanziari siano neutrali, allora lasciamo stare…
Il rischio che si nasconde dietro questa scelta è il fatto che vengono incaricati di fare formazione finanziaria docenti che hanno altre competenze. Eppure, ci sono dei progetti fatti bene, come Economic@mente di Anasf, che ha una tradizione, direi, importantissima.
Veniamo alle vostre certificazioni: un consulente di una rete dal grande nome, che fa già formazione, perché dovrebbe certificare le sue competenze attraverso un ente esterno come il vostro?
Le banche hanno un obbligo fondamentale dal punto di vista del regolamento intermediari, quello di formare i propri consulenti finanziari sui prodotti. Il consulente finanziario deve essere, passami il termine, un “campione della conoscenza” di prodotti, però manca il cappello superiore e super partes, ecco dove Efpa non è in contrapposizione con la formazione delle società mandanti, ma si integra, fornendo quelle competenze che danno ancora più valore alla conoscenza dei prodotti.
Come tema d’investimento l’Esg ha perso un po’ di attrattiva negli ultimi due anni. Per quanto riguarda la certificazione sulla consulenza Esg fornita da Efpa c’è stata una flessione delle domande nel 2023?
Sì, c’è stata una flessione delle certificazioni Esg nel corso del 2023. Io la ritengo comunque coerente con quello che sta avvenendo sul mercato. Inevitabilmente, per via delle tensioni geopolitiche, ci sono stati per esempio grandi investimenti in ambito militare. Il mondo è cambiato. Tuttavia, io non vedo un rallentamento del trend Esg, penso sempre che le persone vogliano la pace, quindi, alla fine la tendenza sostenibile tornerà ad essere importante. Va ricordato che il regolatore europeo sulla normativa ha già detto chiaramente che indietro non si torna. E continueremo ad aver bisogno di energia pulita, di un mondo decarbonizzato, oltre che di un mondo in cui anche le tensioni sociali siano sotto controllo.
Chi certifica le sue competenze Esg cosa saprà fare meglio degli altri?
Chi si limita a vedere a quale articolo ai sensi della Sfdr corrisponde il tale fondo sa che se è articolo 9 si parla di un fondo green. Per andare oltre alla “copertina” bisogna essere padroni della materia e riuscire a capire quando l’etichetta nasconde il “vuoto”. Allora, ecco la conoscenza approfondita della materia come elemento chiave per riuscire a governare gli investimenti dei clienti in questo senso. Possiamo anche dire che noi non ci siamo fermati: adesso stiamo lanciando l’Efpa Esg Expert Advisor, quindi un livello di certificazione superiore all’Esg Advisor introdotto nel 2020. Siamo convinti che il trend Esg ha avuto sì un rallentamento, ma non si potrà fermare.
Avete lanciato di recente un’altra certificazione per estendere le competenze finanziarie degli intermediari assicurativi. Attualmente i consulenti che hanno passato la prima sessione di esame da European Insurance Specialist sono 20: quante certificazioni prevedete di fornire prossimamente?
La mia aspettativa è di superare i mille certificati EIS nel 2025. Potrebbe sembrare un obiettivo molto ambizioso, ma bisogna sempre guardare in alto per ottenere grandi risultati.
Con la Cfp è stata introdotta in Italia un’altra certificazione, in qualche modo concorrente a Efpa: come l’avete presa?
Sicuramente bene, perché la concorrenza è comunque sempre positiva. Va detto che il fenomeno della certificazione Cfp è prevalentemente internazionale, non europeo, il che può limitare il suo livello di specificità rispetto al contesto normativo e regolamentare dei Paesi Ue. Intendiamoci, Cfp è una grandissima realtà di certificazione, ne riconosco il grande valore, però l’approccio europeista del sistema di certificazione Efpa è stato finora vincente, come dimostrato dagli oltre 94mila certificati Efpa in Europa.
Il fatto che Efpa sia una realtà più calata nel contesto normativo europeo fa sì che i rispettivi programmi siano diversi?
Sì, non sono integralmente sovrapponibili.