Sono numerose le sfide che sul piano finanziario e fiscale il Governo si prepara ad affrontare. Per un verso, dovrà cercare di non smentire le promesse, procedendo nel solco delle riforme annunciate e tese ad alleggerire il carico fiscale e riformare il sistema di tassazione; per un altro dovrà cercare di recuperare quante più risorse possibili per far quadrare i conti e rispettare anche le nuove regole europee sul Patto di Stabilità.
Stop ai bonus su seconde e terze case
Stando alle ultime dichiarazioni rilasciate dalle attuali forze di governo, sembrerebbe che siano ben poche le possibilità di un rinnovo sui bonus edilizi sulle seconde e terze case.
Il Governo infatti sta cercando di mettere a punto un piano finanziariamente sostenibile per la prossima legge di Bilancio. In questo senso, dopo aver decretato lo stop alla stagione del Superbonus 110%, si starebbe andando verso una più estesa interruzione dei bonus.
Nell’ambito di questo lento ma costante programma di revisione dei bonus edilizi, potrebbe essere confermato al 65% l’Ecobonus per la prima casa, limitatamente alle spese che assicurano i migliori risultati in termini di efficienza energetica.
È allo studio, inoltre, la proposta di trasformare alcuni bonus fiscali in trasferimenti monetari per i contribuenti incapienti. Infatti, stando ad alcune dichiarazioni, per i meno abbienti l’agevolazione per la ristrutturazione potrebbe essere erogata sotto forma di sovvenzione.
Tasse ridotte per il ceto medio?
Nell’ambito della riforma sull’Irpef a cui si accompagnerebbero anche nuovi interventi migliorativi per i redditi sotto i 28 mila euro e per i dipendenti entro i 35 mila euro, il Mef starebbe lavorando a delle soluzioni per alleggerire il carico del ceto medio.
La proposta riguarda la fascia di reddito tra i 28 mila e i 60 mila euro: questa categoria di contribuenti potrebbe fruire di un prelievo pari al 33%. In questo senso, l’aliquota al 43% che allo stato attuale vale per i contribuenti che dichiarano oltre i 50 mila euro slitterebbe in avanti e si applicherebbe a chi supera i 60 mila euro.
In buona sostanza, il Governo potrebbe favorire i contribuenti con reddito medio (tendente verso l’alto), in quanto la categoria che più beneficerebbe dell’intervento sulle aliquote è quella che si attesta tra i 50 e i 60 mila euro.
Lo slittamento di 2 punti percentuale dell’aliquota fino ai 60 mila euro riscriverebbe gli scaglioni che verrebbero, ove approvata la proposta, così riorganizzati:
• 23% fino a 28.000 euro;
• 33% da 28.000 a 60.000 euro;
• 43% su qualsiasi parte eccedente i 60.000 euro.
La volontà sembra esserci. Il nodo, come spesso accade, si trova sulla voce risorse. Servono infatti fino a 4 miliardi per assicurare la riuscita di questo intervento. In questo senso, il Governo punta molto sulla riuscita del Concordato Preventivo Biennale.
Nuove sul fronte pensioni: cosa potrebbe cambiare?
I dipendenti pubblici tra i 67 e i 70 potrebbero essere trattenuti in servizio (ovviamente su base volontaria e su scelta dell’amministrazione) per espletare attività di affiancamento e tutoraggio delle nuove risorse.
Trattenere oltre l’età per la pensione di vecchiaia il personale permetterebbe non solo di facilitare l’ingresso delle nuove figure, che verrebbero appunto formate attraverso un più morbido passaggio di testimone, ma anche di ridurre la spesa previdenziale. Tuttavia non sono mancate le polemiche legate a questa proposta che, a detta di numerosi sindacati, servirebbe soltanto a ritardare le assunzioni e determinare minori costi per la Pa.
È bene evidenziare che per la relativa quota di personale trattenuto in servizio si rinuncerà a procedere a nuove assunzioni. In questo senso, entro il tetto massimo ad ora ipotizzato del 10%, ogni dirigente trattenuto in servizio comporterà un mancato inserimento di una nuova risorsa per il medesimo importo di spesa.