La prima serie di domande ha riguardato la trasparenza ex ante ed ex post degli incentivi, le difficoltà applicative e quanto questo più penetrante regime di trasparenza rispetto a quello disposto da Mifid1 abbia modificato la modalità di offerta dei servizi ed in particolare la prestazione del servizio di consulenza indipendente. Sul punto rimangono ancora alcuni punti aperti come, ad esempio, la corretta rappresentazione al singolo cliente dei c.d. non minor inducements. Si pensi al caso in cui una banca distributrice riceva da una società prodotto una somma forfettaria da destinare ad eventi per la formazione professionale della rete di vendita. L’ammontare, se considerato e rappresentato in modo assoluto, potrebbe essere ritenuto in- gente, non essendolo in verità se commisurato alla grandezza della banca ed alla consistenza della sua rete di vendita. Non essendo possibile, né corretto suddividere la somma per il numero dei clienti, la rappresentazione dell’intero ammontare può essere fuorviante ed ingiustificatamente allarmante rispetto al singolo investitore.
La seconda serie delle domande riguarda per un verso la trasparenza dei costi nei confronti dei clienti professionali e delle controparti qualificate per capire le difficoltà applicative per capire se sia necessaria una maggiore flessibilità nella disapplicazione delle regole di trasparenza, per l’altro il rapporto tra le informazioni di prodotto contenute nei Kid e nei Kiid e quanto ci si basi su queste al fine di fornire al cliente l’informativa sui cost and charges nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento. Da ultimo le domande si concentrano su due temi molto caldi la trasparenza ex ante e quella ex post dei costi, oneri ed incentivi. Molti i dubbi interpretativi che inesorabilmente possono creare diverse condotte da parte degli operatori. Nonostante la trasparenza successiva abbia incentrato su di sé l’attenzione prevalente, la disclosure preventiva porta con sé complesse problematiche in termini di rappresentazione dato che le scelte compiute nella prima fase finiscono per influenzare irrimediabilmente le modalità di trasparenza successiva. Il tema è quello della aggregazione: si pensi alla corretta rappresentazione in via preventiva al cliente delle commissioni di servizio che non sono legate alla singola operazione, ma all’entità del portafoglio oggetto del servizio stesso, come avviene nella consulenza o nel deposito titoli. Suddividere la somma per operazioni calcolate in via prospettica è arbitrario e fuorviante per il cliente, così che sarebbe opportuno l’avvaloramento di una scelta interpretativa condivisa che portasse alla loro disaggregazione. Vi è poi una domanda che coglie nel segno: si chiede ai partecipanti se sia necessaria una maggiore specificità mediante l’adozione di griglie, format e grafici che costringano il mercato a comportamenti davvero uniformi. La difficoltà nel rispondere consiste peraltro nello scindere gli aspetti teorici da quelli pratici. Ha senso rivolgere un tale interrogativo dopo che gli intermediari hanno fatto ingenti investimenti nella realizzazione di sistemi informatici proprietari o nell’utilizzo di servizi consortili idonei a fornire una rappresentazione dei costi ed oneri secondo la nuova normativa?
Le risposte ottenute nell’ambito del processo di pubblica consultazione, che si è concluso lo scorso settembre, dovranno essere valutate con grande attenzione dalle Autorità competenti in ragione dei loro contenuti. La prima attuazione di questa disciplina mostra infatti ancora un alto grado di difformità di condotte e di scelte operative ed un livello di implementazione che non sempre coglie la portata innovativa del livello di trasparenza richiesto idoneo a modificare la conoscenza degli investitori e, per l’effetto, capace di cambiare i loro comportamenti. Sullo sfondo rimane, infatti, il tema della conoscibilità dei dati da parte della clientela che è inesorabilmente legato dal livello di consapevolezza che gli stessi possano ritrarre dalla effettiva lettura e comprensione dei documenti ricevuti.
In ogni caso, appare al momento evidente che lo strumento delle Q&A, pur attivato da Esma nell’ultimo anno e mezzo, non abbia dato tutti i frutti sperati e ciò sia perché, cogliendo singole domande e singoli punti, le risposte mancano inesorabilmente di organicità, sia perché i chiarimenti vengono forniti unilateralmente dall’Autorità di vigilanza e non in contraddittorio con gli operatori di mercato.